Il cuore inquieto
“Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù e la tua sapienza incalcolabile (Sal 144,3; 146,5). E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.”
Questo è il bellissimo incipit delle Confessioni di Sant’Agostino. Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Dio… Quest’affermazione oggi è messa in dubbio dalla cultura dominante eppure nel fondo del mio cuore provoca un’eco di verità. Credo che ciò avvenga, a suo modo, per ogni persona.
In queste chiacchierate parleremo di come la cultura occidentale, che affonda le sue radici nei monasteri benedettini dell’alto Medioevo, voglia oggi ignorare queste radici anzi le voglia tagliare mentre tuttavia la fiaccola della fede cristiana cova sotto le ceneri ed è destinata a provocare un nuovo incendio di amore e di fede che rinnoverà la nostra cultura rendendola più umana e felice, mentre l’ubriacatura del “Dio è morto” passerà. E’ un argomento fondamentale, perciò vale la pena approfondirlo nelle successive chiacchierate o Letture che dir si voglia.
Cominciamo col parlare dei giovani. Oggi è un luogo comune dire che i giovani sono irrecuperabili. Non solo non vogliono sentire parlare di Dio ma sono incapaci perfino di orientarsi per una vita dignitosa, basata sul lavoro e sulle relazioni familiari e professionali. Una gioventù perduta.
Una volta il professor Franco Nembrini cominciò una relazione sul mondo dei giovani con tre citazioni simili tra loro. In un modo o nell’altro dicevano la stessa cosa: che le nuove generazioni sono irrecuperabili e che non si sa dove andremo a finire, certamente incontro a un disastro. Poi si vide che delle tre citazioni una era contemporanea, una di Platone e l’altra assiro babilonese… Sempre il pessimismo della generazione adulta ha avuto timore che la nuova generazione fosse disastrosa. Se poi aggiungiamo la visione del mondo dei giovani che ci offrono i telegiornali, allora il futuro disastro diventa una certezza.
Non è così.
Per prima cosa “i giovani” esistono come categoria sociologica ma nella realtà esistono solo persone giovani. Questi meritano ognuno un’attenzione “personale”, appunto. Occorre dedicare tempo a ognuno per ascoltare, condividere e consigliare. Ogni persona è come un diamante che va tagliato e seguito secondo la propria natura. Le “cose da fare” possono aspettare quando si tratta di dedicare attenzione a un giovane.
In secondo luogo conviene trattarli con stima, avendo presente ciò che possono diventare. Dimostrare che mi interessa ciò che essi sono “dentro” e che considero la loro vita una ricchezza inestimabile.
Infine occorre aprire orizzonti. Far capire che dal fatto che noi ci comportiamo come Dio vuole dipendono molte cose grandi. “Ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare…”: è una frase tratta dal film Blade Runner di grande effetto suggestivo. Penso che convenga dimostrare a un giovane che il suo futuro può essere grandemente fecondo e inimmaginabile rispetto a ciò che si vede ora. Far capire che il mondo oggi soffre per una grande povertà spirituale dalla quale derivano tante storture. A costo di andare controcorrente dobbiamo essere persone di cuore e d’intelligenza, che si pongono le domande fondamentali sul senso della vita e sanno trovare le risposte. Non si tratta di illuderli ma di far intuire quante possibilità ci sono dentro di loro.
Penso che i santi e i grandi maestri si siano comportati così con i loro discepoli. Noi dobbiamo guardare a quei santi e maestri e ispirarci a loro.
C’è una differenza fra la mentalità dei giovani degli anni ’70 e quelli di oggi. In quegli anni i giovani sentivano l’obbligo di contestare gli anziani, qualsiasi cosa dicessero. Oggi, al contrario, la persona matura si sente apprezzata e ascoltata. Purtroppo è la paura del futuro e l’insicurezza che li spinge a cercare guide e maestri, ma un aspetto positivo c’è: nella misura in cui io ritengo valida una mia esperienza posso trasmetterla. Naturalmente il problema in questo caso è chi sono io e che cosa ho fatto della mia vita. Ma questo dipende dalla coscienza di ciascuno. L’importante è rendersi conto che, se vogliamo salvare una generazione, bisogna dedicarsi a formarla. Naturalmente nella libertà e nella responsabilità.
Si ritorna a chi sono io e se il mio cuore è inquieto o no. Sono del parere che conviene ascoltare Sant’Agostino: “Tu sei grande Signore… e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.
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