mercoledì 9 marzo 2011

Salvo Galiano interpreta con un video "Preferisco il Paradiso"

Intervista a Zenit dell'8 marzo 2011

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Un Paradiso...per contemporanei
Intervista a Giuseppe Corigliano, portavoce in Italia dell’Opus Dei
di Marialuisa Viglione
ROMA, martedì, 8 marzo 2011 (ZENIT.org).- A parlare di Paradiso agli uomini di oggi con termini contemporanei è Giuseppe Corigliano, portavoce in Italia dell’Opus Dei, nel libro edito da Mondadori “Preferisco il Paradiso”. Uscito quattro mesi fa è già alla quinta edizione. Il titolo è la risposta di Filippo Neri a chi gli offriva il cardinalato. In effetti l'ingegnere-scrittore vuole proprio sottolineare quanto la felicità, tipica dell'innamorato, avvicini all’esperienza del Cielo e sia un'esperienza di gran lunga superiore a qualsiasi altra. “Il Paradiso non è un posto, è uno stato, una condizione in cui ci troveremo alla fine della vita. E si sperimenta già in terra quando si ama”.
Un vademecum per la felicità, un aiuto per essere buoni cristiani con allegria anche nelle avversità, scritto con chiarezza per tutti, in riferimento al Nuovo e all’Antico Testamento. “Ho voluto spiegare cos’è l'Antico Testamento perché c'è chi pensa che sia il testamento del bisnonno”.
Come si arriva in Paradiso?
Corigliano: Chi sa trovare la felicità qui sulla terra è sulla buona strada per arrivare al Paradiso. La chiave è l’amore, l’essere innamorati.
Un successo parlare del Paradiso agli uomini del terzo millennio, ingegner Corigliano, come se lo spiega?
Corigliano: Molti hanno bisogno di sentir parlare di Dio e di cosa c’è dopo la morte. Sono rimasto impressionato dalla sete di Dio che ho trovato in tante persone. Anche nei luoghi della laicità, come nella sede del Corriere della Sera. A presentare il mio lavoro sono stati il direttore De Bortoli e un azionista di spicco, Tronchetti Provera, con cui è nata un’amicizia.
Lei ha girato l’Italia per presentare il libro. È piaciuto anche ai non cattolici?
Corigliano: Sì, anche a quelli lontani da Dio. Lo stesso Corrado Augias, che si dichiara non credente, ha detto che il libro gli ha dato serenità. Del resto, ho scritto pensando soprattutto a quelli che non conoscono Dio.
In effetti prende a prestito termini anche da altri mondi, come quello della moda. Nel libro parla della griffe dei cristiani.
Corigliano: Sì. Dice Gesù: da questo vi riconosceranno. Dal come sapete volervi bene. E’ un distintivo, una griffe.
San Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, è un maestro in questo.
Corigliano: Da lui ho imparato molto, infatti ho citato le sue opere tra cui Cammino. Lui è stato un modello, ci ha insegnato a voler bene, ed è un’arte.
Come nasce l’idea di scrivere sul Paradiso?
Corigliano: Premetto che non è un’opera rigorosa. C’è il catechismo per questo. È un approccio diverso, per aiutare con un linguaggio che raggiunge tutti ad essere già felici qui, anticipo del Paradiso.
Ma cosa sappiamo del Paradiso?
Corigliano: Le immagini di Gesù sono felici. Parla di banchetto, di brindisi. Poi c’è san Paolo che c’è stato e ha visto cose indicibili, che né occhio vide né orecchio udì.
Comunica con grande facilità e si legge molto volentieri, pur essendo argomenti profondi che toccano il centro della vita.
Corigliano: I santi sono attraenti. Penso a san Josemaría, a Giovanni Paolo II che cantava la Morenita come inno alla Madonna. È negativo che si parli di Dio in modo afflittivo.
Come ha scoperto questo nuovo modo di vivere la fede?
Corigliano: La grande scoperta è stata che Dio non è un controllore-contabile, che il comandamento nuovo non è essere casto o colto, ma saper voler bene.
E per fare questo?
Corigliano: Non basta il buon carattere, occorre vivere come piccoli figli di Dio. E più si è piccoli, più la vita è serena. Dio è un papà e questo ci dà uno stile di vita, fatto di abbandono.
Affronta il peccato originale e l’indignazione.
Corigliano: Proprio perché la nostra è una natura ferita, ci vuole pazienza con se stessi e con gli altri. Non indignarsi. Oggi va di moda indignarsi, ci sono intere collane di libri. Ed è un concetto molto pericoloso, perché sottintende la perfezione, che non è di questo mondo.
Renzo Arbore si è interessato al libro.
Corigliano: Mi ha chiamato dopo la mia partecipazione a Matrix, incuriosito per quello che dissi sulla casa del Padre. Avevo detto che ho cambiato molte case, ma quando torno a casa di mio nonno in Calabria, mi stendo sul letto e guardo il lampadario primi Novecento, e mi sento a casa. Il Paradiso è così, è la patria, la casa del Padre dove il cuore riposa.
Per vivere bene basta sapere che Dio esiste?
Corigliano: Non è importante solo la scoperta intellettuale. Se non si ha un rapporto esistenziale con Dio, se non si è amici di Dio non è sufficiente. Anche il demonio sa che Dio esiste. Come i bambini hanno un’intimità con i genitori, così noi con Dio.
In due parole, il suo libro.
Corigliano: Una parabola e un episodio. Il figliol prodigo. Il padre lo vede da lontano. Quindi lo aspettava sul terrazzo. Non gli dà un vestito ma il vestito più bello, e non un vitello grasso, ma il vitello grasso. E fa festa, con l’idea dell’allegria.
E l’episodio del fariseo e della peccatrice. “Non sa che tipo di donna gli sta ai piedi”. E Gesù risponde: “Tu non mi hai dato il bacio e lei non smette di baciarmi i piedi. Non mi hai dato l’acqua per i piedi e questa mi lava i piedi con le lacrime”. Alla rigidità del fariseo si contrappone la grandezza di questa donna.
Si tratta di due confessioni. “ho peccato contro il cielo e contro di te. Non sono più degno di entrare in questa casa”, dice il figliol prodigo. E la peccatrice piange su se stessa per i peccati. E c’è il perdono.