mercoledì 13 marzo 2019

Le vocazioni di Gesù


Recentemente ho partecipato all’inaugurazione delle attività di volontariato (dall’ambulatorio al doposcuola e all’orientamento familiare) che la Fondazione Grimaldi coordinerà in un quartiere popolare di Napoli, in un edificio già sede di una prestigiosa scuola dei barnabiti.
 Le attività scolastiche nell’edificio erano terminate per mancanza di vocazioni fra i barnabiti e la Fondazione ha comprato l’immobile. Una gran bella notizia: una struttura creata per il bene passa di mano per fare altro bene e non per fini speculativi.
 Una notizia bella ma che lascia un filo di tristezza. Mi chiedo perché mancano vocazioni in un ordine religioso che dal ‘500 ha attraversato i secoli formando miriadi di cristiani? E, proseguendo, perché in molte realtà della Chiesa mancano vocazioni? Una risposta ci sarebbe, al positivo.
 Ho conosciuto un santo, Josemaría Escrivá, che ha diffuso il messaggio di santificazione del lavoro, rivolgendosi all’inizio a persone di ogni età e categoria sociale. In seguito ha compreso che si doveva dedicare ai giovani che un domani avrebbero portato quel messaggio in tutto il mondo. Alvaro del Portillo, uno dei seguaci dei primi tempi, un ingegnere poi proclamato beato, racconta che il Padre (così chiamavano don Josemaría) gli dedicava tempo e lo trattava come una persona “importante” anche se quando lo conobbe era giovanissimo.
 In effetti pare che ci siano due condizioni fondamentali per formare i giovani: tempo dedicato a loro e stima nel prenderli sul serio.
 San Josemaría non si risparmiava nel lavoro formativo: arrivava a sei incontri al giorno con gruppi di studenti, oltre al tempo che dedicava alla direzione spirituale personale. Sta di fatto che quei ragazzi gli si affezionarono talmente che appena avevano tempo libero, pur trovandosi in altre città, lo andavano a trovare. Quel gruppo di giovani portarono successivamente in tutto il mondo quella chiamata alla santificazione della vita ordinaria.
 Non erano tempi facili, allora come adesso. Occorre dedicarsi a loro in quella fascia di età, dai sedici ai ventisei anni all’incirca, in cui si prendono le decisioni fondamentali della vita. Dedicarsi a loro con intensità senza frettolosità. Se si fa così, le istituzioni ringiovaniscono, arrivano le vocazioni e sale la temperatura spirituale negli stessi formatori.
 Gesù ha detto che una sola cosa è necessaria, lodando Maria e rimproverando Marta che faceva opere buone ma senza criterio: una tentazione questa molto forte per le istituzioni ecclesiastiche. Il punto centrale è pregare il Padrone della messe affinché mandi gli operai. Pietro, dopo una notte senza aver pescato nulla, disse a Gesù: getterò la rete in nome Tuo (Luca 5)… e prese il largo per la pesca: duc in altum! E’ questione di fede. Si può, si deve dedicare tempo alla formazione cristiana dei giovani, senza cedere agli scoraggiamenti sociologici.  Gesù ha posto le basi della Sua Chiesa formando dodici persone… I santi hanno fatto lo stesso. Non c’è altra via.