"Felice come una Pasqua" è un modo di dire che ha
una sorprendente profondità. La risurrezione di Gesù è la nota serena di fondo
che risuona in tutta la cultura occidentale. Certamente ci sono stati
tradimenti rispetto alla buona notizia del Gesù risorto e della fede che
comporta, ma sempre è restato chiaro che "bisognerebbe" vivere lieti in
conseguenza. Le stesse fiabe per bambini, che sono il paradigma dell'esistenza,
in Occidente hanno il lieto fine mentre i cartoni animati orientali
rappresentano grandi battaglie che non necessariamente finiscono con la vittoria
del bene. L'allegria la gioia, la letizia (con le loro diverse sfumature) per
noi mortali è concepibile solo se c'è una speranza e la risurrezione di Cristo
è la base della nostra speranza. L'allegria è una scintilla del divino, è
l'emanazione dello Spirito Santo. Non a caso consideriamo affidabili le persone
gioiose o, almeno, preferiamo convivere con loro piuttosto che con i
melanconici. La tristezza è l'alleata del demonio: dal cuore triste nascono i
peggiori pensieri.
Sono tornato a Napoli dopo tanti anni e sono rimasto
sorpreso dalla quantità di persone che vedo ridere, anche se le condizioni
socio-economiche suggerirebbero il contrario. Si è predisposti al sorriso
perché resta un sottofondo di cultura cristiana. Prendere le cose troppo sul
tragico è un difetto anzi, a ben guardare, è un peccato contro la virtù della
speranza. Il vero tesoro di San Gennaro non è la magnifica raccolta di
preziosità conservate accanto al Duomo: è il senso dell'umorismo di una città
che ha un'umanità profonda radicata, a volte inconsapevolmente, nel cuore e
nell'umanità di Gesù.
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