mercoledì 15 agosto 2012

La cerimonia di apertura (e di chiusura) delle Olimpiadi ha lasciato una perplessità



“La Gran Bretagna sa da dove viene ma non sa dove va”: è il commento azzeccato di un giornale alla sontuosa cerimonia d’apertura delle Olimpiadi 2012. Lo spettacolo inaugurale ha messo in scena la storia dell’Inghilterra moderna: un gruppo di signori, in abito ottocentesco con cilindro, ha rappresentato i finanzieri e tecnici che hanno provocato la rivoluzione industriale. Minacciose ciminiere e un popolo malconcio (stile Dickens) in rivolta hanno ceduto il passo a successivi scenari di assistenza medica ai bambini con personaggi alla Mary Poppins. Ha colpito l’autoironia della Regina che ha acconsentito di apparire con James Bond (autoironia tipicamente inglese compatibile con il sottile disprezzo per chi inglese non è) ed è stato divertente Mr. Bean che sognava momenti di gloria, rievocando il noto film inglese. La conclusione è stata una gran cantata in discoteca. Francamente un po’ poco per una nazione che ancora pretende di pilotare i destini del mondo.
Al giorno d’oggi è accaduto che quei signori in cilindro, per il desiderio di guadagno a tutti i costi, hanno provocato una crisi finanziaria che si abbatte ora sotto forma di speculazione sul nostro Paese. E’ ora che i cattolici costituiscano una società ispirata al messaggio di Gesù, che rispetti la persona e persegua il bene comune; dove il profitto non riduca in miseria nessuno e sia riconosciuto il ruolo essenziale della solidarietà. C’è bisogno di professionisti cattolici intraprendenti. Non occorrono cilindri occorrono santi.



1 commento:

  1. Secondo me è mancato alla cerimonia di apertura un riferimento al contributo che il cristianesimo ha dato allo sviluppo di questa grande nazione. Un esempio? Le Università di Oxford e di Cambridge. Il motto dell'Università di Oxford è Dominus illuminatio mea tratto dal salmo 27. Nel 1290 venne assegnato a Cambridge lo statuto di studium generale da papa Niccolò IV accrescendo il prestigio dell'Università e lo scambio culturale tra la Gran Bretagna e l'Europa. E si potrebbe continuare a lungo a citare esempi di vitalità culturale e sociale cristiana in Gran Bretagna. Non ci sono stati riferimenti al cristianesimo nella cerimonia di apertura anche per un travisato senso di multiculturalismo. E' purtroppo vero che con la cerimonia di chiusura la Gran Bretagna ha voluto soltanto sottolineare il suo primato nella musica pop. Comunque, come succede sempre, tante belle testimonianze di fede le hanno date gli atleti e le atlete che ci hanno emozionato durante le Olimpiadi.
    Intervista di Radio Vaticana a Daniele Molmenti oro nella canoa
    Intervistatore - Dal punto di vista della fede, sono tanti gli atleti che in questa Olimpiade hanno ringraziato, pregato secondo il proprio credo …

    Molmenti - Non voglio entrare in una polemica, però ho letto delle interviste rilasciate da alcuni atleti in cui hanno dichiarato di fare il segno nella croce perché porta fortuna. Ecco, io vivo la fede in maniera un po’ diversa. Non penso che Dio abbia tempo per darci la spinta durante le nostre prestazioni. Certo è che la fede dà una motivazione, una carica in più. Io di solito faccio il segno della croce trenta secondi prima di partire e ormai è un gesto automatico. È un po’ un ringraziamento. Di solito chiedo che io possa dare quello che ho nelle braccia e nella testa; nulla di più di quello che sono in realtà.

    Intervistatore. - Cosa ha dato di più la fede nella tua vita di sportivo?

    Molmenti. - Nel 2007, feci un incidente molto grave con la moto dove mi ruppi la schiena. Ho perso delle opportunità e stavo perdendo il mio primo sogno olimpico. Lì ho avuto la forza di continuare, di stringere i denti nonostante il dolore nei cento giorni dopo l’incidente per affrontare le prime gare per entrare nella squadra nazionale. In quel momento, se non avessi avuto la fede, non penso sarei riuscito ad andare avanti, perché solo con la preghiera sono riuscito a sopportare il dolore che i medicinali non mi facevano passare. Ho sempre avuto la sicurezza che con il lavoro che ho fatto, con la mia mentalità, sarei potuto ritornare ad essere un grandissimo atleta.

    Intervistatore. - Don Mario Lusek, il cappellano della squadra azzurra, ti ha definito un vero friulano, un vero cristiano. Sono definizioni che ti piacciono?

    Molmenti. - Mi fa molto onore. Friulano lo sono di nascita; porto sempre la bandiera del Friuli con me in tutto il mondo; cerco di essere cristiano nei limiti che la mia carriera sportiva mi permette. Giriamo tanto per il mondo, ed è difficile trovare sempre una chiesa cristiana, cattolica quando sei in Cina, in Australia o da qualche altra parte nel mondo. Però insomma, nel mio piccolo, cerco di essere un buon cristiano praticando la fede e leggendo il Vangelo.

    Marco Crescenzi

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