“Venerdì
alle 19 i bambini dell’oratorio presenteranno l’Amleto di Shakespeare nel
salone della chiesa. La comunità è invitata a prendere parte a questa tragedia…”.
E’ uno dei comici annunci parrocchiali ormai famoso. Mi è venuto in mente
mentre, pregando, mi è risultato chiaro che è inutile e perfino ridicolo
pensare di risolvere senza l’aiuto di Dio alcune questioni. Mi sono reso conto
che qualche volta nella mia vita ho pensato inconsciamente che ero io che stavo
aiutando il Padre Eterno a diffondere il Vangelo sulla terra, mentre la verità
è esattamente il contrario. Nel mio percorso spirituale ci sono stati come dei
gradini. Prima non pregavo affatto. Poi ho cominciato a pregare perché Dio mi
aiutasse a realizzare la mia santa volontà. Poi sono passato a pregare perché
riuscissi ad aiutare Dio, come dicevo prima, a realizzare la Sua volontà.
Infine ho capito che la migliore e unica preghiera giusta è che si compia la
volontà di Dio e che il Signore mi aiuti a non essere d’ostacolo. Non a caso il
Padre Nostro che Gesù ci ha insegnato comincia con tre frasi che alludono allo
stesso concetto: sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno, sia fatta la
tua volontà. E’ la preghiera di Gesù che si ripete fino all’Orto degli Ulivi (“Non
si faccia la mia volontà ma la tua”) ed è anche la risposta di Maria: “Fiat
mihi secundum verbum tuum”: si faccia secondo la tua parola. Mi sono reso conto
che se dico “si faccia la Tua volontà” sono più disposto ad affrontare le
vicende della vita, sono più sereno e più semplice: faccio fuori tutte le
complicazioni personali. Da un po’ di tempo è diventata la mia giaculatoria
preferita: Fiat voluntas Tua… E non mi sento più un bambino che recita
l’Amleto.
Preferisco il paradiso
Il blog di Pippo Corigliano
lunedì 18 febbraio 2019
Paul Claudel
Da ragazzo
sentivo parlar molto degli intellettuali cattolici francesi: Bernanos, Mauriac,
Claudel, Maritain, Gilson, Daniel Rops, Jean Guitton, e così via… Un sacerdote
amico, per dirozzare me diciassettenne spensierato napoletano, mi fece leggere
il Diario di un curato di campagna di
Bernanos: una lettura che portai avanti faticosamente finché saltai al finale e
restituii il libro. Era la storia di un sacerdote che si macerava in digiuni,
prendendo un po’ di vino, soffrendo il mal di stomaco e morendo pronunciando la
frase : “tutto è grazia”. Il romanzo è un capolavoro ma non ero preparato. Anzi
da allora cominciai a provare un istintivo rifiuto per quel tipo di
spiritualismo francese. Tutt’altra impressione ho tratto leggendo ora la vita
di Paul Claudel (1868-1955) scritta da Flaminia Morandi (Paul Claudel/ Un amore
folle per Dio ed. Paoline). Da quelle pagine emerge una forte personalità
caratterizzata da qualità apparentemente in contrasto fra loro. A diciotto anni
il giovane Paul si converte ascoltando il Magnificat nella Cattedrale di Notre
Dame: una conversione che lo segnerà per tutta la vita anche nelle vicende più
complicate che dovrà affrontare. A Parigi Paul frequenta gli intellettuali dei
suoi anni e scopre la vena letteraria che affiancherà la sua carriera
diplomatica di gran successo (diventa fra l’altro ambasciatore francese negli
Stati Uniti, oltre che in Cina e Giappone). L’evento che caratterizza la sua
vita è l’innamoramento per una bella polacca, già sposata, che provocherà un
conflitto interiore per lunghi anni fino ad arrivare ad una composizione
ragionevole: pur separandosi da lei capirà che l’amore umano è una via per
comprendere e vivere l’amore per Dio. I drammi che scrive sono continuamente
rielaborati. In Italia è conosciuto maggiormente L’annuncio a Maria mentre le altre opere sono meno famose. Il
carattere di Paul non è certo facile ma la fede in Dio lo aiuta a mantenere
coerente la rotta della sua vita pur in mezzo alle passioni e le difficoltà
professionali. Per l’uomo d’oggi è importante conoscere la sua vita, così
simile a quella di un professionista esposto alle vicissitudini della
modernità. Bisogna rendere omaggio alla capacità di indagine e di racconto di
Flaminia Morandi che descrive con partecipazione e intelligenza gli stati
d’animo del protagonista. Il lettore si rende conto alla fine che non ha
conosciuto un personaggio del passato ma un protagonista della nostra epoca la
cui fede non viene intaccata dal laicismo francese onnipresente.
domenica 10 febbraio 2019
L'esigenza
Credo che l’esigenza
più sentita nella Chiesa di oggi non riguardi le questioni che si dibattono sui
giornali ma riguardi la coscienza dei cristiani dell’essere tali. Per essere
chiari mi pare che il cristiano medio di oggi non sia cosciente che la sua
vocazione è quella di essere un “solido innamorato di Dio”. E’ un’espressione
che mi aiuta quando faccio l’esame di coscienza. Da una parte la solidità: il
cristiano è chiamato all’identificazione con Cristo che avviene con il mio piccolo
contributo e con il grande aiuto di Dio. L’identificazione con Cristo significa
l’unione con Dio Padre e la coscienza di avere la propria missione da svolgere.
“Fiat voluntas tua” è un’espressione che Gesù ripete e ci fa ripetere nel Padre
Nostro. Maria è la prima che risponde con una frase simile. Fare ciò che Dio
vuole: sembrerà strano ma per me è il pensiero più rasserenante che mi aiuta
nei momenti di disorientamento. D’altra parte quella del cristiano non è l’obbedienza
ad un dittatore, è l’obbedienza al creatore del nostro cuore. Un Creatore che
si fa uomo. Perciò tutte le corde dell’umanità possono vibrare in questo amor
di Dio che è riposo per il mio cuore, per dirla con Sant’Agostino. Perciò i
santi sono uguali e diversi a un tempo. Egualmente fermi nella loro risposta
alla chiamata di Dio e differenti secondo la missione che ricevono. Questo della
missione è un punto importante. Credo che bisogna cancellare l’idea del
cristiano bambino buono che non dice le parolacce e non si droga. Il cristiano
ha una missione da compiere che è definita dalla fotografia della sua
situazione. Lì dove sta deve essere un fuoco di amore, di amicizia, di
laboriosità, di allegria… Lì ha una missione concreta. Penso che sia questa la
maggior richiesta che oggi la Provvidenza ci propone e che l’ultimo Concilio ha
definito.
domenica 20 gennaio 2019
La preghiera
Sento un mio
vecchio amico di scuola dopo tanto tempo che mi dice: “l’essenziale è la
preghiera”. Ci penso e concludo che ha ragione. La chiamata dei dodici
apostoli, il cui il numero simbolico richiama il nuovo popolo di Dio, avviene
dopo che Gesù aveva passato la notte a pregare. La Chiesa nasce dalla preghiera
di Gesù.
Simone risponde alla domanda di Gesù (Voi chi
dite che io sia?) con
l’affermazione fondamentale : “Tu sei il Cristo Figlio del Dio vivente” Mt
16,16 . Gesù allora afferma che la Chiesa sarà edificata sulla pietra che è
Pietro. Ancora una volta la scena è introdotta dalla preghiera di Gesù: Pietro
parla in quel modo perché ha visto Gesù pregare e intuisce, grazie allo Spirito
Santo, la sua intima relazione col Padre.
Sul monte Tabor Gesù porta Pietro, Giacomo e
Giovanni a pregare e, mentre pregano, il volto di Gesù “cambiò d’aspetto” (Lc
9,29) . La Trasfigurazione avviene perché Gesù è in comunicazione col Padre
nella preghiera. Sempre grazie alla
preghiera si manifesta il significato del Vecchio Testamento (Mosé ed Elia che
conversano con Gesù).
Nella preghiera nel Getsemani Gesù si rivolge al Padre con l’epiteto “Abbà”,
Papà, che esprime in modo del tutto originale la figliolanza di Cristo.
Nel Padre nostro Gesù ci introduce nella
relazione col Padre che è una relazione distinta da quella per cui spesso dice
“il Padre mio” , ma ne è un’estensione. Nella preghiera dell’ultima cena Gesù
fa entrare gli apostoli nella sua intimità, che è amore bruciante per il Padre
e coscienza della sua missione, che viene trasmessa agli Apostoli.
La preghiera non
si può ridurre a chiedere qualcosa nell’ambito delle necessità personali. La
preghiera è identificazione con Dio, volere la Sua volontà, accendersi dell’amore
dello Spirito Santo per tutte le creature.
In sintesi solo
la preghiera ci fa figli di Dio, fratelli di Gesù, c’innamora e ci rende onnipotenti.
lunedì 14 gennaio 2019
San Josemaría
Pochi giorni fa è stato l’anniversario della nascita di San
Josemaría Escrivá. Diceva il cardinale Ratzinger che i santi ci svelano una
parte del volto di Dio, San Josemaría ha svelato a me e a tanti lo stile di
vita cristiano che Dio chiede all’uomo d’oggi. Si dice comunemente che Escrivá ha anticipato la chiamata universale alla
santità del Concilio Vaticano II. Non solo l’ha proclamata ma l’ha vissuta: lui
per primo ha praticato le virtù cristiane nell’ambiente della vita ordinaria.
Grandi sono stati nella Chiesa le tracce che hanno lasciato San Benedetto, i
santi Francesco e Domenico, Teresa d’Avila e Ignazio, fino a Padre Pio e Madre
Teresa, assieme a tanti altri. Escrivá ha insegnato a cercare la stessa santità
in modo diverso, come la può vivere un padre e una madre di famiglia, un
giovane studente, un operaio, un professionista. Nella vita di San Francesco ha
brillato “madonna povertà”, ma come può viverla un comune cristiano? Come un
padre di famiglia numerosa e povera, suggerisce Escrivá. Il punto di partenza
per San Josemaría è il cuore, un cuore innamorato di Cristo, che ha detto: vi
do un comandamento nuovo, di amarvi gli uni gli altri come io vi ho amato. Un
dolcissimo precetto che il piccolo Escrivá ha appreso in famiglia: lo stile
famigliare è stato la sua cifra. Volersi bene curando anche le minime
manifestazioni d’affetto, vedere anime di fratelli negli altri, lavorare bene con
la responsabilità di un padre. La radice della santificazione del lavoro è
questa: un amore bruciante per Gesù, per la propria famiglia, per i propri
amici, per il proprio Paese. Un grande santo per la nostra epoca…
sabato 5 gennaio 2019
La mia vita è come un fiore di campo
La mia vita è come un fiore di campo. Oggi c’è e domani non
c’è. E’ un soffio. Questa considerazione è tratta da un salmo, cioè da un canto
rivolto a Dio. Eppure questo piccolo sussultare di vita non è senza senso: ha
una direzione. In questi giorni di Natale ho tentato di considerare questo
mistero: Dio viene verso di me, mi chiama verso di Lui. La mia breve vita non è
la luce di un lampo che si estingue: è una stella che fila verso Dio, non
svanisce.
Perché questa verità è compresa da alcuni e apparentemente
ignorata da altri? Tu lo sai Signore. Io vedo
che alcuni sono attratti dalla luce di Dio. I pastori semplici e
ignoranti vedono e capiscono. I Re Magi, i saggi, i colti dal cuore umile,
intraprendono un cammino per giungere fino al Bambino.
Erode invece si agita, vede in Te Signore un pericolo e
semina morte. I teologi che lo circondano sanno dove nascerà il Messia e sanno
tante cose ma la loro scienza non tocca il cuore: restano lì dove sono. E i
tanti preoccupati di tirare a campare, di realizzare i loro ansiosi progetti,
di evadere dalla vita troppo dura… questi sembra che non si accorgano di
niente.
Dentro di me ci sono tutti: i pastori, i Magi, Erode, i
presuntuosi inutili, i distratti. Io sono tutti loro, tutti si agitano dentro
di me e ho difficoltà ad accettarti completamente Bambino. Aiutami tu e aiuta
tutti noi. Voglio essere fra quelli che ti cercano, che ti mangiano i piedi con
i baci come voleva Sant’Alfonso dei Liguori… addolcisci il mio cuore, rendimi
desideroso dell’unica verità che dà senso, calore e luce alla mia vita. Come
diceva Santa Caterina: Gesù dolce, Gesù Amore.
domenica 23 dicembre 2018
Me piace 'o presepe
Me piace ‘o presepe
Mi piace il Natale e non lo trovo affatto una festa ormai
paganizzata: intanto continua a chiamarsi Natale il che vuol dire che qualcuno
è nato. Che poi questo qualcuno sia Dio in persona sta alla nostra fede
crederlo: una fede sempre mancante, anche la mia, per cui non mi posso
lamentare; posso invece pregare.
Tante luminarie rappresentano
la continuità con la luce che “avvolse i pastori” (Luca 2,9) e con la luce
della stella che guidò i Re Magi.
Tutti, pastori e
Magi, portano regali e noi ci scambiamo regali per questo.
I Magi sono costanti e determinati finché non raggiungono la
meta, i pastori vanno “senz’indugio” come dice San Luca (2,9) cioè di fretta,
così com’era andata Maria a trovare la cugina Elisabetta. Questa determinazione
e questa fretta m’insegnano cos’è che conta davvero.
Ho vissuto dieci begli anni a Milano e ricordo che il verbo
più usato era ed è: “scappare”. Devo “scappare”. Ma dove scappo? E da cosa
scappo? Ecco, i pastori, i Magi e Maria mi fanno capire a cosa tende la fretta
vera: cosa vale davvero la pena. Troppe volte sento il bisogno di correre o
distrarmi o divertirmi: tutti verbi che alludono al distacco da ciò che ho
intorno. Il Natale m’insegna a vedere la profondità delle cose, il significato a
cui i fatti e le situazioni alludono. Il Bambino non è solo un bambino, i doni
non sono oggetti: sono un riflesso del mio cuore; le luci sono quelle che
devono illuminare la mia mente distratta.
Ben venga il Natale di un Dio che arriva nell’umiltà e
chiede solo la mia attenzione.
Mi piace il Natale e “me piace ‘o presepe”.
venerdì 14 dicembre 2018
Terra Santa
Un mio amico napoletano è un attivo organizzatore di
pellegrinaggi in Terra Santa. Dopo l’ultimo viaggio mi ha raccontato che alcuni
partecipanti, all’inizio, si erano dichiarati atei: partecipavano solo per
motivi culturali e turistici. Il viaggio prevedeva una sosta a Betlemme dove un
francescano li aveva accolti e, saputo che il gruppo veniva da Napoli, aveva
proposto di cantare davanti alla Grotta della Natività “Tu scendi dalle stelle”
perché il canto era stato composto dal napoletano Sant’Alfonso Maria de’
Liguori. Appena si è levato il canto, gli “atei” si sono sciolti in lacrime…
L’episodio ha fatto commuovere anche me che mi sono ricordato che, accanto al
pozzo, Gesù disse alla Samaritana: “Si scires donum Dei!”, se tu conoscessi il
dono di Dio! Ecco: io non mi annovero fra gli “atei” ma nemmeno fra quelli che
si rendono conto del dono di Dio. Se riconoscessi il dono di Dio, mi preparerei
davvero al Natale… I pastori sono i primi che accorrono alla Grotta su invito
degli angeli. Erano disprezzati in Israele perché svolgevano un lavoro servile
che non consentiva di rispettare il sabato. Erano ignoranti, ma sono i primi
chiamati. Nella loro semplicità, capiscono. Io mi metto fra loro.
Vengono poi i Re Magi
che sono colti e ricchi ma umili, a differenza dei consiglieri di Erode che
sono dotti (sanno dove nascerà il Messia) ma non capiscono i disegni di Dio e
diventano complici del sovrano.
Dovrò imparare dai Magi perché si spogliano di ciò che sono
e hanno, e vengono a baciare i piedi del Bambino. Grazie alla loro umiltà
entrano a far parte dei seguaci di Gesù. Semplicità e umiltà, solo allora potrò
dire “me piace ‘o presepe” come Luca Cupiello voleva sentir dire, secondo
Eduardo.
martedì 4 dicembre 2018
Il nuovo libro di Costanza
Chi
conosce, anche sommariamente, la storia della Chiesa, sa che non esistono
trionfi. Ci sono invece lunghi periodi di persecuzioni, conflitti, eresie. Dopo
i primissimi tempi, magistralmente descritti negli Atti degli Apostoli, in cui
si sente palpabile l’azione dello Spirito Santo, già nelle lettere di San Paolo
si delineano le opposizioni, i fraintendimenti e i tradimenti. Non c’è un
periodo di pace condivisa nella storia ecclesiastica, ma s’indovina sempre
l’azione della grazia divina che nel silenzio forma i suoi santi che spargono
il fuoco di Gesù sulla terra: non solo i grandi santi, anche i santi non famosi
e riconosciuti, che tengono accesa la fiaccola della fedeltà apostolica. Ancora
a memoria d’uomo oggi si possono ricordare i periodi turbolenti del dopo
Concilio, quando venivano messe in discussione perfino le fondamentali verità
di fede. Rispetto a quel periodo le tensioni attuali nel mondo cattolico
sembrano poca cosa. Ringrazio il Signore per i santi Papi che ho conosciuto nel
corso della mia vita. Tutti grandi. In particolare va reso merito a Giovanni
Paolo II di aver capovolto la situazione. Quando fu eletto, la Chiesa sembrava
una cittadella assediata e internamente tormentata, alla sua morte il prestigio
mondiale della Chiesa aveva toccato quel vertice testimoniato dal più imponente
e partecipato funerale mai avvenuto nella storia. Ma non ci sono soltanto i “giovanni
paoli secondi”, ci sono persone che cercano di vivere il Vangelo senza chiose.
Una di queste è Costanza Miriano che certamente a questo punto mi farebbe un
elenco delle sue mancanze. Ma lei confronta i suoi difetti col modello del
cristiano vero che vive di fede. La sua testimonianza condita di umorismo e
autoironia è invece un alimento insostituibile. L’ultima sua prestazione è un
libro dal titolo azzeccato: “Diario di un soldato semplice”, il sottotitolo è
in linea: “Il Signore ama vincere con un piccolo esercito”. Anche dal titolo si
riconoscere lo stile di Dio: le vittorie del cristiano sono nel silenzio delle
coscienze e dell’amore vissuto in mezzo a tante contraddizioni. Gesù è morto quasi
da solo sulla Croce con la Mamma e un discepolo, ma si contano gli anni dalla
Sua nascita. Il mondo viene sempre salvato da un piccolo esercito, dal lievito
di cui anche Costanza è portatrice.
Un
elemento costante dei suoi scritti è un’allegria congenita che non è un
artificio letterario. Costanza è così: un temperamento vitale reso gioioso
dalla fiducia che deriva dalla fede. Non a caso i suoi libri vengono messi in
libreria alle volte nel settore “umorismo”. Quando leggi i suoi libri diventi
più gioioso e anche più vicino a Dio, perché sempre il testo si conclude con un
pensiero degno di un manuale di mistica e ascetica. Finito un capitolo passi
volentieri al prossimo perché non c’è la minima fatica nella lettura, c’è il
desiderio di leggere ancora.
Costanza
sguaina la spada solo quando si parla di aborto, di utero in affitto, di
affidare i bambini agli omosessuali: la sua natura leale si ribella alla
prevaricazione. Di colpo la simpatica indaffarata madre di famiglia diventa
Giovanna d’Arco. Il vero cristiano è uno normale ma se è necessario sa, con
l’aiuto di Dio, giocarsi la vita.
Caffé sospeso
Napoli è la città che ha inventato il caffè sospeso. Invece di pagare un caffè se ne pagano due. Nessuno se desidera un caffè e non se lo può permettere deve rimanere senza. Nessuno deve essere così solo e povero. Sono scintille d’amore. Conosco un bidello napoletano che ha adottato assieme alla moglie un bambino che non ha gambe né braccia. Solo piccoli moncherini. Devono assisterlo in tutto dal nutrirlo al portarlo in bagno o a scuola. Un mio amico campione di pallanuoto lo ha ospitato in piscina e il bambino nuota incredibilmente. Il papà ha perso il lavoro ma ora lo ha ritrovato. Fra poco festeggiano dieci anni d’amore per il piccolo Matteo circondati da stima e affetto. Napoli è una città che sta risorgendo. Ha le ali dell’amore.
Volanapoli è un’associazione che stiamo fondando con alcuni amici, fra cui il campione di cui sopra, per sostenere le mille azioni di volontariato che si svolgono. Il piccolo Matteo è la nostra bandiera.
Volanapoli è un’associazione che stiamo fondando con alcuni amici, fra cui il campione di cui sopra, per sostenere le mille azioni di volontariato che si svolgono. Il piccolo Matteo è la nostra bandiera.
domenica 4 novembre 2018
Un matrimonio felice
Tempo
fa Franco Nembrini lesse, durante una conferenza, alcuni brani di autori che si
lamentavano della gioventù a loro contemporanea. Sembravano parole attualissime
che risultarono sorprendentemente pronunciate molti secoli fa. Sempre il “dove
andremo a finire?” è stato d’attualità. Ciò non ostante io noto, e non sono
solo, che la “tenuta” dei matrimoni oggi sia fragile. Più che chiedersi il
perché, penso sia utile guardare a quegli esempi di matrimoni felici che
esistono, in buon numero. Recentemente il Papa ha ribadito che la preparazione
al matrimonio deve essere accurata. Ho un caro ricordo di Leonardo Mondadori,
allora presidente della casa editrice, che mi chiese, anni fa, di indicargli un
autore capace di scrivere un libro esplicativo della realtà del matrimonio.
Un’autrice brillante che tratta questo tema è
Costanza Miriano, spiritosa e profonda a un tempo. Per una migliore conoscenza
delle differenze psicologiche fra l’uomo e la donna, sono preziosi i libri di
Mariolina Ceriotti Migliarese pubblicati dall’Ares. Un libro che mi ha
incantato descrive il matrimonio, durato più di sessant’anni, di una coppia
siciliana. Una storia che nasce durante la guerra e che è continuata ad un
altissimo livello di delicatezza e sensibilità. Il titolo è eloquente “Ti
prometto un viaggio felice” e la tenera scrittura di Giusi Sorci dimostra come
la promessa sia stata mantenuta alla grande. L’originalità del libro sta nel
fitto carteggio della coppia di fidanzati che dimostra come un matrimonio ben
riuscito affondi le sue radici in una preparazione intelligente oltre che affettiva.
Si tratta di un vero corso di preparazione al matrimonio svolto non in teoria
ma su una testimonianza viva. I tanti anni passati non contano perché il cuore
umano è sempre lo stesso. L’editore è
l’Ares. Buona lettura
giovedì 1 novembre 2018
Dio e me
Mi
ha sempre colpito il fatto che Dio si adatta a noi. Le apparizioni di Fatima e
di Lourdes (che non sono verità di fede ma considerate veritiere dalla Chiesa)
hanno presentato la Madonna che parla non solo nel linguaggio proprio dei
fanciulli portoghesi e di Bernadette ma in modo adeguato alla loro mentalità. A
Guadalupe, in Messico nel 1531, Maria appare vestita come un’india, come si
vede nell’immagine lasciata sulla veste di Juan Diego, e i locali precisano che
l’abito è quello di un’india incinta. Sono piccoli indizi di fronte alla prova
maggiore di un Dio che si fa uomo come noi e che ci apre la strada della felicità
in terra e in cielo. Nei racconti dei mistici le realtà soprannaturali si
presentano in modo adeguato alla loro mentalità. A pensar bene tutta la
creazione ci parla di Dio. Se Dio si adegua alle creature, le creature parlano
di Dio e la sua firma è la bellezza del creato.
Istintivamente
io resisto all’idea di un Dio che è riverso su di me come un padre: non tutto accade
come io vorrei. Ma, se ci penso bene, anche un bambino patisce delle
contrarietà da parte di suo padre: non può giocare con la scatola dei
fiammiferi, non deve buttare tutto per terra… Ecco allora che le contrarietà
della vita si presentano come una pedagogia di Dio nei miei confronti. Il
modello resta Gesù, che è davvero figlio del Padre e che pure trova, al momento
della croce, difficoltà nell’adeguarsi alla volontà di Dio. Devo capire che Dio
si adatta a me, mi accetta come sono, posso parlargli col mio linguaggio e con
il mio goffo modo di essere. Nello stesso tempo la mia strada felice è quella
di Gesù: adeguarmi alla volontà di Dio. Dio per me e io per Lui.
lunedì 15 ottobre 2018
La preghiera
Ci
sono tanti modi di pregare. In fondo la preghiera è una relazione con una
persona divina (anzi Tre) ed è logico che il modo di relazionarsi sia vario. Ho
imparato da San Josemaría ad avere un atteggiamento confidenziale. Alle volte
si tratta di stare in silenzio ad ascoltare, altre volte chiedo lumi su aspetti
della mia vita. Gesù ha dato una serie di istruzioni sulla preghiera: il suo
stesso esempio (la notte passata in preghiera prima della scelta degli
apostoli, i quaranta giorni nel deserto…), il Padre nostro e sulla liberazione
dai demoni. “Certa
specie di demoni si scaccia solo con la preghiera e col digiuno” (Mt 17,21). Il
tono di Gesù è incoraggiante: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a
chi bussa sarà aperto” (Luca 11,9). E nel vangelo di San Giovanni (14,13-14) la
promessa è ancora più esplicita: “E qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò,
affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se chiedete qualche cosa nel
nome mio, io la farò”. Il tutto
per la glorificazione del Padre non certo per un desiderio arbitrario della mia
volontà.
Sono giunto
alla conclusione che se da una parte devo trasformare il lavoro in orazione,
dall’altra devo trasformare la preghiera in lavoro. La costruzione del regno di
Dio sulla terra si ottiene pregando il Padre nel nome di Gesù. Perciò il mio
apostolato si costruisce passo dopo passo chiedendo grazie a Dio nel nome di
Gesù.
giovedì 11 ottobre 2018
L'etica
I miei
genitori erano brave persone ma non erano cristiani praticanti. Da bambino la
sera andavo a letto senza le preghiere della mamma, da piccolissimo una ninna
nanna e poi basta. Conoscere san Josemaría Escrivá è significato scoprire una
familiarità con Dio che per me non era abituale anzi era impensabile. La sua “presenza
di Dio” era esemplare, si notava. Sono passati tanti anni da allora e questo
continuo dialogo con Gesù si è andato radicando dentro di me. E’ come la barra
del timone della mia vita. Sempre di più mi affido al vento dello Spirito Santo
per la mia navigazione. L’esperienza mi ha insegnato che fare troppi progetti
non ha senso: la Provvidenza provvede, e mi trovo molto meglio.
In questi
giorni mi hanno proposto di fare un intervento formativo sull’etica del lavoro ai
neo ingegneri che s’iscrivono all’Ordine. Le uniche considerazioni che mi sono
venute in mente sono quelle ben note di Dostoevskij e
di Sant’Agostino. L’uno fa dire a Ivan Karamazov: “se Dio non esiste, tutto è permesso”, l’altro
scrive: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Come si fa a parlare di etica senza parlare del
rapporto vivo, personale con Dio? Senza Dio l’etica diventa un’etichetta, una
serie di regolette pratiche di comportamento che lasciano il tempo che trovano.
Se insistono a invitarmi li avvertirò che parlerò della familiarità con Dio.
Quella che ho appreso, senza alcun merito da parte mia, da San Josemaría.
giovedì 27 settembre 2018
ll battito del cuore
Le piccole mortificazioni devono
essere costanti come il battito del cuore, diceva San Josemaría. Chi non avesse
idea del rapporto del cristiano con Gesù penserebbe che si tratta di un
pensiero angosciante. Invece no.
Significa in ogni situazione mantenere vivo il dialogo col Signore. La mattina
suona la sveglia, sono sprofondato nel sonno: mi alzo o non mi alzo… Gesù è la
prima occasione per manifestarti il mio amore, e mi alzo. Dovrei fare ordine ma
non mi va, preferirei fare un’altra cosa, anch’essa buona, ma l’ordine della
giornata richiede di fare il punto. Gesù per amor tuo mi fermo e scrivo la
scaletta di cose da fare. Così via. A
tavola servono i fagiolini: quei cosini verdi che non sanno di niente. Invece di
chiedermi ad alta voce come mai la creazione ha previsto i fagiolini, ne prendo
un po’ e penso: Gesù, ci metto un po’ d’olio e aceto così avranno un sapore. Lo
faccio per te. La sera fin da bambino non mi è piaciuto andare a letto. Mia
madre aveva una canzone che dichiarava l’inizio delle ostilità (a Napoli una
canzone serve sempre): Catarì… A quelle note cominciavo a scappare e l’inseguimento
diventava un gioco che finiva con la distesa a letto. Ora che ho qualche anno
in più, devo pensare che l’indomani mi sveglierò con difficoltà se faccio tardi
e allora: Gesù vado a letto per te. Sono tante le occasioni per non fare ciò
che devo e questo battito del cuore, del cuore napoletano, mi aiuta. Preciso che
non sempre sono vittorie…
sabato 22 settembre 2018
I 90 anni dell'Opus Dei
Il 2
ottobre di quest’anno l’Opus Dei compie 90 anni. Un’età veneranda per una
persona ma un età da teenager per
un’istituzione che dovrebbe vivere per secoli. Novant’anni fa un sacerdote innamorato
di Dio, Josemaría Escrivá, vide ciò che il Signore gli chiedeva. La sua storia
è una storia d’amore. A quasi 16 anni vide d’inverno le orme di un carmelitano
scalzo sulla neve: “Si può amare Dio fino a questo punto!” pensò, e seguì
quelle orme fino a incontrare quel carmelitano, che gli propose di farsi
religioso. Sentiva però che il Signore gli chiedeva qualcosa di diverso e pensò
di entrare in seminario per rendersi disponibile a una chiamata che avvertiva
ma che non aveva compreso fino in fondo. Suo padre, che non aveva mai visto
piangere, né prima né dopo, si commosse ma non si oppose e il giovane rinunciò
al sogno di fare l’architetto e si fece sacerdote. Dopo due anni di sacerdozio
arrivò la luce: bisognava aprire i cammini divini della terra, cioè riportare ogni cristiano al fervore richiesto da Gesù,
come quello dei primi cristiani. Una profonda vita di pietà, un’intensa formazione
cristiana e nello stesso tempo l’impegno nel lavoro, nella famiglia, nella
società civile. “Non siate mai uomini o donne di azione lunga e di orazione
corta” scriveva nel punto 937 di Cammino.
Contemplativi in mezzo al mondo. Finalmente una saldatura fra la vocazione
cristiana e la vita civile proposta come normalità non come eccezione.
La sua
vita è stata la sua proposta: innamorato di Gesù e di Maria viveva per primo
ciò che insegnava. Grande cuore, grande amore e precisione nel lavoro,
puntualità e altre virtù umane. Conoscerlo è stata una rivoluzione interiore,
una scossa. Ora tocca a noi non deludere le aspettative di Gesù, non distrarsi
e deviare. Cor Mariae dulcissimum iter para tutum!!!
giovedì 23 agosto 2018
L'allegria
“Darsi
sinceramente agli altri è di tale efficacia che Dio lo premia con un’umiltà
piena di allegria” (Forgia 591”). E’ un pensiero di San Josemaría di grande
semplicità ma molto saggio. Parla di umiltà che è sempre collegata con l’allegria.
Quando penso ai miei diritti, a ciò che mi spetta, ai riconoscimenti che
meriterei, divento pesante e antipatico. Se invece mi preoccupo degli altri
vengo attirato in un mondo in cui sono spettatore e anche umile servitore (come
disse Joseph Ratzinger quando fu eletto papa). Ogni persona è un mondo: essere
disposti ad entrare in punta di piedi in quel mondo è sempre una scoperta. Imparo
e verifico che gli altri sono più buoni di me: hanno tante cose da insegnarmi.
La
disponibilità alla volontà di Dio è fondamentale. “Manca la gioia? Pensa: c’è un
ostacolo fra Dio e me. Indovinerai quasi sempre”(Cammino 662). Da questo punto
di vista quando avverto una punta di tristezza o scoraggiamento mi sembra come
una spia rossa nel cruscotto dell’auto. C’è qualcosa che non va con Dio. Per
quanto riguarda me, toglierei quel “quasi”. Direi che sempre quando mi rivolgo
a Dio la tristezza scompare.
venerdì 17 agosto 2018
Mortificazione e allegria
Le
persone più allegre che ho conosciuto erano persone che sapevano vivere gioiosamente
lo spirito di penitenza. Persone che sapevano godere delle cose belle della
vita e mantenere la serenità nei momenti avversi, preoccupandosi degli altri anche
in prossimità della morte. La tristezza è l’alleata del demonio. Chi si
allontana da Dio porta con se’ un fermento d’insoddisfazione: diventa
problematico e superficiale, fa discorsi oziosi, percorre itinerari che non
portano da nessuna parte. La vita di un uomo di fede, pur in mezzo alle
manchevolezze, è come una freccia che viaggia in direzione della vita eterna.
Una vita di gioia che incomincia su questa terra.
Più
che parlare di mortificazione si dovrebbe parlare di “vivificazione”. Offrire a
Gesù le contrarietà della giornata, passare al di sopra delle sgarberie
ricevute, lasciare agli altri le cose migliori a tavola e così via… non sono solo
un allenamento dell’anima e del corpo, sono una maniera di continuare la mia
preghiera che sembra sempre insufficiente. Mortificarsi è amare di più Gesù e
amare maggiormente gli altri. Voler bene è divinizzarsi. Gesù dice “siate
perfetti” dopo avermi insegnato che devo perdonare come Dio mi perdona. La
perfezione è questa: assomigliare a Dio nell’amore. Forse qualcuno non gradisce
le mie manifestazioni di affetto: è il momento di voler bene senza riscontri,
come Gesù che ebbe incomprensioni e anche il tradimento da chi gli stava più
vicino. Signore insegnami a voler bene.
sabato 11 agosto 2018
A Maria
In vista della festa di Maria pubblico la preghiera che Le rivolgo ogni mattina:
Maria, madre e regina mia,
dammi la felicità di saper amare. Soprattutto quelli che sono vicino a me, malgrado i loro difetti e grazie ai loro difetti. Perché questa è la vera felicità: saper voler bene. Questa è la mia vocazione, a cui mi chiami col tuo esempio.
dammi la forza di essere buono. Le cattiverie mie e altrui sono conseguenza della debolezza. Con la tua forza saprò essere buono, sereno e comprensivo.
dammi la serenità di vedere in ogni avvenimento, anche doloroso, la mano della Provvidenza e la forza redentrice della sofferenza. Ricordami che ogni dolore ha un valore fecondo quando è unito alle sofferenze di tuo Figlio.
difendimi dalla tristezza, che è l'alleata del nemico, e aiutami a essere fonte di gioia e ottimismo per quelli che mi stanno attorno.
Ti bacio caramente come tuo figlio piccolo, stammi vicino. Ogni mia preghiera e azione cominci con te e finisca con te.
dammi la felicità di saper amare. Soprattutto quelli che sono vicino a me, malgrado i loro difetti e grazie ai loro difetti. Perché questa è la vera felicità: saper voler bene. Questa è la mia vocazione, a cui mi chiami col tuo esempio.
dammi la forza di essere buono. Le cattiverie mie e altrui sono conseguenza della debolezza. Con la tua forza saprò essere buono, sereno e comprensivo.
dammi la serenità di vedere in ogni avvenimento, anche doloroso, la mano della Provvidenza e la forza redentrice della sofferenza. Ricordami che ogni dolore ha un valore fecondo quando è unito alle sofferenze di tuo Figlio.
difendimi dalla tristezza, che è l'alleata del nemico, e aiutami a essere fonte di gioia e ottimismo per quelli che mi stanno attorno.
Ti bacio caramente come tuo figlio piccolo, stammi vicino. Ogni mia preghiera e azione cominci con te e finisca con te.
mercoledì 8 agosto 2018
Dio mi ama?
Non è
stato facile per me credere pienamente che Dio ci ama. Viene spontaneo dire
davanti alle situazioni dolorose: e Dio dov’era? A parte il fatto che molte
situazioni sono dolorose perché Dio è stato cacciato. Nei campi di
concentramento, nei gulag e nelle guerre Dio sembrava non esserci perché era
stato esplicitamente rifiutato… Restano comunque i dolori della vita che a
volte si sommano e sono acuti…
Ultimamente
mi ha convinto una considerazione: come sarebbe la mia vita senza il dolore,
senza le contraddizioni? Se tutto andasse liscio, se tutti approvassero il mio
modo di essere, se non trovassi alcun inciampo? Sarei un presuntuoso
insopportabile. Ecco che il dolore appare come una medicina per l’anima perché
mi fa capire il mio limite. Il bambino cerca la mamma quando soffre e così le
contraddizioni mi spingono verso Dio. Anche la bellezza e la bontà mi fanno
scoprire Dio ma, come in un quadro di Caravaggio, la luce ha bisogno dell’ombra
per farmi capire la realtà.
Non è una
considerazione geniale ma ben si aggiunge a quella fondamentale: credo che Dio
mi ama perché ha sparso il suo sangue per me. Ha calpestato questa terra, ha
fatto e ha detto cose buone. Il sacrificio di Abramo che dona il figlio era una
figura dell’espressione dell’amore massimo che si è rivelato in Gesù.
Posso
stare tranquillo: Dio mi ama anche se la mia mente incerta non riesce a capirlo
in pieno.
mercoledì 1 agosto 2018
Un Dio creativo
Le vacanze estive sono un richiamo all’aspirazione al dolce
far niente che ciascuno si porta dentro. Finalmente posso “staccare”! ma c’è il
rischio, per me almeno, di staccare attaccandosi al nulla, cercando di
ritornare alla condizione di bambino con i sonni profondi e il desiderio di
giocare senza impegnarsi davvero in niente: quel tempo sdraiato sulla sabbia
guardando le nuvole oppure quei giochi e avventure che allora erano appaganti.
Tutto questo è molto umano e anche bello ma ogni anno riscopro che le vacanze
sono un momento adatto per restaurare le relazioni. Per chi è sposato la
relazione con la moglie colla rinnovata disposizione del primo amore, con i
figli che ricordano per sempre ciò che si fa per loro (chi può dimenticare la
persona che gli ha insegnato ad andare in bicicletta senza le rotelline
laterali, o che lo ha fatto nuotare senza salvagente per la prima volta?). Con
gli amici si ha la possibilità di parlare con maggiore profondità e serenità… E
poi c’è la relazione con Dio. Mi piace ripetere che Dio non solo è creatore ma
anche creativo. Guardare la natura offre continui spunti. Ho la possibilità in
questi giorni di nuotare e rivedere una gran quantità di pesci che ogni anno mi
meravigliano. I saraghi sono elegantissimi sia quando sono piccolini che più
grandi. Portano una striscia nera sulla coda argentea e alcuni anche dietro la
testa. I più grossi vanno da soli con maestosità muovendo leggermente la coda
che, all’occorrenza, è pronta per imprimere una velocità sfrecciante. Le orate
suggeriscono irrimediabilmente un piatto in cui mangiarle ai ferri (lo ammetto)
ma mi conforta vederle libere a mezz’acqua. In cielo ci sono i gabbiani che, a
differenza dei colleghi di città, suscitano simpatia specie quando insegnano a
volare ai piccoli ormai cresciutelli che si riconoscono dalle penne grigie e
pigolano, a differenza dei genitori che sembrano emettere risate sguaiate.
Potrei continuare con gli scogli di moquette viola e con i
pesci colorati. Mi fermo per ringraziare Dio che mi fa capire che ci sono più
cose in cielo e in terra che nella mia filosofia, come diceva Amleto.
lunedì 2 luglio 2018
La Santa Messa
Quando cominciai a frequentare un centro dell’Opus Dei a Napoli rimasi colpito dal modo con cui quei ragazzi assistevano alla Santa Messa. Ognuno aveva un messale e seguiva attentamente lo svolgersi della cerimonia. Le risposte ad alta voce erano chiare e distinte, si avvertiva la stessa concentrazione di quando un innamorato dice parole d’amore all’innamorata. Quella devozione mi aiutò a scoprire meglio il significato inesauribile della Messa. Ricordo in particolare come vissi con loro per la prima volta il triduo della Settimana Santa: la Messa del Giovedì Santo, la funzione del Venerdì Santo e infine l’esplosione del Gloria nella veglia del Sabato Santo quando si contempla la Risurrezione di Gesù. Non sempre sono riuscito a mantenere quella concentrazione ma almeno la desidero e cerco di non consentire all’abitudine di stendere il velo dell’indifferenza, così come nell’amore umano è vitale quella creatività che rende diverso ogni momento passato insieme.
domenica 17 giugno 2018
L'originalità e il realismo di San Josemaría
Il mio riavvicinamento alla fede, dopo la parentesi adolescenziale, avvenne grazie ai figli spirituali di San Josemaría Escrivá. Il loro messaggio spirituale aderiva alla mia condizione di studente e di giovane che viveva nelle circostanze abituali della vita. Quel messaggio traeva la sua forza dalle origini del Nuovo e Antico Testamento. La santificazione del lavoro e dell’amore umano risalivano ad Adamo, posto nel Paradiso Terrestre per lavorare, e al suo amore per la donna, Eva, manifestato in termini di gratitudine a Dio.
Lo slancio della fede proposto da San Josemaría prendeva a modello i primi cristiani che continuavano a vivere nelle abituali condizioni ma dediti alla preghiera e sensibili alle ispirazioni dello Spirito Santo; disposti a dare alla Chiesa tutti i loro beni; apostolici anche senza un esplicito mandato, come fecero Aquila e la moglie Priscilla con l’intellettuale Apollo.
Quei giovani mi parlavano di unità di vita, cioè di coerenza nelle molteplici situazioni. Mi parlavano di libertà responsabile nelle scelte professionali e politiche: una novità allora e anche adesso. Saper coniugare l’io e non il noi. Non sentirsi mai rappresentanti ufficiali dell’Opus Dei o della Chiesa ma dimostrare coi fatti e non coi distintivi lo spirito cristiano.
Tanta originalità mi piaceva. Proponevano uno stile di vita cristiana (che tiene conto del lavoro per sostenere la famiglia, dell’amore coniugale e così via) non mutuato dalle spiritualità dei benedettini, dei francescani, dei domenicani e altri religiosi il cui punto di partenza era la vita conventuale o monacale: una realtà stupenda in sé e per loro, ma che diventava una forzatura per il normale cristiano che vive una diversa condizione di vita.
Nella festa di San Josemaria che cade il 26 giugno ringrazierò Dio per questo dono spirituale, originale e realistico a un tempo.
www.pippocorigliano.it
domenica 10 giugno 2018
I circoli di San Josemaría
Fin
dall’inizio mi ha colpito l’originalità di San Josemaría Escrivá nel diffondere
uno stile laicale di santità. Originalità perché tornava alle origini. Nel
Paradiso terrestre il primo uomo viveva un rapporto filiale con Dio, l’amore
entusiasta per Eva e l’impegno nel lavoro, esercitato come continuazione della
creazione. Vita spirituale, famiglia e lavoro, temi cari a San Josemaría, erano
già presenti all’origine.
Gesù
mandò i suoi a evangelizzare le genti trattandoli come amici: “Vi ho chiamati
amici”. Il canale naturale della testimonianza cristiana era per San Josemaría
l’amicizia.
I
primi cristiani ricevevano una formazione continua. San Josemaría impartiva personalmente
ai giovani lezioni di vita cristiana: li chiamava “circoli” e toccavano i vari
aspetti di un cristianesimo pratico: l’unità di vita (essere coerenti), la vita
interiore, lo Spirito Santo, la direzione spirituale, la sincerità,
l’organizzazione della giornata costellata di appuntamenti con Dio (che lui
chiamava “piano di vita”), l’ordine, la preghiera, la presenza di Dio, il pudore,
la penitenza, lo studio, il buon uso del tempo… e così andare. Considerava
fondamentale questa formazione. Questi temi incidevano nella vita del ragazzo
che ero io e li riesaminavo nel colloquio col sacerdote o con l’amico più
esperto. Mi è rimasto chiaro che l’asse attorno a cui ruota la vita del
cristiano sta in questa formazione continua, fatta di abbandono in Dio e di
impegno personale. “Non
dire: “sono fatto così..., sono cose del mio carattere”. Sono cose della tua
mancanza di carattere: sii uomo …” (Cammino n.4). Non può esserci vita
cristiana generosa senza questa benedetta insistenza sugli aspetti che
consentono allo Spirito Santo di entrare nella nostra vita. Sono temi
indispensabili soprattutto quando si è giovani…
domenica 3 giugno 2018
La preghiera
“Qualsiasi
cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà” (Giovanni 16,23). E’
una frase di Gesù che m’induce alla preghiera di richiesta. Ultimamente l’ho
riscoperta e quando devo chiedere qualcosa dico: “A Dio Padre Onnipotente per i
meriti di Gesù Cristo e con l’aiuto dello Spirito Santo, per intercessione di
Maria, ti chiedo questo”. Qualcuno potrebbe obiettare: hai aspettato tanto
tempo per giungere a questa chiarezza? Non lo so. So che ora faccio così. Finora
ho avuto dei riscontri consolanti anche se alcune cose che chiedo sono a così
lungo termine da non poter verificare immediatamente. Sono contento di questa
riscoperta assieme all’altra che mi ha suggerito un incontro col Cardinal
Robert Sarah che ha scritto un libro sulla forza del silenzio. La confidenza
con Dio porta a comunicare ciò che ho dentro ma mi è utile anche fare silenzio
e restare solo con Gesù, lo Spirito Santo e Maria. Evito così che la mente vada
appresso a tante incombenze e, soprattutto, ascolto. Non rimango mai deluso
anche se non sempre avverto ispirazioni esplicite. Sempre più mi è chiaro che
non vale la pena fare troppi progetti: io sono una piccola cosa che disturba
ciò che Gesù opera in me e attraverso di me. Penso di meno e mi affido a Gesù.
Trasmetto volentieri la mia esperienza personale perché, come dice Papa
Francesco, c’è il rischio di essere pelagiani cioè pensare che il bene è frutto
del nostro sforzo. L’impegno serio viene poi spontaneo ma non a caso Gesù ha
detto: “Non vi affannate”(Matteo 6,25), che sembra un consiglio napoletano:
signurì nun v’affannate. Non è comodità. E’ fede. Quella del granello di
senape.
venerdì 25 maggio 2018
La gioia
Lo Spirito Santo porta la gioia. Quando l'Arcangelo San Gabriele saluta Maria dice in realtà "gioisci" anche se in italiano è stato tradotto con "ti saluto" o "ave". Gioisci: un verbo che nella Bibbia viene utilizzato soltanto quando un profeta preannuncia la venuta del Messia. In Sofonia,3 si legge: "Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!". Elisabetta fu ricolma di Spirito Santo quando ricevette Maria e il bambino sussultò di gioia nel suo grembo. I Re Magi quando trovarono il bambino "gavisi sunt gaudio magno valde", letteralmente: si rallegrarono fortemente per la gran gioia. Adamo quando vede per la prima volta Eva esplode di gioia. Il Signore ha accenti di gioia quando loda Abramo per la sua obbedienza e gli predice una discendenza infinita. Così come con gioia promette a Salomone che gli concederà non soltanto la docilità del cuore, che lui ha chiesto, ma aggiungerà ricchezza, onori e vittorie.
Non è vero che avvertiamo una gioia particolare dopo la confessione? Sant'Agostino è il cantore della presenza dello Spirito Santo nel cuore: una presenza intima, più intima di me stesso (intimior intimo meo, Confessioni, III, 6). Si dice che il concetto di Trinità è imperscrutabile fino in fondo ed è vero, ma per me, come per ogni cristiano, è naturale rivolgersi a Dio Padre per ottenere una grazia, conoscere sempre meglio il Figlio leggendo il Vangelo e ritrovare il sussurro di Dio nel mio cuore avvertendo la presenza dello Spirito Santo. Quando la mia volontà accetta di aderire alla volontà di Dio una gioia grande s'impossessa nel cuore ed è lo Spirito Santo a donarla.
venerdì 18 maggio 2018
lo Spirito
Mi ha sempre colpito il racconto della discesa dello Spirito Santo su Maria e i discepoli come si legge nel capitolo secondo degli Atti degli Apostoli. Avviene qualcosa di scenografico: il rombo di un vento impetuoso e lingue di fuoco sul capo di ciascuno. Ma ciò che mi meraviglia e mi fa pensare è il fatto che già da tempo gli Apostoli avevano visto e sentito cose meravigliose come i miracoli di Gesù e soprattutto la sua risurrezione. Tommaso aveva messo la sua mano nelle piaghe di Gesù, avevano visto Gesù risorto mangiare per chiarire che non era un fantasma ma un vero corpo glorioso. Ciò non ostante non escono gridando per le strade, rimangono silenziosi e riuniti a pregare. Solo quando arriva lo Spirito Santo c'è l'esplosione apostolica: parlano alle folle e una gran folla si converte. Perché il Signore ha disposto le cose in questo modo? Evidentemente per farmi capire che da solo non sono capace di trasmettere il Vangelo. Solo con lo Spirito Santo si può svolgere un'azione efficace, si possono toccare i cuori. Mi lascia interdetto questa collaborazione fra Dio e l'uomo. Specialmente nella nostra epoca, con la cultura del farsi da sé, mi sento portato a progettare grandi strategie per far conoscere Gesù e invece il Signore mi dice "stai quieto, prega e le cose andranno da sé e avrai la certezza che è la grazia di Dio che agisce. Piuttosto cerca di essere umile e possibilmente allegro perché la gioia è la prima conseguenza della presenza dello Spirito". Quando è che mi muovo bene? quando ho il fuoco dentro e il fuoco l'accende lo Spirito Santo. Se penso alla banalità della mia vita se non avessi incontrato Gesù... E riesco a capire Gesù se è lo Spirito Santo che me lo fa comprendere.
mercoledì 25 aprile 2018
L'errore di Marta
In questo periodo il pensiero va ad alcune persone che hanno
smarrito il senso della loro sequela a Cristo e anche alle istituzioni che
hanno perso il loro impeto apostolico. Mi pare di aver trovato un bandolo della
matassa che si riassume nel rimprovero che Gesù fa a Marta, la sorella di Maria
e di Lazzaro:" Marta,
Marta, tu ti preoccupi e ti inquieti per molte cose; ma una sola cosa è
necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà
tolta"(Luca 10,42). Il punto su cui non avevo riflettuto prima è che Marta
fa delle cose buone. Sta preparando da mangiare per Gesù e vuole assicurare
l'accoglienza a Lui e al suo seguito. Cosa c'è di meglio? Il meglio c'è,
ed è quello che fa Maria: capire chi è Gesù e perciò fermarsi ad ascoltarlo,
non perdere la sua compagnia. L'inizio della perdita di senso nell'impegno di
seguire il Signore sta proprio nel fare "altro" e questo altro non è
una cosa cattiva ma una cosa buona che però non è "quella" che si
deve fare. S'interrompe senza accorgersene il canale dello Spirito Santo.
S'incomincia a parlare di libertà, si ascoltano varie opinioni, soprattutto le
proprie, e ci si immerge nell'azione che a lungo andare diventa assordante.
Così capita alle istituzioni apostoliche: tante opere benefiche ma si smette di
trasmettere Gesù, soprattutto ai giovani: le vocazioni calano e si dà la colpa
alle situazioni sociologiche. Chiedo a Gesù di darmi e di darci lo spirito di
Maria, la sorella saggia che si nutre della presenza di Gesù.
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