lunedì 13 novembre 2017

La grazia


Simone Weil, la pensatrice ebrea che si è avvicinata progressivamente al cristianesimo, (1909-1943) si è chiesta come l'uomo può aprirsi nel miglior modo alla grazia divina.
Dio si ritira da noi dopo la creazione perché ci sia possibile amarlo: è questa la sua intuizione. Nel suo libro L'ombra e la grazia scrive: “è stata data all'uomo una divinità immaginaria [il proprio io], perché l'uomo potesse spogliarsene, come il Cristo ha fatto della sua divinità reale": è una bellissima considerazione che considera lo spogliamento di sè per amore come qualcosa di divino.
Riferendosi a Cristo, la Weil scrive: “Egli si è disfatto della sua divinità; noi dobbiamo farlo della nostra umanità: se il chicco di grano non muore... ”. Per la Weil, Dio ha rinunciato a essere tutto; noi dobbiamo rinunciare a essere qualcosa: il nostro io. “Dio mi permette di esistere fuori di sé (exitus). A me tocca rifiutare questa autorizzazione (reditus). La creazione è una ritirata di Dio dal mondo, che rinuncia al suo potere supremo, perché siamo noi ad amministrarlo, pur avendo la possibilità di farlo male”.
Con la creazione, Dio rinuncia a comandare. Ne segue che “l'esistenza del male in questo mondo, lungi dall'essere una prova contro l'esistenza di Dio, è la sua rivelazione”. Ora, “rinunciare all'esistenza dell'io significa fare il vuoto in noi, affinché Dio lo possa occupare. Tutti i peccati sono tentativi di colmare (altrimenti) il vuoto in noi”.
Il Padre lascia al figlio prodigo la libertà e il potere di fabbricarsi falsi idoli del suo io e della felicità: “l'uomo che si crede schiavo del piacere è in realtà succube dell'assoluto che vi attribuisce”. Tuttavia, il Padre aspetta che il figlio si svuoti di tutto ciò e torni: “l'uomo non ha bisogno di rinunciare a dominare la materia e le anime, perché non ha tale potere. Ma Dio gli ha conferito un'immagine di questo potere, come una divinità immaginaria, affinché -pur essendo creatura- possa anch'egli rinunciare alla sua divinità […]. Quando ci si riconosce come nulla, allora si trova il proprio posto nel tutto”.
Sono pensieri profondi che mi aiutano a capire la delicatezza di un Dio che mi lascia libero affinché io possa nell'umiltà aprirmi alla sua grazia.





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