Odoardo è sullo sfondo
In primo piano a sinistra San Josemaría
Urio, Lago di Como. 1968
Aveva
un amore grande all’Opus Dei e a San Josemaría: lo manifestava senza troppe
parole ma con uno sguardo intenso. Aveva fatto grandi cose per la crescita
dell’Opera in Italia ma non ne parlava cosicché a noi che siamo venuti dopo
restano nella memoria soprattutto i suoi detti sapienziali: comunicava dati di
esperienza in forma sintetica e da ingegnere. Per esempio. Qual è l’età ideale
per una ragazza che si sposa? “L’età del marito diviso due più sette. Se è più
giovane, meglio”. Si rideva per queste affermazioni da ingegnere ma si capiva
che c’era un pensiero, una saggezza di fondo. Qual è la traiettoria ideale di
un’auto in curva? Quella più larga (contrariamente all’istinto che porta a
stringere): è la cosiddetta “legge del pirolo” che Odoardo aveva codificato.
Basta verificare. Come si comporta il tempo atmosferico? Odoardo spiegava che,
nel nostro emisfero settentrionale, le perturbazioni vanno da Ovest a Est. La
perturbazione è un vortice che ha un senso antiorario. L’approssimarsi della
perturbazione è caratterizzata quindi dal vento del sud fino all’arrivo del
centro del vortice, con tuoni, pioggia, venti disordinati per poi passare al
vento di tramontana, segno del bel tempo che arriva. Uno schema semplificato ma
utile. Non sempre le perturbazioni hanno le stesse dimensioni, possono
prenderci di striscio passando sopra o sotto il punto in cui siamo, possono
essere più o meno veloci e consistenti, però la legge generale con cui
procedono è sempre quella. Quando consulto le previsioni del tempo, Odoardo mi è
presente.
Quanto
abbia fatto Odoardo per lo sviluppo dell’Opus Dei in Italia è difficile
riassumerlo. Grazie ai ricordi di Antonpaolo Savio qualcosa si può mettere
insieme. Odoardo aveva chiesto l’ammissione all’Opera dopo aver conosciuto
Armando Serrano, il portoghese che guidava l’auto di San Josemaría e scattava
le foto destinate a documentare i primi tempi dell’Opus Dei dopo il
trasferimento del Fondatore a Roma. Armando era intraprendente e andava ad
ascoltare le lezioni all’Università in differenti facoltà. Odoardo apprese da
lui lo slancio apostolico e, un giorno del ’51, notò uno studente d’ingegneria
un po’ più giovane di lui, abilissimo nel disegno. A sua volta Antonpaolo aveva
apprezzato un progetto di Odoardo su case a schiera, situate a Gubbio, sua città
natale. Nacque così l’amicizia e un giorno Odoardo, sulla scalinata di San
Pietro in Vincoli (presso la facoltà d’ingegneria), propose ad Antonpaolo di
andare ad assistere ad una meditazione predicata di don Salvatore Canals.
Antonpaolo andò e poco dopo chiese l’ammissione all’Opus Dei: cominciò così un
percorso che vide i due quasi sempre insieme nel progettare ed eseguire la
costruzione di centri dell’Opera in Italia.
Odoardo
lavorò alla realizzazione di Salto di Fondi: una tenuta agricola che don Alvaro
aveva voluto realizzare per garantire gli approvvigionamenti per gli allievi
del Collegio Romano e della sede centrale dell’Opera. Si era nel dopoguerra ed
erano periodi di scarsità alimentare.
Ogni
tanto Odoardo lasciava lo studio che condivideva con Antonpaolo in Via Lucrezio
Caro per qualche missione speciale. Era portato ad avere un rapporto diretto
con gli operai ed era diventato famoso il suo metodo “maieutico”. Non diceva
direttamente come dovevano fare ma lo faceva dire a loro intervenendo solo se
necessario. Una “missione speciale” fu la realizzazione del centro dell’Opera a
Napoli al Vomero, tuttora esistente in via Luca Giordano. Dice la leggenda che
Odoardo non avesse previsto i rubinetti dell’acqua calda perché i membri
dell’Opera vivevano una vita piuttosto austera (si era alla fine degli anni
’50). Fortunatamente don Pedro
Casciaro (uno dei primi dell’Opera che seguiva lo sviluppo delle attività in
Italia) intervenne in tempo e l’acqua calda ci fu…
Odoardo
lavorò con altri alla realizzazione della RUI, la residenza universitaria in
zona Eur a Roma. Anche qui ci fu la collaborazione, oltre del solito
Antonpaolo, di don Pedro Casciaro e di un giovane architetto bergamasco, Elia
Acerbis ora don Elia. A quest’ultimo si deve in particolare la realizzazione
del bellissimo oratorio (cappella).
Nel
periodo nordico di Odoardo ci fu una delle tante ristrutturazioni del Castello
di Urio, centro di convegni sul lago di Como. In particolare Odoardo era
orgoglioso per l’eleganza del fregio barocco messo sulla sommità del frontone
con lo stemma del castello. Successivamente progettò l’oratorio con uno stile
così adeguato all’epoca originaria da farlo sembrare esistito da sempre. Anche
stavolta collaborarono con lui don Pedro Casciaro (nei primi tempi) e don Elia
Acerbis.
Nel
centro analogo di Castelgandolfo diresse il cantiere e progettò l’oratorio
della Villa in stile rinascimentale. I marmisti che completarono l’oratorio
erano gli stessi che avevano lavorato a Urio e provenivano da Como: una
conferma del prestigio dei maestri comacini. In particolare Odoardo curò con
passione la realizzazione della Madonna in ceramica, copia di un Della Robbia,
in Toscana, con gli stessi metodi di lavorazione del Quattrocento. In
particolare mise i monti dello stemma della città di Gubbio sopra i braccioli
del trono della Madonna, modificando leggermente l’originale che aveva dei monti
stilizzati ma non di Gubbio… Il suo amore per Gubbio era proverbiale e si
attribuiva a lui la convinzione che il centro del mondo fosse il birillo bianco
posto nel mezzo del biliardo del caffè principale della città. Non so come
fosse nata questa leggenda.
Nel
frattempo Odoardo lavorò all’ampliamento del Centro Elis con la palestra e le
aule professionali. Si occupò anche del Casale Nuovo di Ovindoli e della
sistemazione del Centro di Tre Fontane.
Odoardo
aveva modi tipicamente umbri che sembravano bruschi a chi non conosce quella
regione ma non perdeva mai la calma. Una volta gli sentii dire che aveva
imparato da suo padre, che era capace di arrabbiarsi più volte al minuto: per
reazione aveva deciso di non arrabbiarsi mai.
Si
illuminava quando gli si parlava di San Josemaría o quando gli raccontavano che
qualcuno si era avvicinato al nostro apostolato. Un grande cuore, un uomo
solido, un maestro di vita.
Bellissimo, simpatico e affettuoso ricordo di un'indimenticabile persona che si ricordava sempre di te.
RispondiEliminaSì, conobbi Odoardo a un corso di ritiro a Castelromano, il primo che feci da aggregato, e mi colpì il sorriso dolce e affettuoso con cui mi fece qualche piccola correzione, premettendo "è il tuo primo ritiro vero?" Sembrava davvero un padre e si rivolgeva a me sempre con grande dolcezza, come se mi avesse sempre conosciuto.
RispondiEliminaSpero di rivederlo in cielo per poterlo ringraziare, anche se purtroppo qualcun altro ha deciso che la mia vita di famiglia non dovesse proseguire.