Me piace ‘o presepe
Mi piace il Natale e non lo trovo affatto una festa ormai
paganizzata: intanto continua a chiamarsi Natale il che vuol dire che qualcuno
è nato. Che poi questo qualcuno sia Dio in persona sta alla nostra fede
crederlo: una fede sempre mancante, anche la mia, per cui non mi posso
lamentare; posso invece pregare.
Tante luminarie rappresentano
la continuità con la luce che “avvolse i pastori” (Luca 2,9) e con la luce
della stella che guidò i Re Magi.
Tutti, pastori e
Magi, portano regali e noi ci scambiamo regali per questo.
I Magi sono costanti e determinati finché non raggiungono la
meta, i pastori vanno “senz’indugio” come dice San Luca (2,9) cioè di fretta,
così com’era andata Maria a trovare la cugina Elisabetta. Questa determinazione
e questa fretta m’insegnano cos’è che conta davvero.
Ho vissuto dieci begli anni a Milano e ricordo che il verbo
più usato era ed è: “scappare”. Devo “scappare”. Ma dove scappo? E da cosa
scappo? Ecco, i pastori, i Magi e Maria mi fanno capire a cosa tende la fretta
vera: cosa vale davvero la pena. Troppe volte sento il bisogno di correre o
distrarmi o divertirmi: tutti verbi che alludono al distacco da ciò che ho
intorno. Il Natale m’insegna a vedere la profondità delle cose, il significato a
cui i fatti e le situazioni alludono. Il Bambino non è solo un bambino, i doni
non sono oggetti: sono un riflesso del mio cuore; le luci sono quelle che
devono illuminare la mia mente distratta.
Ben venga il Natale di un Dio che arriva nell’umiltà e
chiede solo la mia attenzione.
Mi piace il Natale e “me piace ‘o presepe”.
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