giovedì 28 aprile 2016

Il dolore


Il dolore. In questi giorni sono vicino ad una donna che soffre per un tumore al cervello sempre più invadente, assistita da un marito innamorato, operativo e discreto e da una mamma che conosco da tempo: una donna di grande e profonda sensibilità. Preghiamo tutti. Il male avanza. La domanda è quella di sempre: Signore perché? Perché la nostra vita incontra tanti dolori e ha un appuntamento sicuro col dolore della morte? Solo in Dio c'è la risposta, in quel Dio che ci ha dato la vita. Il dolore è cammino verso la vita in Dio. Il dolore ci prepara alla vita in Dio. Dio stesso ha percorso per noi la strada del dolore. Nascere fuori casa, deposto in una mangiatoia, sùbito in fuga: sembra di assistere ad una delle storie dei migranti di oggi. Amato ma incompreso. Odiato e crocifisso. Siamo all'opposto della mentalità mondana: sicurezza, successo, sensualità. Eppure al fondo di quella storia c'è la vita gloriosa, c'è il sorriso di Maria, c'è il volto di Dio.
Il dolore fa male come faceva male a Gesù. Non c'è modo di limitarlo. Ci sono solo (per grazia di Dio) le cure antidolorifiche che però non abbattono il male. La risposta vera ce la danno le madri. Le madri sanno soffrire per amore. Essere madri significa soffrire fin dal primo momento ma l'amore fa dire che ne vale la pena. Maria ha sofferto ma ora è la madre di tutti. Questa è la consolazione. Il dolore è fecondo. Il dolore porta la vita. Santa Maria prega per noi peccatori, ora e nell'ora della nostra morte. E mostraci Gesù.

giovedì 21 aprile 2016

Le radici del buon umore


I cristiani sanno che Dio è amore e sono chiamati a essere dei maestri dell'arte di voler bene. E' un'arte non facile, che non si finisce mai d'acquisire. Il buon umore ne è uno degli aspetti principali. La sua vera radice è l'identificazione con Gesù, che il Signore ci dona se alimentiamo il nostro animo con la lettura continua del Vangelo e di libri spirituali, con la confessione e la comunione, con la recita affettuosa del santo rosario e con la guida di un buon padre spirituale. Gesù non è solo la via (la guida) e la verità, è anche la vita e i santi ci meravigliano per la loro vitalità malgrado le prove che devono affrontare. L'identificazione con Gesù porta con sè un'allegria inarrestabile che accompagna il dono totale di sè. D'altro canto non possiamo pretendere da noi un'attività inarrestabile. Gesù stesso dice "non affannatevi" (Mt 6,25). Quel minimo di riposo e di distensione ci vuole, semmai con attività intelligenti che distraggano e ci rallegrino.
 "E' importante che una mamma canti" disse un pedagogista. Le persone intorno a noi le vorremmo virtuose sì, ma anche allegre. I bambini amati dai genitori sorridono molto e noi siamo bambini davanti a Dio. Sappiamo di essere amati. Il buon umore è una virtù già di per sè. Se manca, probabilmente c'è una barriera fra Dio e me. Allora conviene mettermi alla presenza di Dio e dirgli "Signore perché mi sento triste?". E scopro i lacci dell'amor proprio, prima fonte di ogni tristezza, e imparo a non prendermi troppo sul serio.


mercoledì 20 aprile 2016

Quando il respiro si fa aria. Un bel libro Mondadori

Ho appena terminato la lettura, tutta d'un fiato, del libro di un giovane neurochirurgo americano (Paul Kalanithi) che descrive la sua vita come malato di tumore fino agli ultimi momenti. Il libro si intitola "Quando il respiro si fa aria"(ed. Mondadori), è stato un bestseller in America e credo che lo sarà anche in Italia. La narrazione è essenziale e sincera, compresi gli attriti con la  moglie Lucy prima del manifestarsi della malattia. Poi la splendia unione matrimoniale che porta alla nascita di una bambina durante gli alti e bassi della malattia. E' suggestivo il capovolgimento di prospettiva con cui la malattia viene seguita: prima il medico con le sue sicurezze e statistiche, poi il paziente a tu per tu con la propria vita. Un'evoluzione su cui i medici trovano di che meditare. La dichiarazione di fede in Gesù appare discretamente fra le righe quasi sorridendo e accennando di sfuggita all'atteggiamento di chi crede di essere solo il frutto del caso: un atteggiamento superato già prima della malattia. Paul e la moglie amano i buoni libri: nell'epilogo finale Lucy cita opportunamente C.S. Lewis: "La perdita della persona amata non è il troncamento dell'amore coniugale bensì una delle sue fasi normali, come la luna di miele. Quello che vogliamo è vivere bene e fedelmente il matrimonio anche in questa fase".
Un libro che è bene leggere per vivere meglio e capire  chi soffre.


domenica 17 aprile 2016

L'amore è la guida della mia vita

Una volta Vittorio Messori ha intervistato una collaboratrice familiare che aveva dedicato la vita a Dio e a gli altri decidendo di non sposarsi. Lavorava molto e cucinava bene. Le chiese: "ma perché fai tutto questo?" e lei rispose: "per amor di Dio". Vittorio si commosse. "Per amor di Dio! Per amor di Dio! Ma chi dice oggi questo?". L'episodio è vero. Sapevo che Vittorio ha un cuore d'oro ma sapevo anche che lo nasconde spesso con un modo di fare bisbetico... Si dimentica ogni tanto e me lo chiede: "Pippo come sono io?" "Bisbetico" gli rispondo. Però il bisbetico si commosse. E' importante essere innamorati. Quando una mamma chiese a San Josemaría come trasmettere la religiosità ai figli (7, per la precisione) lui rispose: "Vogliatevi molto bene fra di voi". L'amore è un'esperienza unica nella vita e qualche volta bisogna provarla, negli altri e in se stessi. Sempre San Josemaría, arrivato ai settant'anni, diceva: "trovatemi un vecchietto che vi parli d'amore come faccio io...". Perciò Santa Caterina (e con lei tutte le sante) parlava di Gesù come il suo sposo. I familiari e suo padre le facevano opposizione finché un giorno il babbo entrò nella sua stanza e vide la colomba dello Spirito Santo su sua figlia in preghiera. Allora disse "basta!" e proibì ai figli di importunarla, aggiungendo: "che poi non è così male avere Gesù come genero". E davvero Caterina fu mamma e così la chiamavano anche tanti che erano più anziani di lei. L'amore è la guida della nostra, della mia vita.

venerdì 8 aprile 2016

Il cristiano adulto sa di essere un bambino di fronte a Dio


"Queste crisi mondiali sono crisi di santi" diceva, appunto, un santo. C'è bisogno di santi. Io e tu, caro lettore, siamo chiamati ad esserlo. Non siamo chiamati a fare battaglie, discorsi, studi, no. Sono chiamato ad essere un altro Gesù e questo non lo faccio io, lo fa Gesù. A me tocca lasciarlo fare. Devo solo tenere le finestre aperte al soffio dello Spirito. La prima finestra aperta è la lettura assidua, circolare del Vangelo, possibilmente del Nuovo Testamento. Si parla poco del Vangelo ma l'importante è che lo frequenti io, perché lì c'è il primo incontro con Gesù. Già i primi discepoli, quando Gesù era ancora vivo andavano in giro a predicare ciò che Gesù gli diceva. Dopo la Sua morte e Risurrezione lo Spirito Santo li ha spinti a raccogliere come acqua preziosa ciò che Gesù ha detto e a raccontare ciò che ha fatto. I Vangeli sono credibili non sono un mito. Grazie a loro possiamo conoscere Gesù. L'altra finestra è la Comunione, preceduta dalla confessione sacramentale che ci rende umili e meglio disposti a ricevere Gesù dentro di noi. "Chi mangia la mia carne..." (Gv 6,56). Un Dio che si dà da mangiare... ma chi ha un dono grande come il nostro? Allora sì che divento un erogatore di energie. Un servo inutile ma fratello di Gesù. Uno in missione per conto di Dio. Allora posso fare battaglie, discorsi, studi, con spirito di servizio. Restando sereno perché Dio è mio padre, malgrado le debolezze del figlio bambino. Il cristiano adulto sa di essere un bambino di fronte a Dio.