Te Deum 2015
A ben guardare il motivo di
ringraziamento che s’impone lungo il corso della mia vita è aver visto alla
guida della Chiesa Papi di statura imponente. Da bambino mi colpiva la
devozione indiscussa che avvertivo in grandi e piccoli verso Pio XII. Quando il
Papa morì, nel 1958, avvertii che si era creato un vuoto, anche se all’epoca
(avevo sedici anni) mi consideravo lontano dalla Chiesa. Giovanni XXIII fu una
sorpresa travolgente. Gli anni del suo pontificato furono anni felici, pervasi
di ottimismo. Perfino la guerra fredda si stemperò. Il Concilio da lui indetto,
con la memorabile serata d’apertura e il discorso della luna, apriva una
stagione di speranza. La sua morte pose fine a quell’incanto.
Giovambattista Montini quando diventò papa aveva già dato un
contributo sostanziale alla formazione dei laici cattolici. Alcuni di questi,
giovani professori formati dalla Fuci e dall’Università Cattolica, guidarono il
paese verso traguardi mai sognati: l’Italia era diventata la quarta potenza
industriale del mondo mentre pochi anni prima era distrutta dalla guerra. Il
merito di quel miracolo fu anche di quella classe dirigente che Montini contribuì a formare. Quando
diventò papa si trovò a gestire un concilio che subiva un attacco mediatico
internazionale: era come se la mentalità mondana cercasse d’insinuarsi nella
vita della Chiesa. Un quadro ben descritto da Benedetto XVI nel suo incontro
d’addio al clero romano: da una parte il Concilio reale com’è davvero stato,
dall’altra il concilio mediatico che riuscì ad influire negativamente sulle
coscienze. La poderosa tormenta spirituale si abbatté sul Santo Padre che
resistette ribadendo il Credo cristiano e sconcertando tutti con l’Humanae
Vitae: l’enciclica che teneva fermi i punti fondamentali della morale
matrimoniale cristiana. Paolo VI ebbe un pontificato sofferto che si concluse
tristemente con la supplica che il pontefice vecchio e malato diresse agli
“uomini delle Brigate Rosse” affinché non uccidessero il suo caro discepolo e
amico Aldo Moro. Nell’agosto del ’78, dopo la morte del Papa, la Chiesa
sembrava una cittadella assediata da grandi forze contrarie, mentre al suo
interno si respirava un’aria d’incertezza. Dopo la parentesi dolce di Giovanni
Paolo I apparve un personaggio inaspettato e sconosciuto ai più: Karol Wojtyla
che fin dal suo storico discorso d’inaugurazione del pontificato, nell’ottobre
del ’78, rovesciò la situazione. Il capo degli assediati invitava gli
assedianti a non avere paura di spalancare le porte a Cristo. Un discorso sorprendente
che apriva un’epoca ancor più sorprendente. Giovanni Paolo II lasciò nel 2005
una Chiesa dotata di un prestigio che era impensabile all’inizio del
pontificato. L’assedio mediatico fu frantumato da quel campione di Cristo. I
suoi funerali sono stati i più solenni della storia. La gente, con una
resistenza inimmaginabile, attese ore e ore in fila pur di salutarne la salma.
Un evento unico nella storia della Chiesa e nella mia vita. Dopo la morte del
Papa, dalla mezzanotte del 2 aprile alle sei del mattino del giorno successivo,
con Michele Zanzucchi e un giornalista del tg restammo in studio, in onda su
RaiUno, con continui collegamenti con Piazza San Pietro. Un vero dono: vegliare
la notte della sua morte assieme agli italiani sbigottiti incollati alla
tv. La Provvidenza aveva impresso
una virata incredibile alla storia della Chiesa e Joseph Ratzinger, con la sua
profonda cultura e dignità, raccolse il testimone di Giovanni Paolo II
portandolo fino all’arrivo di Papa Francesco. Memorabili le encicliche di
Benedetto, i suoi libri su Gesù e i discorsi davanti a platee qualificate.
Con Jorge Bergoglio è arrivato il Papa che tutti
desideravano, uno che sembra San Pietro trasportato al giorno d’oggi. Un Papa
che parla il linguaggio del Vangelo, un Papa che fa ringiovanire la Chiesa
sotto tutti gli aspetti, un Papa che trova sul suo cammino gli ostacoli che i
santi hanno sempre trovato. A mio avviso l’anno appena trascorso, il 2015,
assieme a tanti avvenimenti significativi, è l’anno del discorso di Papa Francesco
al Congresso americano. Un discorso che è un capolavoro: incoraggiante, positivo, volto a
superare i problemi che attanagliano la società più avanzata. Un discorso
interrotto da numerose standing ovation
da parte dei rappresentanti di quel Paese, fondato da protestanti e leader nel
mondo. Davanti ai potenti della terra il Papa ha portato il volto del povero e
di chi soffre.
Con l’iniziativa del Giubileo della Misericordia il Papa ci
fa alzare in piedi, ci fa abbandonare l’atteggiamento di autosoddisfazione e ci
rimette in discussione. Siamo tutti pellegrini, bambini di Dio, che si devono
sostenere l’un l’altro. Il Papa è il primo ad essere misericordioso e a cercare
la pecora perduta: sconcerta i dottori della legge ma non muta una virgola
della verità di Gesù, che sa spiegare col linguaggio dell’uomo della strada.
Per questi doni Dio ti ringrazio. Questo è il mio Te
Deum.
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