La professionalità è di moda. Se dico a
una persona “lei ha professionalità” la rendo felice. Ma quali sono le
motivazioni per lavorare con impegno? Spesso lo stimolo è il guadagno,
l’autosoddisfazione, la considerazione sociale, mantenere la famiglia oppure
semplicemente il senso del dovere. Ho incontrato una persona che mi ha
insegnato a lavorare per amore: è San Josemaría Escrivá. E ho conosciuto un
Papa che mi ha fatto capire che “l’uomo può partecipare all’operare di Dio
nella creazione del mondo” (Benedetto XVI, Parigi 12.9.08). Nel lavoro si riflette il mio atteggiamento
nei confronti di Dio. Nell’Antico Testamento è predominante l’invito a
riconoscere la potestà dell’unico Dio. Nel Nuovo Testamento Dio è presentato
come un Padre che ci richiede amore (per Dio e per il prossimo: parabola del
buon samaritano) e l’atteggiamento umile (parabola del fariseo e del
pubblicano). Devo riscoprire come fondamentale l’atteggiamento di umiltà e di
amore mentre talvolta il cristianesimo mi è stato presentato erroneamente come
una morale rigida, un sistema dottrinale o un’ideologia. Umiltà e amore mi
devono accompagnare anche al momento di lavorare e ciò comporta l’accoglienza
verso chiunque, lo sforzo di far bene e riconoscere serenamente i miei limiti.
Detto meglio: santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro e santificare gli
altri col lavoro. Ogni sentiero porta ad una destinazione. Il sentiero dei
figli di Dio porta in Paradiso, perciò si può e anzi si deve lavorare con
allegria.
http://costanzamiriano.com/2015/10/19/siamo-in-missione-per-conto-di-dio/
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