martedì 26 gennaio 2016

 
Vorrei sgombrare il campo da un equivoco. Partecipare al Family Day non è un’aggressione contro qualcuno. “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Giovanni 15, 12) è il comandamento di Gesù da cui deriva il “distintivo” del cristiano: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13,35).
Il cristiano deve difendere i suoi fratelli e la società dall’escalation in corso (divorzio, aborto, esaltazione dell’omosessualità, snaturamento del matrimonio e prossimamente eutanasia e depenalizzazione della pedofilia). Questa valanga va fermata con energia perché fa male a tante persone. Per fermarla ci sono i mezzi a disposizione dei cittadini: il voto e le manifestazioni. Non si aggredisce nessuno.

L’atteggiamento salottiero per cui bisogna convincere con l’esempio e la vita bella ha un fondamento in un momento tranquillo, ma in questo caso è fuori luogo perché c’è un’aggressione in corso. I turchi sono stati fermati a Lepanto da una battaglia e allora sì che si dovettero uccidere delle persone, su richiesta del Papa. Giusta richiesta altrimenti ora staremmo col muezzin. Essere buoni non vuol dire essere buonisti ad ogni costo a spese del prossimo. Leonida non poteva brindare con i persiani, altrimenti addio cultura greca. Partecipare al Family Day è un atto di carità che non aggredisce nessuno.

Ciò posto dobbiamo rispettare i fedeli che in coscienza non ritengono di intervenire. Vanno lasciati in pace. Da parte mia la coscienza mi dice che devo partecipare.


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