giovedì 30 marzo 2017

E' ora di parlar chiaro


“L’uomo ha bisogno di Dio o le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?”: è la domanda che si poneva Benedetto XVI durante una catechesi dell’Anno della Fede. “In una prima fase dell’assenza di Dio, quando la sua luce continua ancora a mandare i suoi riflessi e tiene insieme l’ordine dell’esistenza umana, si ha l’impressione che le cose funzionino abbastanza bene anche senza Dio. Ma quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo … “perde” sempre di più la vita.” Proprio così diceva Benedetto: perde la vita. Parole attualissime mentre il Parlamento si sta occupando di una legge che dovrebbe autorizzare il suicidio di stato. Fatto quasi comico. Mentre sempre di più la gente non sa come tirare a campare bisogna legiferare su come farla morire. Pochi mesi fa il Paese è stato trascinato in una polemica sulle unioni civili, sfociata nell’approvazione di una legge che serve a pochissimi, mentre i giovani hanno difficoltà a sposarsi.
 La soluzione la dà Ratzinger. Bisogna ripetere chiaro e forte la frase di Gesù: “senza di me non potete fare nulla”. E nulla non vuol dire un poco, vuol dire niente. Occorre che chi ha fede mostri coi fatti che lo stile cristiano di vita è il più umano. Io per primo devo perdere ogni ritegno nel far capire che la creatura in sintonia col Creatore sta veramente bene. Basta prudenze, è l’ora di proclamare dai tetti ciò che abbiamo ascoltato dalle parole di Gesù. Nel film L’oro di Napoli Eduardo insegnava a rispondere al vecchio nobile oppressivo con un pernacchio. La cultura laicista è arrivata al capolinea. Devo contribuire al fiorire di una cultura cristiana.

giovedì 23 marzo 2017

Il laico apostolico


Il Santo Padre fin dall'inizio del suo pontificato, e anche prima, ha insistito sull'immagine di una Chiesa "in uscita" che porta il messaggio di Cristo. Una missione apostolica che riguarda anche i laici. Come si configura un laico apostolico? non certo con l'imitazione del sacerdote o del frate predicatore: persone dotate di una vocazione specifica. Il laico ha una missione sacerdotale da compiere (portare Dio al suo prossimo) ma con il suo stile caratterizzato dalla normalità. Deve vivere la fede dei santi e un amore grande, per Dio e il prossimo, in un contesto quotidiano. Deve essere straordinario  (perché la fede e l'amore non ammettono limiti) muovendosi nell'ordinario. Diciamolo pure: non siamo abituati a immaginare persone così. Forse ognuno di noi ha nei suoi ricordi un parente che ha lasciato una scia luminosa per le sue virtù ma manca una letteratura sulla santità nella vita ordinaria. Il laico santo irradia la gioia del suo abbandono nel Signore: è una persona positiva perché sa che la Provvidenza provvede. Sa essere amico, non è suscettibile e sa volare alto sulle asperità della vita quotidiana; conosce l'arte del voler bene che è un'arte raffinata che non si finisce mai d'imparare. In famiglia è sereno e mansueto, capace di digerire l'ordinaria follia che tutti ci portiamo appresso. Sa di essere poca cosa ma che con l'aiuto di Dio può fare grandi imprese: è un imprenditore di Dio. Comprende tutti, è laborioso, si adatta alle situazioni, sa ridere di se stesso, non si sconforta, chiama Gesù per nome.

giovedì 16 marzo 2017

Il lavoro a Napoli e nel Paese


Risolvere i problemi di Napoli non è solo occuparsi di una città ma di tutto il Paese. Napoli è una città simbolo che presenta, esaltandole, le caratteristiche della società italiana: ha gravi problemi sociali e nello stesso tempo è abitata da persone intelligenti e generose che desiderano risollevare le sorti della propria città. Si può dire lo stesso per ogni parte d'Italia. La società civile ha risorse che, in questo momento, la politica non riesce a gestire e allora bisogna agire senza attendere l'aiuto dello stato. "Damose da fa'" disse un giorno Giovanni Paolo II in romanesco...
Il primo problema è il lavoro. Conosco esperienze educative che riescono a coordinare l'insegnamento con le esigenze professionali delle aziende. Un esempio è il centro Elis di Roma che ha costituito un consorzio di imprese che contribuiscono alla formazione dei ragazzi con borse di studio e con l'apporto del proprio personale. Il risultato soddisfa giovani e aziende: i ragazzi trovano lavoro poco dopo la fine dei corsi.  Per i laureati che non trovano lavoro a Napoli, l'IPE (Istituto Per Ricerche ed Attività Educative ) ha organizzato in sintonia con aziende meridionali e nazionali una business school che rende quasi certa l'immediata assunzione dopo i corsi, com'è già avvenuto in 1.200 casi. Il sogno è realizzare per ogni quartiere napoletano scuole del genere che valorizzino la creatività della città. La Fondazione Banco di Napoli sostiene già molte generose attività di volontariato ma resta ancora molto da fare, specie per la formazione professionale.

giovedì 9 marzo 2017

Il potere della grande finanza


Il vecchio Ettore Bernabei mi spiegava che oggi è la finanza a governare il mondo e che il suo strumento principale è la comunicazione. Oggi la comunicazione è come gli eserciti dell'800: può occupare un territorio e controllarlo. La grande finanza è in mano a persone che hanno la cultura del profitto immediato. Non solo del profitto, perché col solo profitto si può anche perseguire il bene comune, ma del profitto immediato. La sua ideologia è diffondere il massimo dell'individualismo e quindi del consumo. Aborto, amore gay, eutanasia, dissoluzione della famiglia sono i principali obiettivi. Ci vorrebbe un approfondimento ma è quanto basta per accorgersi dei tranelli della comunicazione. Non è un caso se papà gay felici di avere il loro bambino (ottenuto chissà come) ottengano rilievo mediatico, così come la situazione patetica del malato cronico che vuole morire (colonne di giornali e spazi enormi nei TG) e il dramma (sparato a tutto volume) della mancanza (?) di medici abortisti. Come se non ci fossero problemi gravi in Italia. C'è una regia. Non è complottismo, è il dominio di Mammona: la ricchezza cieca che vuole solo essere più ricca. Per non parlare del commercio d'armi che provoca le guerre per "liberare" popolazioni, con l'effetto di massacrarle mentre i media additano il cattivissimo Hitler di turno.  Chi ha fede non ha da temere. La Provvidenza provvede. I Moloch deperiscono e cadono. L'importante è pregare e non farsi sedurre dalle sirene della comunicazione con le loro questioni "urgenti".

Fede! E' questione di fede non di altro


Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe (Lc 10,2). Sempre c'è bisogno di apostoli, di persone che con la loro vita testimonino la verità e il calore della fede. Come dice Gesù occorre pregare, e poi guardarsi dalle insidie del sociologismo che narcotizza lo slancio apostolico. I giovani non credono, la cultura attuale non lascia spazio alla fede, la pornografia e la droga addormentano le coscienze... Balle. Queste sono le conseguenze della mancanza di fede non la causa. Come hanno fatto i santi? Non avevano fiducia nelle loro capacità ma hanno alzato la vela della loro barchetta e si son lasciati pilotare dallo Spirito Santo. Nel cristianesimo l'umiltà convive  con i grandi desideri. I cristiani dicono di sì a Gesù: sia attraverso la vita ordinaria sia con una vocazione specifica, accettano di donare se stessi, confidano nella Provvidenza e diventano trascinanti. I santi sono stati dei contemplativi che hanno tirato fuori, grazie alla fede, la capacità imprenditoriale. I giovani non ascoltano? Non ascoltano gli apostoli tiepidi. Appena spunta un predicatore che ha fede le chiese diventano insufficienti. "Fede! E' questione di fede, non di altro!" mi disse San Josemaría Escrivá l'ultima volta che l'ho visto. Se un cristiano antepone le preoccupazioni personali alla sua testimonianza apostolica diventa inefficace. Lo si vede dai suoi frutti. Il cristiano è un fuoco d'amore che riscalda attorno a se'. Se brucia come il sole riscalda tutta la terra. Come Gesù.

giovedì 2 marzo 2017

Napoli città simbolo


Da tanti punti di vista Napoli è una città simbolo. Qui si vede la differenza fra la realtà rappresentata dai telegiornali e quella autentica. E’ innegabile che ci sia la camorra come c’è la malavita a Milano, New York e a Hong Kong. E’ innegabile che ci siano problemi sociali, ma non si parla mai nei media delle innumerevoli sorprese che la città ti offre. Ad esempio nel modo di mangiare: andate nel ristorante di Fofò Mattozzi vicino a piazza Borsa. Gli alimenti semplici sono preparati in modo delizioso: i friarielli, la scarola, la pizza, il carciofo “arrostuto”, i fiori di zucca fritti, il calzone classico. Oppure si va a visitare la fabbrica di cioccolato di Gay Odin: un profumo inebriante, artigiani abilissimi che preparano il cioccolato foresta, le praline con ciliegia al liquore, le finte noci ripiene di crema di cioccolato, le enormi uova di Pasqua decorate. E che dire dei babà di Scaturchio a due passi dal Cristo velato? Oppure delle meraviglie di Kiton dove 800 artigiani abilissimi guidati da Ciro Paone preparano abiti con stoffe morbidissime per sceicchi sbarcati apposta dagli elicotteri? Usano solo disegni, forbici, aghi e le classiche macchine da cucire: nient’altro. I miei amici romani quando devono farsi analisi mediche approfondite vanno a Napoli dove occhi e mani esperte usano macchinari d’avanguardia grazie al genio di Marco Salvatore, mecenate della cultura napoletana col suo “Sabato delle idee”. E poi i napoletani sono spiritosi e acuti. Vedi Napoli e poi …vivi.


mercoledì 1 marzo 2017

C'era una volta Studio Uno


C’era una volta Studio Uno. E’ il nome di un fortunato programma andato in onda su RaiUno giorni fa. La sceneggiatura era accurata e intelligente: seguiva la storia di tre ragazze che inseguono i loro sogni nella televisione nazionale dei primi anni ’60. Un ingrediente fondamentale è senz’altro la nostalgia. Le Kessler, il Dadaumpa, Mina giovane… musiche e immagini evocative di anni giovanili. Ma c’era qualcosa in più: il programma ricordava un'Italia con voglia di vivere e crescere. Dietro le quinte aleggiava il personaggio di Bernabei che aveva idee precise su come dovesse essere il servizio pubblico. Bisognava mandare a letto gli italiani contenti e fiduciosi (e il pensiero vola al messaggio opposto di tanta tv odierna). I programmi dovevano essere di alta qualità. Le Kessler non erano delle bellocce: erano professioniste di classe provenienti dai migliori teatri d’Europa, così come gli altri protagonisti di quello spettacolo. La trasmissione finiva relativamente presto: l’indomani occorreva svegliarsi in tempo per andare a lavorare. Non si tratta di mera nostalgia: è il ricordo di un Paese governato da persone che avevano in mente il bene comune. Erano quasi tutti cattolici praticanti. Gente di messa quotidiana e di cultura aperta allo spirito del tempo. Kennedy disse a Fanfani che aveva studiato su un suo libro. Si parlò di miracolo economico ma non era un miracolo: era l’evoluzione di un Paese che lavorava sodo, guidato da una classe dirigente capace e onesta. Ricordo e prego.