Lo smartphone consente di adottare una foto come sfondo e in
questo periodo pasquale ho messo la scena di Emmaus dipinta dal Caravaggio nel
1606, conservata a Milano (non quella del 1601 conservata a Londra). Gesù viene
riconosciuto mentre benedice il pane e il vino sulla tavola. Ognuno dei
personaggi reagisce a modo suo. La moglie dell’oste abbassa lo sguardo
concentrata nella devozione di donna che ha vissuto e sofferto. L’oste guarda
Gesù con lo sguardo indagatore e la fronte aggrottata dell’uomo rude che si sta
rendendo conto. Il discepolo di spalle allarga le braccia in segno di
meraviglia. L’altro discepolo si afferra al tavolo per reggere il terremoto che
si scatena nel suo cuore. Il centro della scena è il volto di Gesù che celebra
l’Eucarestia da risorto con la stessa espressione dell’ultima cena. E’ dolcemente
concentrato in se stesso nell’intensità del mistero di cui Lui solo conosce la
profondità. Benedetto lo smartphone che consente di guardare a lungo il quadro.
Il silenzio s’impone. L’attimo è sospeso. Il quadro diventa preghiera.
Caravaggio è un peccatore, ha da poco ucciso un uomo, ma dalle sue mani esce
fuori questo dono. Io sospiro perché mi sento inadeguato. Ogni giorno vado a
messa e ogni giorno rimango stupito e piccolo davanti all’immensità. Mi sento
superficiale e nello stesso tempo grato alla Provvidenza che mi rende partecipe
del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù. Desidero tornare all’Eucarestia il
giorno dopo per essere meglio disposto. Meno male che Gesù resta nel mio cuore
con lo Spirito Santo. La scommessa è sulla docilità. Diceva Santa Teresa che la
fantasia è la pazza della casa. Mi piace questa definizione scherzosa che dice
la verità. La mia resistenza allo Spirito Santo ha qualcosa di folle ed è
perdonabile solo dalla pazienza di Dio: da quella pazienza che scorgo nel volto
di Gesù.
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