Per
un napoletano è sconveniente parlare della morte perché sa che una reazione
negativa è immediata negli ascoltatori; ciò non ostante i napoletani sono fedeli
al ricordo dei propri congiunti defunti, preparano dei dolci particolari nel
mese di novembre e vanno nei cimiteri.
Tuttavia, a Napoli come altrove, è lecita la domanda su cosa accadrà al
compimento della vita terrena e bene ne parlò Papa Benedetto: “Noi oggi abbiamo spesso un po' paura di parlare della vita eterna.
Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il Cristianesimo
aiuta anche a migliorare il mondo, ma non osiamo dire che la sua meta è la vita
eterna e che da tale meta vengono poi i criteri della vita. Dobbiamo capire di
nuovo che il Cristianesimo rimane un «frammento» se non pensiamo a questa meta
… e dobbiamo di nuovo riconoscere che solo nella grande prospettiva della vita
eterna il Cristianesimo rivela tutto il senso. Dobbiamo avere il coraggio, la
gioia, la grande speranza che la vita eterna c'è, è la vera vita e da questa
vera vita viene la luce che illumina anche questo mondo”. (Dall’omelia per la S.
Messa con la Pontificia Commissione Biblica, 17 aprile 2010).
San Paolo racconta che “fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno
pronunziare” (seconda lettera ai Corinzi); e questa è, apparentemente, una
fregatura. Abbiamo un testimone che è stato in cielo e ci viene a dire che non
è lecito pronunziare quello che udì, lasciandoci a bocca asciutta. Nella prima
lettera ai Corinzi si esprime in modo analogo: “Quelle
cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste
ha preparato Dio per coloro che lo amano”. In realtà qualcosa di interessante Paolo
ci dice: ciò che ci aspetta è talmente al di sopra della nostra immaginazione
che è impossibile trasmetterlo con mezzi umani. Questo è già di conforto.
La mia e nostra incapacità a immaginarci il Paradiso è legittimata.
Su
quest’argomento Gesù si pronuncia chiaramente approfittando di un tranello che
i sadducei gli tendono:
Gli si avvicinarono poi
alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa
domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che
ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza
al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso
moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così
tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna
morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti
e sette l'hanno avuta in moglie».
I sadducei l’avevano pensata bene:
apparentemente è un agguato senza uscita. Il loro errore è simile al nostro
quando pensiamo con un metro troppo umano.
Gesù rispose: «I figli di
questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati
degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né
marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo
figli della risurrezione, sono figli di Dio.
Che poi i morti risorgono,
lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio
di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei
vivi; perché tutti vivono per lui».
San
Paolo pone la risurrezione di Cristo come pilastro della fede e rimprovera chi
non crede:
Come
possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non
esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è
risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra
fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo
testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è
vero che i morti non risorgono…Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo
soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. E aggiunge
l’elenco delle persone che hanno visto Cristo risorto, centinaia di persone,
fra cui lui stesso per ultimo. In sintesi i Vangeli con tutto il Nuovo
Testamento parlano continuamente della vita eterna.
A questo proposito ricordo
l’impressione cocente che mi lasciò la scena di mio padre, morto, messo in una
bara come se si trattasse di un sacco di patate: lui che era una persona
interessante, con un mondo interiore vivo, capace di affetto profondo. Era
difficile immaginare che stesse vivendo altrove. Qui interviene la fede: grazie
a un testimone autorevole, che parla in nome di Dio, riesco a credere a cose
che non vedo e che mi sembrano inverosimili. Mio padre stava vivendo altrove in
un modo che per me è inimmaginabile.
Queste considerazioni mi servono per far dileguare dalla mia mente gli
ostacoli a credere con tutto il cuore, e allora capisco cosa vuol dire la
comunione dei santi e sto bene con le persone defunte a cui voglio bene. Mi
rendo conto che pregare ha un senso e io, da parte mia, mi sento incoraggiato da
loro a non fare lo scemo e ad affrontare la vita senza paura. Senza paura della
vita e senza paura della morte, diceva San Josemaría.
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