Ricordo il carissimo cardinal Caffarra con un estratto del discorso che avrebbe tenuto al convegno della Bussola:
Due persone stanno camminando sull’argine di un fiume in piena. Uno sa nuotare, l’altro no. Questi scivola e cade nel fiume, che sta travolgendolo. Tre sono le possibilità che l’amico ha a disposizione: insegnare a nuotare; lanciare una corda raccomandargli di tenerla ben stretta; buttarsi in acqua, abbracciare il naufrago, e portarlo a riva.
Quale di queste vie ha percorso il Verbo Incarnato, vedendo l’uomo trascinato all’auto-distruzione? La prima, risposero i Pelagiani, e rispondono tutti coloro che riducono l’evento cristiano ad esortazione morale. La seconda, risposero i Semi-pelagiani, e rispondono coloro che vedono grazia e libertà come due forze inversamente proporzionali. La terza, insegna la Chiesa. Il Verbo, non considerando la sua condizione divina un tesoro da custodire gelosamente, si gettò dentro la corrente del male, per abbracciare l’uomo e portarlo a riva. Questo è l’evento cristiano.
Chiediamoci: a quale profondità la ricostruzione dell’umano deve cominciare?... Il male della persona umana in quanto tale è il male morale, poiché esso colpisce il soggetto personale. La ricostruzione dell’umano o comincia a questo livello o sarà sempre semplice chirurgia estetica. L’atto redentivo di Cristo, accaduto una volta per sempre sulla Croce, e sacramentalmente sempre presente ed operante nella Chiesa, guarisce precisamente quella lacerazione del soggetto dalla quale ha origine la devastazione dell’umano. E la Chiesa esiste per questo: per rendere presente qui ed ora l’atto redentivo di Cristo. Guai se la memoria della Chiesa ha altri contenuti!
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