Nel saggio del 1942
intitolato "Perché non possiamo non dirci cristiani" Benedetto Croce
afferma: "Il
cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai
compiuta... La ragione di ciò è che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell'anima".
Giusta l'osservazione del filosofo ma anche stimolante per i cristiani d'oggi.
Sembra spesso che i cristiani accettino supinamente l'idea che il cristianesimo
sia una mera dottrina, una morale, un orientamento ideologico, perdendo così lo
slancio vitale di chi accetta e si espone continuamente alla volontà di Dio. "Il
mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato", dice Gesù (Gv
4,34). "Mi sia fatto secondo la tua parola" dice Maria (Lc 1,38). Noi
cristiani facciamo parte di questa famiglia, cioé di coloro che sono
continuamenti attenti ai cenni della mano di Dio. Simone Weil osserva che è
difficile restare tutto il giorno in atteggiamento contemplativo però sta alla
nostra portata cercare di mantenere sveglia l'attenzione (così la definisce
"attenzione") al rapporto con Dio. Noi siamo alimentati dalla
benevolenza di Dio, dalla Sua grazia, ma mi sembra di essere alle volte come un
poppante che si distrae, non pensa a mangiare e deperisce. I cristiani oggi
sembrano così (almeno ad uno sguardo superficiale): deperiti. Diciamolo pure:
sembriamo benpensanti inutili. Semmai disposti a discutere animatamente su
sottigliezze teologiche, ma il rapporto vivo con Dio, quello da cui partono i
grandi "sì" della vita e si alimentano le grandi imprese di santità...
quel rapporto è assopito. All'inizio di un anno vale la pena riflettere. Sto
dicendo "sì" alla chiamata di Gesù? Sono in missione per conto di
Dio? Il rapporto con Dio vive, come disse Croce, "nel centro
dell'anima?".
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