mercoledì 20 novembre 2013

La medicina del Papa


La vena creativa di Papa Francesco ha plasmato un’altra immagine: quella della medicina per la folla che gremiva piazza S. Pietro domenica scorsa. Il Papa ha fatto il farmacista dell’anima e ha consigliato la medicina del Santo Rosario. La scatolina mostrata dal Santo Padre conteneva una corona adatta anche per la preghiera alla Divina Misericordia. Ecco una delle chiavi per comprendere la costante allegria del nostro Papa. La devozione alla Madonna porta gioia. E perché? Perché sì. L’invocazione a Maria come causa della nostra letizia è quanto mai appropriata. Sappiamo che Lei è Madre nostra e conosciamo molti motivi teologici che giustificano questa verità ma è l’esperienza che parla. Quando durante la giornata recito il Rosario e la sera faccio l’esame di coscienza avverto un senso di allegria pensando che in quel giorno sono riuscito a offrire quella preghiera alla Madonna. Se mi accorgo di averla dimenticata ho un moto di tristezza e, se non è troppo tardi, la recito a bassa voce. Il Papa ha ragione:  senza quella medicina l’anima non sta bene. Mi piace recitare il Rosario pensando di avere accanto mia madre Maria e più passano gli anni più mi piace dirlo lentamente gustando le parole. Ringrazio chi mi ha trasmesso questa devozione che sa di antico ma è attualissima oggi quando non si sa dove abbiamo messo il cuore. La Divina Misericordia poi è su misura di colei che ha convinto Gesù a trasformare l’acqua in vino e può fare del mio cuore peccatore un cuore per il Paradiso.


martedì 19 novembre 2013

C'è un solo modo per salvare l'Europa

La cultura dominante in Occidente sta soffocando l’Europa. I sintomi inquietanti sono: ragazzi che si giocano l’esistenza con droga e alcol; giovani che non possono sposarsi per l’impossibilità di metter su casa e famiglia; sempre più matrimoni che non reggono, tra l’infelicità di grandi e piccoli. L’Europa decresce e si avvia a scomparire dalla storia. Chi sono coloro che portano vita, giovinezza e felicità? Quelli che vivono per servire e amare. Occorre diventare come loro. I cristiani devono testimoniare con la propria vita, con coraggio e senza complessi che a loro è stata data la chiave della felicità. La creatura non può star bene senza il Creatore. Se il Creatore ha mandato il Figlio suo è follia far finta che ciò non sia avvenuto. Basta con i cristiani tiepidi che non sanno nemmeno se sono cristiani o no. Sono loro il peso che sta affondando la barca. Devo afferrare la mano che Dio mi tende e crescere con ciò che m’irrobustisce. Alla vita del corpo servono proteine, zuccheri e grassi. Alla mia vita spirituale servono il cibo della Comunione, la dolcezza della Confessione che facilita il rapporto con Dio, e la forza del Vangelo da leggere ogni giorno. Se un giorno non ricevo la Comunione e non leggo un po’ di Vangelo, se per due settimane non mi confesso, mi sento fragile, come per un’osteoporosi dell’anima. Spero un giorno di arrivare a dire con San Paolo: “non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (GaI. 2,20). Se incomincio davvero da me l’Europa rifiorirà..

sabato 9 novembre 2013

In compagnia dei propri cari defunti

 
Un mio amico ha perso la moglie dopo 60 anni di matrimonio. E’ una persona di fede e non dubita che la moglie è in Dio ma è evidente che avverte il vuoto dell’assenza. La verità della vita eterna è tra le più ostiche per quella mentalità dominante di cui anche noi siamo impregnati. Per questo ho scritto un libro sul Paradiso raccogliendo gli elementi di colore che il Vecchio e il Nuovo testamento riportano in proposito. Mi sono accorto però che ho trascurato un aspetto importante della vita eterna che è il rapporto tra i defunti e i vivi. Fin dalla prima formulazione del credo si parlò  della “comunione dei santi”: una verità dogmaticamente definita ma esistenzialmente poco vissuta, o, almeno, così mi pare. La solidarietà fra la chiesa trionfante, purgante e itinerante è chiara ma ho la sensazione che non si viva in pratica sufficientemente questa verità. Sappiamo che Gesù ci è vicino e che Maria, con i santi, è un punto di riferimento, ma i propri cari defunti possono sembrarci distanti, fermi nelle loro tombe. Invece la fede ben vissuta non è così. Il clima di famiglia proprio della Trinità, della famiglia di Nazaret e che Gesù ha vissuto con gli apostoli, continua ad esserci fra i cristiani vivi e dovrebbe esserci anche con i defunti. E’ un’esagerazione e un peccato ricorrere alle sedute spiritiche per riascoltare la voce di un caro defunto, mentre è un atto di fede vera non solo pregare per i defunti ma sentirsi in loro compagnia, farsi aiutare e sorridere con loro.