“Mi spiego la tua ansia di ricevere ogni giorno
la Santa Eucarestia, perché chi si sente figlio di Dio ha un imperioso bisogno
di Cristo” (Forgia 830). Fra poco torneremo, in un modo o nell’altro, alla
possibilità di assistere alla Santa Messa e di ricevere Gesù nella Comunione.
Questo periodo travagliato ci ha consentito di riflettere sul nostro desiderio
di ricevere Cristo. La consuetudine, un’inadeguata formazione religiosa, la
cultura dominante e così via… ci hanno portati ad una concezione del
cristianesimo come un semplice atteggiamento di bontà. Nell’epoca del selfmade man si è radicata l’idea che il
cristiano è uno che è buono e fa il buono.
Singolare è la risposta che dà Gesù al giovane
ricco che lo interpella chiamandolo “maestro buono” (Marco 10). Gesù gli
risponde: “nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio”. Non credo che Gesù
abbia detto quella frase per santa pignolaggine. Se l’ha detta è per
allontanarci dalla tentazione di pensare di essere buoni. Io non sono buono.
Sono capace di qualsiasi cosa se Dio mi abbandona. Se voglio seguire la volontà
di Dio ho bisogno del Suo aiuto. A san Paolo che si affliggeva perché faceva
cose che non voleva, il Signore dice: “Ti basta la mia grazia”. La grazia è l’aiuto
di Dio, un aiuto che viene dal di fuori di noi stessi anche se agisce nell’intimo
della nostra coscienza.
Sento il bisogno di chiarire questo punto ora
che stiamo nuovamente per accedere liberamente alla Messa e alla Comunione con
Gesù. Un Dio che si dà da mangiare non è soltanto un Padre che ci raccomanda di
essere buoni, è Cristo con cui mi devo identificare. Anche se mi pare ridicola
l’idea che io mi possa indentificare con Gesù, devo desiderarlo, pur sapendo
che è una meta irraggiungibile. Gesù scambiò il suo cuore con Santa Caterina da
Siena e desidera farlo con ciascuno di noi e questa è una cosa diversa dal
semplice desiderio di essere “buono”.
Dio è
altro da me. E’ vero che sono stato adottato come figlio suo, ma io sono un
nulla rispetto a Lui ed è bene che questo mi sia ben chiaro. Gesù nell’Ultima
Cena chiama “amici” gli apostoli e anche io sono nel numero, ma questa amicizia
va coltivata. Questo è il mistero che circonda il cristiano che desidera di
vivere in Dio come i pesci nell’acqua ma è appesantito dalle sue miserie e
dalla distanza che c’è fra l’uomo e Dio. Il rapporto con Dio è la vita del
cristiano, ma questo rapporto non è definibile a nostro piacimento ma dipende
dalla sua grazia. Il cristiano è un “dipendente”, può essere anche un
innamorato, ma c’è una dipendenza da Dio che non va dimenticata. Perciò c’è
bisogno della preghiera, della Messa e della Comunione.
Sono verità fondamentali e ben conosciute ma
sento il bisogno di ricordarle perché l’impegno di essere buono può essere
traditore e farmi pensare che è qualcosa che decido da me. No. E’ il rapporto
con Gesù che conta.
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