venerdì 26 febbraio 2021

QUARESIMA

 Da ragazzo avevo un’idea molto approssimativa della Quaresima. Ricordo che si trattava soprattutto di digiuno e astinenza dalle carni: una serie di normative che venivano, almeno nel mio ambiente, prese un po’ sul serio solo alla vigilia della Pasqua e nulla più. Sempre meglio mi accorgo che ciò che conta è l’atteggiamento interiore di imitazione di Gesù che dà senso a queste normative, che altrimenti resterebbero prive del senso vero. Gesù si ritira nel deserto per 40 giorni e quaranta è un numero simbolico che richiama i 40 anni del popolo eletto nel deserto e altro ancora. Mi rimane chiaro che questa è un’occasione per andare alla radice del mio rapporto con Dio. Il deserto è il luogo del silenzio, della solitudine, l’allontanamento dalle vicende quotidiane, dal rumore e dalla superficialità (G. Ratzinger). E questo è il punto. La Quaresima è l’opportunità per diventare un cristiano vero. Quando mi convinco di questo allora il digiuno acquista il suo senso: trovare nella sobrietà quella leggerezza di spirito che mi rende sensibile ai richiami della fede. Allora anche le norme dell’astinenza e digiuno sono desiderate e considerate opportune perché io, come tutti, ho bisogno della solidità dei fatti affinché lo spirito segua.

Il deserto è il luogo dove Gesù m’insegna a rispondere alle tentazioni del demonio. La risposta chiave è: “Non di solo pane vive l’uomo, ma d’ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Luca 4 e Matteo 4). La realtà che mi circonda induce a pensare che la questione del pane, cioè del lavoro e del benessere mio e altrui, è al primo posto. Quando c’è la salute c’è tutto dice il detto popolare. E invece no. C’è tutto quando sono in sintonia con Dio. C’è tutto quando mi sono confessato e quando concepisco la vita come una missione per conto di Dio, come ripetevano non a caso  i Blues Brothers. Anche se lo dicevano quegli strampalati non cessa di essere una verità. Se non faccio così anche il pane mi diventa amaro e non si risolvono le questioni sociali, perché i mezzi per dare pane a tutti ci sono: manca l’efficace volontà di realizzare la giustizia e la carità sociale.




martedì 23 febbraio 2021

San Giuseppe

 Il desiderio spirituale di un buon cristiano è quello di mantenere la presenza di Gesù nel proprio cuore lungo la giornata. Ciò non ostante mi capita di pensare totalmente ad altro e di ritrovarmi a chiedermi come ho fatto a dimenticare Gesù per un bel po’ di tempo. Mi conforta aver sentito dire a san Josemaría che più volte al giorno riviveva la parabola del figliol prodigo. Un ragazzo presente gli chiese: “Padre come è possibile? Il figliol prodigo si allontana e torna dopo un certo tempo”. E il Padre confermò che gli capitava proprio questo. Noi ci meravigliammo perché era evidente la presenza continua di Dio nei pensieri e nelle azioni di San Josemaría, ma l’episodio ci confortò perché a noi capitava e capita la stessa cosa. Fra parentesi, il ragazzo che gli fece la domanda ora è un sacerdote: don Diego.

Come mi è stato consigliato, si possono prendere accorgimenti per risvegliare il ricordo: mantenere un piccolo crocifisso sul tavolo o altro del genere. Il Papa ha dedicato a San Giuseppe quest’anno e un amico mi ha chiesto: “perché non scrivi una preghiera a San Giuseppe breve come l’Ave Maria? Le preghiere per San Giuseppe sono un po’ lunghe e anche un troppo lamentose”. Ho scritto per me e per il mio amico questa preghiera: 

Ave Giuseppe che hai protetto la vita di Gesù,

col tuo lavoro lo hai sostenuto e col tuo esempio lo hai educato

chiedi per noi la grazia di vivere seguendo la volontà di Dio.

San Giuseppe, padre mio,

aiutami a morire come te, in compagnia di Gesù e di Maria

La mantengo scritta sullo schermo del computer. Al mattino e più volte al giorno la rileggo e così faccio un po’ meno il figliol prodigo.