Pochi giorni fa è stato l’anniversario della nascita di San
Josemaría Escrivá. Diceva il cardinale Ratzinger che i santi ci svelano una
parte del volto di Dio, San Josemaría ha svelato a me e a tanti lo stile di
vita cristiano che Dio chiede all’uomo d’oggi. Si dice comunemente che Escrivá ha anticipato la chiamata universale alla
santità del Concilio Vaticano II. Non solo l’ha proclamata ma l’ha vissuta: lui
per primo ha praticato le virtù cristiane nell’ambiente della vita ordinaria.
Grandi sono stati nella Chiesa le tracce che hanno lasciato San Benedetto, i
santi Francesco e Domenico, Teresa d’Avila e Ignazio, fino a Padre Pio e Madre
Teresa, assieme a tanti altri. Escrivá ha insegnato a cercare la stessa santità
in modo diverso, come la può vivere un padre e una madre di famiglia, un
giovane studente, un operaio, un professionista. Nella vita di San Francesco ha
brillato “madonna povertà”, ma come può viverla un comune cristiano? Come un
padre di famiglia numerosa e povera, suggerisce Escrivá. Il punto di partenza
per San Josemaría è il cuore, un cuore innamorato di Cristo, che ha detto: vi
do un comandamento nuovo, di amarvi gli uni gli altri come io vi ho amato. Un
dolcissimo precetto che il piccolo Escrivá ha appreso in famiglia: lo stile
famigliare è stato la sua cifra. Volersi bene curando anche le minime
manifestazioni d’affetto, vedere anime di fratelli negli altri, lavorare bene con
la responsabilità di un padre. La radice della santificazione del lavoro è
questa: un amore bruciante per Gesù, per la propria famiglia, per i propri
amici, per il proprio Paese. Un grande santo per la nostra epoca…
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