mercoledì 28 giugno 2017

Il cuore di Gesù


Il Cuore di Gesù. E' una festa popolare anche se non gode di grande fama nei media. La cultura dominante presenta il rapporto con Dio come oppressivo: un Dio controllore, che punisce. La religione viene presentata come una morale senza respiro. Le cose stanno diversamente. I cristiani hanno un Dio che viene incontro, che si dà da mangiare, che perdona, che offre la sua vita. Quand'è che Gesù diventa severo? Con i farisei, con coloro che si credono giusti, convinti di sapere come stanno le cose: in altre parole con gli autosufficienti. Dio vuole essere riconosciuto da noi perché "è", come dice a Mosé davanti al roveto ardente. Pensare di fare a meno di Lui non è una scortesia verso un dio permaloso: è uno sbaglio di cui pago le conseguenze sia personalmente che collettivamente. La società senza Dio va verso il disastro. Gesù conferma l'opportunità della devozione al Suo Cuore nelle apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque dal 1673 in poi. Un atteggiamento comune nei santi è l'assoluta fiducia in Dio e nel Suo perdono. Pensare di essere troppo peccatori per essere perdonati è una tentazione demoniaca. Viviamo in un'epoca che ha perduto il senso dell'amore favorendo un individualismo che disgrega le famiglie e rende infelice la singola persona. Siamo nell'epoca dei diritti individuali e del rifiuto dei dolci legami dell'amore. Perciò la devozione al Sacro Cuore di Gesù e al dolce Cuore di Maria è necessaria. Non è una devozione da bigotti. E' una devozione che affonda le sue radici nel colpo di lancia nel costato di Gesù. Oggi non ci sono le truppe rivoluzionarie francesi che bruciano i villaggi della Vandea fedele al Cuore di Gesù, ci sono i mezzi di comunicazione che tentano di soffocare la riconoscenza verso quel Cuore.

giovedì 22 giugno 2017

La morte del Padre. Un funerale si è trasformato in festa.

Un funerale si è trasformato in festa. Ricordo con nitidezza il 26 giugno del 1975 quando la notizia arrivò, alle 14: il Padre è morto. Ero a tavola con Cesare Cavalleri e, dopo un tempo di preghiera in cappella, lo accompagnai alla metropolitana di Piazza Amendola a Milano. C'era un sole splendente: un contrasto fra quella calda luce e il mio cuore stretto dal dolore. Avevo perso la guida paterna di San Josemaría Escrivá. Quella luce e quel calore ora sono in me perché il 26 giugno è la festa del Santo. Devo tanto a lui. La vita, il temperamento e l'educazione li devo ai miei genitori ma San Josemaría ha rivoltato la mia vita come un calzino. Mi ha insegnato a voler bene in modo reale, pratico, fino al dettaglio affettuoso, come faceva lui seguendo il comandamento "nuovo" di Gesù. Mi ha insegnato che non esiste il dovere ma l'amore, che vuol dire compiere fino alla fine il lavoro col cuore, perché è ciò che "devo" all'Amato. Mi ha convinto che sono realmente figlio di Dio in Gesù e mi ha consigliato di essere figlio piccolo, non più di 7 anni, perché dopo s'impara a dire le bugie. Mi ha insegnato a guardare gli altri con gli occhi di nostra madre, Maria: non più individui ma fratelli simpatici, anche quelli che si presentano come antipatici. Mi ha trasmesso un'allegria contagiosa che è l'odore dello Spirito Santo mentre la tristezza è l'esalazione del demonio. Mi ha confermato nell'amore appassionato a Maria e anche nella speranza della vita eterna. Diceva: "Dio non agisce come un cacciatore in attesa della più piccola negligenza della preda per colpirla. Dio è come un giardiniere che cura i fiori, li irriga, li protegge; li coglie soltanto quando sono più belli e rigogliosi. Dio prende con sé le anime quando sono mature”.


venerdì 16 giugno 2017

Napoli è una città singolare


Napoli è una città singolare. La gente ride: questa è la prima osservazione per chi arriva. Ridono a gruppi, ridono i figli con i genitori, ridono i genitori fra loro... Non c'è situazione gravosa senza che qualcuno intervenga con una battuta spiritosa. La gente è gentile. Si nota l'istinto di scansare la fatica ma quando si deve fare un favore a un amico si fanno in quattro. La predisposizione alla musica è evidente. C'è una produzione autonoma di CD musicali con un mercato interno in città. Il teatro è passione: non si percepisce il confine fra la vita vera e il teatro. Sembra che le commedie di De Filippo continuino per strada. Si mangia in modo moderato ma di sfizio. Si apprezzano i piatti di sempre, cucinati con tradizione. La pasta e la pizza invece vengono consumate in quantità. Le ragazze sono paffute mentre in altre città aspirano ad assomigliare ai pali della luce. Gli uomini sono eleganti e le donne amano le tinte sgargianti. Il panorama è mozzafiato. La religiosità popolare si palpa. San Gennaro è puntuale con il suo miracolo il 19 settembre e altre due volte all'anno. Le persone sono benevole ma non sopportano i fanatismi. Appena qualcuno si sente importante il pernacchio è immediato. C'è intolleranza alla regola, mentre c'è la predisposizione all'amore. La leva per far lavorare i napoletani è la passione. I napoletani amano Napoli ma non gli amministratori della città e qualche ragione ce l'hanno. Gli intellettuali amano lo studio, parlano benissimo e ricordano ancora la ferita della repressione sanguinosa della repubblica del 1799 (complice Nelson). Chinchino Compagna è stato un repubblicano cattolico e ha lasciato un segno assieme a Gerardo Marotta con il suo Istituto per gli Studi Filosofici. La città è viva anche se molti napoletani la pensano morta.


venerdì 9 giugno 2017

Uscire dalla crisi


Bisognerebbe studiare nelle scuole il discorso che Benedetto XVI rivolse al mondo della cultura a Parigi il 12 settembre 2008. Un discorso che si conclude con una frase significativa: "Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura." La necessità di operare una sintesi di un argomento così vasto fa sì che ogni paragrafo meriti di essere letto accuratamente e meditato. Ratzinger parla di un passato che si riallaccia alla tarda romanità (Bendetto da Norcia nacque nel 480, quattro anni dopo la deposizione  dell'ultimo imperatore romano d'Occidente  Romolo Augustolo) eppure il suo discorso è di tale attualità da mettere a disagio alcuni dei presenti che si erano opposti alla citazione delle radici cristiane d'Europa nella stesura della costituzione europea (che non arrivò mai all'edizione definitiva). Ma non si tratta solo di una precisazione storica, Benedetto addita la via d'uscita dalla crisi attuale della cultura occidentale, prendendo spunto dall'atteggiamento di quei monaci. Per loro lo studio della parola era il modo di attingere al Verbo di Dio Gesù e il lavoro era la continuazione della creazione. " Del monachesimo fa parte - dice Benedetto XVI - insieme con la cultura della parola, una cultura del lavoro, senza la quale lo sviluppo dell’Europa, il suo ethos e la sua formazione del mondo sono impensabili. Questo ethos dovrebbe però includere la volontà di far sì che il lavoro e la determinazione della storia da parte dell’uomo siano un collaborare con il Creatore, prendendo da Lui la misura. Dove questa misura viene a mancare e l’uomo eleva se stesso a creatore deiforme, la formazione del mondo può facilmente trasformarsi nella sua distruzione."

mercoledì 7 giugno 2017

Cosa possono fare i cristiani?


Quando parlo della disgregazione morale ed economica provocata dall'oligarchia speculativa finanziaria, arriva la domanda di rito: cosa possono fare i cristiani? Le risposte nascono dalla fede. Gesù ha detto: senza di me non potete fare nulla. Innanzi tutto fiducia nella Provvidenza e pregare. La seconda risposta è che la vita dell'anima cristiana assomiglia a quella del corpo: ha bisogno di alimentazione. Oggi sappiamo tanto sulle diete, sui cibi adatti e sugli integratori... Siamo più o meno tonici, palestrati e col peso giusto (a cui aspiriamo invano). Viceversa la mia vita spirituale, prima di incontrare un santo, era in uno stato pietoso di denutrizione da Sahel (crisi alimentare e siccità). Ho bisogno dei consigli del medico (direzione spirituale e confessione),  del cibo ricostituente (l'Eucarestia), frequentare gli amici giusti (Gesù, lo Spirito Santo, Maria e i santi), avere una visione del mondo (lettura continua dei Vangeli e dei libri fondanti del cristianesimo, da Sant'Agostino a Joseph Ratzinger) con una solida cultura sociale adatta ai tempi. Con questa alimentazione sarò capace dell'impegno fondamentale del cristiano: saper voler bene ("da questo riconosceranno che siete miei discepoli"). Saper voler bene è un'arte che influisce nella vita familiare, nel mio lavoro e nel mio rapporto col mondo. E' un'arte che non si finisce mai d'imparare ma è quella che definisce lo stile di quel cristiano "popolo in cammino". Non occorre improvvisare subito partiti politici. Occorre lo stile di vita di Gesù, con l'aiuto di Gesù. Dopo di che la Provvidenza provvederà.