Nello
spazio di pochi mesi mi è arrivata la notizia della morte, prima l’uno e poi
l’altro, in diverse città, di due miei compagni di classe (per la precisione:
sezione A del liceo Sannazaro di Napoli). Si parla sempre bene dei defunti ma
in questo caso ben a ragione. Entrambi, Gianfranco e Corrado, erano dei
signori: mai un commento negativo, sempre disponibili per gli altri. Anche se
ognuno ha preso la sua strada e ci siamo rivisti solo in occasione di ricorrenze
speciali, la conoscenza, che si fa in quegli anni, di una persona resta, ed è
profonda. A quell’età, tra i 15 e i 18 anni, si vede come l’altro affronta le
circostanze tristi e allegre, come prende forma il suo carattere. I ricordi di
quegli anni restano nel cuore di ognuno e assumono un contorno incantato. Tutto
sembra bello col passare del tempo: il primo amore, le prime esperienze di
vita, di sport, d’iniziative insieme. C’è poi il ricordo comune dei nostri
professori, ognuno caratterizzato da pregi e difetti stigmatizzati senza pietà
ma con simpatia.
Sono
contento di occuparmi oggi della formazione di giovani. Credo che sia
l’attività più importante del mondo. Il resto è carta d’imballaggio. Le persone
sono la realtà. Non a caso nostro Signore muore per le persone, dandosi come
alimento per la vita di ciascuno. In questo il Papa ci fa da maestro. Ci indica
le dimensioni dei problemi mondiali ma partendo dalla famiglia e
dall’attenzione al singolo, specie se bambino o malato. Il tesoro della vita
sono le persone.
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