E’
tempo di far fruttificare in noi il seme dell’insegnamento di Papa Ratzinger.
La sua umiltà e la sua fede riguardano anche noi. Viviamo immersi nella cultura
dell’uomo che si fa da sé. Fin da bambini ci è stato insegnato che essere
cristiani significava comportarsi bene. “Ma come – ci hanno detto – hai fatto
la Comunione e ti comporti così!”. Ratzinger ci ha fatto capire che il
cristiano non è un superuomo ma è un pover’uomo che “si appoggia” in Dio.
L’atteggiamento di chi dipende da Dio, di chi trova in Gesù le sue forze:
questo è l’atteggiamento cristiano. “Senza di me non potete fare nulla”. Questo
è il punto da cui partire per risolvere le nostre crisi: la crisi culturale,
economica, politica, sociale, familiare, personale. “Imparate da me che sono
mite e umile di cuore” ha detto Gesù e Ratzinger lo ha ripetuto con l’esempio.
L’umiltà è la porta delle virtù e della felicità. Essere cristiani non è una
casacca, una stirpe, un partito, un gruppo, una corrente culturale: è vivere di
fede. “Il giusto vive di fede” ha detto San Paolo e Ratzinger lo sta facendo:
le sue dimissioni non sono sue, sono una “chiamata”. Devo essere consapevole
che se non mi appoggio in Dio sono un animale poco razionale, pigro, sensuale,
inaffidabile: è Gesù che ogni giorno mi sostiene e mi traccia la strada. Perciò
ho bisogno della preghiera, di confessarmi, di comunicarmi, di leggere il
vangelo, di studiare il messaggio cristiano. Allora sarò un eroe cristiano, un
santo, come lo è stato Ratzinger.
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