Durante il prossimo viaggio in
America desidero accompagnare il Papa con una preghiera speciale. Un viaggio
delicato non solo perché sigilla la pace Cuba-USA a cui la Santa Sede ha
contribuito, non solo per il significativo incontro mondiale delle famiglie a
Filadelfia, ma per il valore internazionale dell’incontro col Presidente e il
Congresso Usa, e dell’intervento
all’ONU.
L’immagine del bambino morto
sulla spiaggia, che non riesco a guardare senza lacrime (e credo di essere in
buona compagnia), può segnare una svolta nel grande dramma dell’umanità, che
per la prima volta nella storia, può pensare a se stessa come un’unica comunità
globalizzata. Gli squilibri esistenti, efficacemente denunciati dal Papa, fanno
sì che il reddito delle 80 persone più ricche sia pari a quello di tre miliardi
e mezzo di persone più povere. E’, più o meno, come se in Italia ci fosse un
solo ricco mentre il resto della popolazione muore di fame. Da qui derivano le
migrazioni e le tensioni.
Il Papa non va a denunciare
soltanto, va a proporre rimedi. Il miracolo sarebbe che nel paese più ricco del
mondo ci fosse chi raccoglie i suoi appelli e dia vita ad
un serio progetto di sviluppo mondiale. L’America del piano Marshall ha
consentito la ripresa dei paesi europei distrutti. Si potrebbe proseguire su
questa linea.
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