sabato 27 maggio 2023

Buon umore

 Ho già scritto su questo tema che mi sembra importante. Il buon umore si può definire in molti modi. C’è un aspetto fisiologico e uno culturale. Quando si sta bene è spontaneo stare di buon umore mentre in condizioni diverse richiede una decisione della volontà. A Napoli il buon umore si intravede dappertutto. Fa parte del patrimonio culturale della città tanto che lo stare di cattivo umore è considerato cattiva educazione. La cordialità sorridente è una specie di musica di sottofondo che a Napoli si avverte. Non così altrove. Stare di cattivo umore in molte parti viene considerato normale.

In effetti non sembra giusto. Il tratto gentile e sorridente allieta la vita agli altri e li induce ad assumere lo stesso atteggiamento. Prova ne sia che (è l’esempio più semplice) se entro in un negozio e aggiungo una nota scherzosa alla mia richiesta,  quasi sempre chi mi riceve si adegua e scherza pure lui. Alle volte si giunge alle risate anche se l’argomento dell’acquisto è serio.

Stare di buon umore vuol dire che non trovo nella mia vita qualcosa di così tragico che mi rattristi. Chi sta di buon umore non merita la frase: “beato te che ridi e non capisci niente”, come se fosse una vispa Teresa. Invece può darsi che chi sorride sa passare al di sopra degli inevitabili urti della convivenza e della vita, se non addirittura si rende conto che ciò che accade dipende dalla volontà di Dio e va accettato. In questo caso il buon umore è una conseguenza della fede. Ho conosciuto due santi di costante buon umore: Giovanni Paolo II e San Josemaría Escrivá.

Il buon umore non è un fatto accidentale: è un vero e proprio atto di virtù. Viva chi sa stare di buon umore!

lunedì 22 maggio 2023

Bernabei

 Mi hanno chiesto due paginette su Ettore Bernabei per l’eventualità di aprire un processo di beatificazione. Per me è santo. Allego le paginette


Ho conosciuto Ettore Bernabei nel 1978 quando stavamo raccogliendo le lettere postulatorie per la causa di beatificazione di San Josemaría Escrivá, cioè testimonianze di persone di rilievo che raccontassero i motivi della loro stima nei confronti del futuro santo (ora non si usa più raccogliere queste lettere). In quel caso volevamo chiedere una testimonianza ad Amintore Fanfani. Andai da Bernabei che allora già era amministratore delegato dell’Italstat, una finanziaria dell’Iri, che dopo pochi giorni ci accompagnò da Fanfani. Ricordo la sua discrezione, che avrei apprezzato poi nel corso degli anni, durante la conversazione con Amintore: si sedette in disparte nel fondo della stanza.

In quel periodo risiedevo a Milano e quando, nell’80, mi stabilii a Roma, Bernabei aveva già chiesto l’ammissione come membro soprannumerario dell’Opus Dei. Mi dettero l’incarico di spiegargli estesamente alcuni punti dello spirito dell’Opus Dei; impegno che accettai con emozione perché Ettore era molto noto per gli incarichi importanti che aveva ricoperto: prima direttore del Giornale del Mattino di Firenze e poi famoso direttore generale della Rai per quasi quindici anni, dal 1960 in poi.

Ben presto i nostri incontri diventarono amicizia e  tutte le domeniche ci vedevamo dalle 19 alle 20, orario d’inizio del Tg1 che Ettore controllava scrupolosamente. Questa bella abitudine durò dal 1980 fino all’anno della sua morte, il 2016. Non solo io  tenevo a questi incontri ma anche Ettore cercava di non rimandarli: se andava fuori Roma mi avvisava e spesso andavo a trovarlo in campagna. Non ho mai provato una sensazione di abitudine ma sempre di estremo interesse: Ettore spaziava dal passato fino ai particolari della società e politica italiana del momento. Era sempre informatissimo.

La sua professionalità ed esperienza s’imponeva e si fondeva con la vita di cristiano: la sua prospettiva soprannaturale era radicata nel suo lavoro. Lavoro e santità in lui erano perfettamente fusi.

Guardava alle vicende della vita in una prospettiva di fede. Fede che manifestava nella puntualità alle riunioni formative. Durante i ritiri, fra una meditazione e l’altra restava preferibilmente in cappella davanti al Santissimo, mentre gli altri prendevano un po’ d’aria e passeggiavano in silenzio.

Non era portato alle smancerie ma sapeva voler bene. Un piccolo episodio. Sapeva che mi piaceva la cioccolata e una sera mi fece trovare una scatola di cioccolatini come per caso. Me li aveva conservati perché conosceva i miei gusti, precisò. La direzione spirituale dell’Opus Dei lo portò ad addolcire il suo carattere. Le sue sfuriate erano famose e la sua voce potente attraversava le pareti ma non ce l’aveva mai con una persona in particolare, servivano per sbloccare una situazione. La sua nota severità in famiglia si mitigò anche a detta dei suoi figli. Rimase fedele a sua moglie che aveva attraversato lunghi periodi di depressione. Era capace anche di curare i particolari della tavola e della vita familiare. Colpiva la sua competenza nell’indicare una qualità di un cibo pur avendo in mente tante questioni importanti.

La sua speranza nella vita eterna era fuori discussione come testimonia in un discorso che fece ai suoi familiari quando compì 95 anni. In quella occasione fui l’unico invitato estraneo alla famiglia e, per fortuna, ripresi il suo discorso finale col cellulare. Il figlio Luca ha aggiunto qualche immagine al filmato che così è rimasto come bella e preziosa testimonianza. L’unica cosa che temeva era il giudizio particolare perché riteneva di aver commesso delle ingiustizie: lui che era sempre equilibrato e rispettoso…

 

Prudente, giusto, forte e temperante sono aggettivi che gli stavano a pennello. 

Non faceva mai nulla di avventato anche se era coraggioso nel mettere in cantiere nuove iniziative: un esempio è la creazione della casa di produzione Lux che ci ha regalato programmi belli ed edificanti.

Non dava giudizi affrettati sulle persone ma le stimolava a fare meglio. Un esempio è stata la condotta con i suoi figli. Non si scoraggiava di fronte agli sbagli di gioventù ma rilanciava sempre le opportunità di far meglio. Non è stato un caso che la Lux sia felicemente passata alla gestione di suoi figli che aveva valorizzato.

Gli eventi scoraggianti, che sono stati abbondanti nella sua vita specie negli ultimi tempi, non lo abbattevano ma piuttosto lo stimolavano a rilanciare puntualmente i suoi progetti. I corsi formativi che ha tenuto negli anni inoltrati della sua vita sono stato un esempio di fiducia nella formazione di giovani professionisti.

Pur essendo un buongustaio non esagerava mai nel mangiare o nel bere. La sua tavola era aperta agli amici e si notava il suo stile temperante.

Dovremmo essergli grati per tutto ciò che ha fatto. In particolare fu parte attiva per la mediazione durante la crisi del Golfo quando Kennedy impose alla Russia di ritirare i missili che stava per installare a Cuba. Ettore allora si trovava in America e tenne i contatti con Fanfani e Giovanni XXIII, che svolsero un’intelligente iniziativa di pacificazione.

Dovremmo essergli grati perché, dal 1960 al 1974, ha fatto della tv di stato un’amica di famiglia che percorreva con eleganza tutti i generi: dal popolare (le mitiche gemelle Kessler) agli sceneggiati impegnati.

Infine, al momento della pensione, Ettore ha trovato l’energia per fondare la casa di produzione Lux che ci ha dato la Bibbia, don Matteo e tanti altri bei programmi. Lo ringraziamo per questo.

Per me il suo stile cristiano è proprio dei nostri tempi. Non era un uomo di Chiesa e basta ma prendeva spunto dal suo lavoro impegnativo e dalle vicende varie della vita per vivere le virtù cristiane con uno stile laicale.




 

domenica 21 maggio 2023

Milone

 Ho conosciuto Massimo Milone quando era un giovane redattore della Rai di Napoli. Mi colpì il suo dinamismo, la velocità con cui impostava operazioni e le concludeva. Dopo qualche anno seppi che era diventato il capo della redazione napoletana e sempre dimostrava disponibilità per divulgare notizie positive relative alla mia attività. Desiderava venire a Roma e lo presentai alle persone che potevano agevolare il suo  trasferimento e così avvenne, ricevendo così l’incarico di dirigere Rai Vaticano. Mi chiese una collaborazione e capitò così di frequentarlo molto più spesso, di apprezzare il modo con cui escogitava nuovi programmi e valorizzava i redattori. Al momento della pensione venne a trovarmi, sempre portando un pacchetto di dolci, e mi prospettò una serie di iniziative per il futuro. All’improvviso, all’età di 67 anni il Signore l’ha chiamato a se’. I suoi figli sono ormai promettenti professionisti ma, assieme a loro, ci sentiamo orfani. Per ricordarlo propongo una foto di un felice momento. Mi piace ricordarlo così come se ancora fosse operativo. In Paradiso il Signore gli affiderà tante faccende che seguirà con l’abituale maestria anche dall’alto.

 

                      


venerdì 12 maggio 2023

La comunicazione

 Pur essendo ingegnere nella mia vita ho fatto tutt’altro. Fra le attività di cui mi sono occupato c’è stata per diversi anni la comunicazione di un un’istituzione in Italia. Mi sono reso conto che, malgrado i tanti corsi sulla comunicazione, sono ben pochi coloro che sanno cosa bisogna fare per una buona comunicazione, istituzionale o aziendale che sia. I dirigenti spesso non se ne rendono conto e chi viene assunto per svolgere attività di comunicazione pensa normalmente che la comunicazione sia produrre comunicati stampa, fare un buon sito internet e pubblicare foto e notizie su Facebook, Twitter e compagnia cantando. Queste cose sono necessarie ma tutt’altro che sufficienti.

Il buon comunicatore dovrebbe avere, per prima cosa, una stima sincera per l’ente in cui lavora perché  così ne saprà parlare in modo convincente. 

In secondo luogo (e questo è un punto importante) deve andare a conoscere i giornalisti che guidano i maggiori giornali e le testate televisive (Rai e principali tv private). Deve conquistarne la simpatia e portarli a visitare e conoscere le persone che lavorano nella sua azienda in modo che rimangano impressionati per la qualità del lavoro che si svolge a beneficio della società, per l’efficacia formativa nei confronti dei giovani che ci lavorano, per l’entusiasmo che i lavoratori nutrono nei confronti della propria azienda.

Una volta che si è stabilito questo rapporto con i giornalisti più importanti, sarà semplice far pubblicare articoli, trasmissioni e documentari che saranno tanto più preziosi quanto più è autorevole la fonte. Per intendersi: un intervento presso una trasmissione di Bruno Vespa  vale di più di mille inserti su Facebook. Un articolo sul Corriere della Sera è fondamentale rispetto a tanti comunicati stampa.

Mi premeva chiarire questo punto che serve sia a chi dirige l’azienda (che sa cosa vuole comunicare) che per l’addetto alla comunicazione, altrimenti si rischia l’isolamento, e la comunicazione che si fa è un’illusione.

 

www.pippocorigliano.it




giovedì 11 maggio 2023

Le preghiere

 La mattina presto dedico mezz’ora alla voga col mio vogatore. Negli intervalli recito una decina del rosario: questo mi consente, a mente fresca e senza fretta, di riflettere maggiormente sulle parole che dico.

Ad esempio, le prime tre richieste del Padre Nostro esprimono tre concetti simili fra di loro: “Sia santificato il tuo nome”, “venga il Tuo regno”, “sia fatta la tua volontà”. 

Sto attento a non distrarmi e, se la mente se ne va, torno a ripetere le tre frasi. Se Gesù ce le ha insegnate così, vuol dire che dobbiamo tenere ben chiaro che la volontà di Dio per noi è essenziale sotto tutti gli aspetti. 

Le altre richieste sono diverse fra loro. Il pane quotidiano viene spontaneo, mentre mi fa sempre riflettere il “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Mi sembra una richiesta così impegnativa da sembrare quasi pericolosa. Chiedo a Dio di perdonarmi i peccati come io perdono i miei “debitori”. Accidenti: chiedo a Dio di comportarsi come me. Devo stare molto attento. Contemporaneamente penso a quante persone ripetono questa frase a loro rischio e pericolo, dal momento che non mi sembrano tutti così teneri di cuore.

L’Ave Maria mi è diventata molto più colorita. Quando dico:  “tu sei benedetta fra le donne e benedetto sia il frutto del tuo seno Gesù”, mi metto sotto lo sguardo della Madonna e mi pare che l’anima si riscaldi e si abbronzi alla luce dei Suoi occhi. La richiesta successiva (prega per noi peccatori…) è naturale anche se l’appellativo  “Madre di Dio” mi sembra particolarmente audace rispetto alle critiche ricevute nel lontano passato.

Racconto queste cose per stimolare una recita ancora più proficua delle nostre preghiere ancor meglio di me.