giovedì 13 novembre 2014

La coscienza dei laici cristiani: occorre alzare l'asticella

 

Nel 2015 saranno cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II e si farà un bilancio. La chiamata universale alla santità sarà il tema dominante: un tema che riguarda soprattutto i laici perché non ci sono dubbi sulla chiamata alla santità per il clero e gli ordini religiosi. In questi anni lo Spirito Santo ha suscitato uomini e donne carismatici che hanno aperto nuove strade. Ammettiamolo: la grande novità del dopo Concilio sono stati i movimenti. Ci sono diversità fra loro perché lo Spirito soffia dove vuole e segna per ognuno un cammino diverso. Si potrebbe dire con accostamento irriverente che lo Spirito Santo è insuperabile in quanto a marketing. Fra queste realtà così varie c’è un denominatore comune: occorre farla finita con una concezione mediocre della vocazione del cristiano comune. Occorre che cambi la mentalità del gregge e dei pastori. Bisogna alzare l’asticella dell’esigenza e rivedere il criterio con cui si forma la coscienza dei laici. Il laico cristiano deve avere il cuore in cielo come i mistici, e deve, d’altra parte, vivere in pratica le virtù richieste dalle circostanze professionali, familiari, sociali, culturali, ecc. Il modello non lo troviamo tanto nei santi classici del messale quanto in San Giuseppe, padre e lavoratore, e nei primi cristiani, come sono descritti  negli Atti degli Apostoli e nella prima letteratura cristiana: lavoratori in mezzo al mondo pieni di fede, capaci di dare i loro beni e la stessa vita. Dobbiamo ripartire da lì.

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