Qual è il nostro
futuro? Se ne parla poco se non in termini tecnici. Salvare il pianeta,
l’evoluzione del web, le biotecnologie… Tutte cose che riguardano il futuro ma non
lo esauriscono: riguardano il nuovo ma non il futuro in senso ampio. Cosa
avremo nel cuore in avvenire? come sarà la comunità umana? ci saranno ancora
guerre in Occidente? Si parla di novità ma non di speranza.
Ben diverso era
il clima di fine ottocento e inizio novecento. Allora l’idea di progresso
sembrava avvincente: si prospettava una stagione d’oro per l’umanità. Due
terribili guerre in Occidente non sono servite a spegnere la speranza nel
progresso anche se costituivano una terribile smentita delle rosee aspettative
d’inizio secolo. Ciò non ostante, dalle macerie della guerra si è continuato a
sperare in un mondo migliore, in un Occidente riconciliato, in un’umanità più
concorde. Quando è finita la speranza? Forse dalla grande disillusione del dopo
’68 quando la fantasia al potere e i fiori nei cannoni non hanno prodotto nessuno
dei miglioramenti sperati o forse, più vicino a noi, dopo la crisi finanziaria del
2008 che non si è ancora conclusa, almeno in Italia. L’America si chiude in se
stessa e guarda in cagnesco il resto del mondo, l’Europa sembra una tecnocrazia
senza cuore e senza intese… perché allora si pensa al nuovo ma non al futuro con
speranza?
Diciamolo chiaro,
malgrado la censura imposta dalla cultura dominante: la causa della crisi che
attanaglia il mondo occidentale, e che si riflette sulla restante parte del
globo, è l’abbandono del cristianesimo. La civiltà occidentale, così umana
rispetto a quella feroce pagana, è nata dalla fede. Tante deviazioni, tante
brutture, tanti peccati ci sono stati, ma c’era la fede come propulsore. La
vita civile che rinasceva attorno ai monasteri, lo splendore del sapere delle
università fondate da francescani e domenicani, l’architettura della Divina
Commedia e le meraviglie del Rinascimento nascono da lì. Solo da lì. «Io
sono la vite e voi i tralci» (Gv 15,5). Se si taglia la vite, i tralci
appassiscono. Niente frutti. È quanto sta accadendo.
«L’uomo ha
bisogno di Dio o le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?»: è la
domanda che si poneva Benedetto XVI durante una catechesi. «In una prima fase
dell’assenza di Dio, quando la sua luce continua ancora a mandare i suoi
riflessi e tiene insieme l’ordine dell’esistenza umana, si ha l’impressione che
le cose funzionino abbastanza bene anche senza Dio. Ma quanto più il mondo si
allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo ... “perde” sempre di
più la vita.»
Occorre che chi
ha fede mostri coi fatti che lo stile cristiano di vita è il più umano. Io
per primo devo perdere ogni ritegno nel far capire che la creatura in sintonia
col Creatore sta veramente bene. Basta prudenze, è l’ora di proclamare dai
tetti ciò che abbiamo ascoltato dalle parole di Gesù.
Bisognerebbe
studiare nelle scuole il discorso che Benedetto XVI rivolse al mondo della
cultura a Parigi il 12 settembre 2008. Un discorso che si conclude con una
frase significativa: «Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di
Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni
vera cultura». La necessità di operare una sintesi di un argomento così vasto
fa sì che ogni paragrafo meriti di essere letto accuratamente e meditato. Il
Papa parla di un passato che si riallaccia alla tarda romanità, eppure il suo
discorso è di tale attualità da mettere a disagio alcuni dei presenti che si
erano opposti alla citazione delle radici cristiane dell’Europa nella stesura
della Costituzione Europea (che non arrivò mai all’edizione definitiva). Ma
non si tratta solo di una precisazione storica, il Papa addita la via d’uscita
dalla crisi attuale della cultura occidentale, prendendo spunto
dall’atteggiamento dei monaci. Per loro lo studio della parola era il modo di
attingere al Verbo di Dio Gesù e il lavoro era la continuazione della
creazione. «Del monachesimo fa parte,» disse Benedetto XVI «insieme con la
cultura della parola, una cultura del lavoro, senza la quale lo sviluppo
dell’Europa, il suo ethos (stile di vita) e la sua formazione del mondo
sono impensabili. Questo ethos dovrebbe però includere la volontà di
far sì che il lavoro e la determinazione della storia da parte dell’uomo siano
un collaborare con il Creatore, prendendo da Lui la misura. Dove questa misura
viene a mancare e l’uomo eleva se stesso a creatore deiforme, la formazione del
mondo può facilmente trasformarsi nella sua distruzione.» In altre parole:
quando si trascura il rapporto con Dio si va incontro alla catastrofe. Forse è
questo il motivo per cui oggi si parla del nuovo ma non si parla del futuro.
Cosa possono fare
oggi i cristiani? Le risposte nascono dalla fede. Innanzitutto fiducia nella Provvidenza
e pregare. La seconda risposta è che la vita dell’anima cristiana assomiglia a
quella del corpo: ha bisogno di alimentazione. Oggi sappiamo tanto sulle diete,
sui cibi adatti e sugli integratori... Siamo più o meno tonici, palestrati e
col peso giusto (a cui aspiriamo invano). Viceversa la mia vita spirituale,
prima di incontrare un santo, era in uno stato di denutrizione da Sahel (crisi
alimentare e siccità). Ho bisogno dei consigli del medico (direzione
spirituale e Confessione), del cibo ricostituente (l’Eucarestia), di
frequentare gli amici giusti (Gesù, lo Spirito Santo, Maria e i santi), avere
una visione del mondo (lettura continua dei Vangeli e dei libri fondanti del
cristianesimo, da sant’Agostino a Joseph Ratzinger) con una solida cultura
sociale adatta ai tempi (dottrina sociale della Chiesa). Con questa
alimentazione sarò capace dell’impegno fondamentale del cristiano: saper voler
bene («da questo riconosceranno che siete miei discepoli»). Saper voler bene è
un’arte che influisce nella vita familiare, nel mio lavoro e nel mio rapporto
col mondo. È un’arte che non si finisce mai d’imparare, ma è quella che
caratterizza lo stile del cristiano «popolo in cammino». Non occorre
improvvisare partiti politici. Occorre l’esempio di Gesù, con l’aiuto di
Gesù. Dopo di che la Provvidenza provvederà.
Nessun commento:
Posta un commento