L'invito di Gesù a diventare come bambini ricorre tante
volte nel Vangelo. Una volta prende fisicamente un bambino, lo mette in mezzo e
spiega agli apostoli che bisogna diventare come lui: per tutta la loro vita non
avranno dimenticato il volto di quel fanciullo. Quest'episodio fa capire ancora
una volta che il cristianesimo non è una morale: è un rapporto vivo con Dio. Un
rapporto che, fra l'altro, richiede anche una morale per formare la propria
coscienza. Quello che conta è la relazione col Signore: l'esempio del bambino è
quello che meglio lo rappresenta secondo l'insegnamento di Gesù.
Se siamo bambini davanti a Dio Padre quanto più lo saremo
davanti a Maria, madre di Gesù e nostra madre. Quando andavo alle elementari
c'era un quadro della Madonna alla sinistra dell'altare che mi piaceva molto. Da
allora non l'ho più rivisto. Mi è rimasto un forte desiderio di ritrovarlo. So
che sta a Napoli nella cappella dell'istituto Pontano dei gesuiti.
Quando adesso recito il Rosario mi distraggo facilmente. Per
me è un dispiacere e mi sforzo di pensare che l'Ave Maria non è altro che
un'insieme di complimenti a Maria con un'unica semplice richiesta: pregare per
noi ora e nell'ora della nostra morte. Questa considerazione mi aiuta ma mi fa
bene soprattutto ricordare come pregavo davanti a quella immagine: allora mi
raccolgo e resto più attento. E' una considerazione che sento viva ora che
siamo nel mese del Rosario. Certamente
la Madonna ha la pazienza e la comprensione della madre per le debolezze dei
suoi figli ma non per questo mi devo rassegnare al vorticoso disordine del mio
cervello. Il modello del bambino funziona sempre.
Nessun commento:
Posta un commento