Simone Weil, la pensatrice
ebrea che si è avvicinata progressivamente al cristianesimo, (1909-1943) si è
chiesta come l'uomo può aprirsi nel miglior modo alla grazia divina.
Dio si ritira da noi dopo la creazione perché ci sia
possibile amarlo: è questa la sua intuizione. Nel suo libro L'ombra e la grazia scrive: “è stata data all'uomo una divinità immaginaria
[il proprio io], perché l'uomo potesse spogliarsene, come il Cristo ha fatto
della sua divinità reale": è una bellissima considerazione che considera
lo spogliamento di sè per amore come qualcosa di divino.
Riferendosi a Cristo, la Weil
scrive: “Egli si è disfatto della sua divinità; noi dobbiamo farlo della nostra
umanità: se il chicco di grano non muore... ”. Per la Weil, Dio ha rinunciato a
essere tutto; noi dobbiamo rinunciare a essere qualcosa: il nostro io. “Dio mi
permette di esistere fuori di sé (exitus). A me tocca rifiutare questa
autorizzazione (reditus). La creazione è una ritirata di Dio dal mondo,
che rinuncia al suo potere supremo, perché siamo noi ad amministrarlo, pur
avendo la possibilità di farlo male”.
Con la creazione, Dio rinuncia a
comandare. Ne segue che “l'esistenza del male in questo mondo, lungi
dall'essere una prova contro l'esistenza di Dio, è la sua rivelazione”. Ora,
“rinunciare all'esistenza dell'io significa fare il vuoto in noi, affinché Dio
lo possa occupare. Tutti i peccati sono tentativi di colmare (altrimenti) il
vuoto in noi”.
Il Padre lascia al figlio
prodigo la libertà e il potere di fabbricarsi falsi idoli del suo io e della
felicità: “l'uomo che si crede schiavo del piacere è in realtà succube
dell'assoluto che vi attribuisce”. Tuttavia, il Padre aspetta che il figlio si
svuoti di tutto ciò e torni: “l'uomo non ha bisogno di rinunciare a dominare la
materia e le anime, perché non ha tale potere. Ma Dio gli ha conferito
un'immagine di questo potere, come una divinità immaginaria, affinché -pur
essendo creatura- possa anch'egli rinunciare alla sua divinità […]. Quando ci
si riconosce come nulla, allora si trova il proprio posto nel tutto”.
Sono pensieri profondi che mi
aiutano a capire la delicatezza di un Dio che mi lascia libero affinché io
possa nell'umiltà aprirmi alla sua grazia.
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