mercoledì 31 ottobre 2012

Gesù ha condiviso anche la condizione del disperato

 
“Dio mio perché mi hai abbandonato?” E’ il grido di Gesù sulla croce. Un grido che, sulle prime, mi parve sconcertante. Come poteva Gesù sentirsi abbandonato da Dio? In seguito mi resi conto che quella frase era l’inizio del salmo 22 che descrive la prostrazione del sofferente e termina con un confortante annuncio di salvezza. Oggi sto scoprendo un altro significato di quel grido. Sto partecipando al dolore di un mio caro amico che, dopo aver perso un figlio in un incidente  sette anni fa, ora ha perso sua figlia, una bella ragazza. Il mio amico e sua moglie ora sono soli con il loro dolore e rivolgono lo sguardo a Dio per interrogarLo. Io non oso intromettermi in questo dialogo ma nella mia preghiera ho meditato su quel grido di Gesù sulla croce. Con una chiarezza nuova mi è parso di capire che in quel grido c’è la totale partecipazione di Gesù ai nostri dolori, proprio a tutti i nostri dolori. Diventa tragica l’esperienza del dolore quando soffoca il rapporto con Dio, allora chi soffre si sente schiacciato da qualcosa più grande di lui, si sente l’ultimo essere abbandonato sulla terra. Ma se scopro che Gesù, il mio Dio, mi ha preceduto non solo nella sofferenza ma anche nel sentirsi abbandonato, qualcosa cambia. Questa terribile parola “di-sperazione” si dissolve grazie al conforto di Gesù e col conforto di Sua Madre che ha visto morire suo Figlio. “Nelle tue mani consegno il mio spirito” conclude Gesù, e questa è la prospettiva che può ridare speranza ai miei cari amici.


martedì 23 ottobre 2012

Che fare nell'anno della fede? Leggere il Vangelo


 
I miei genitori erano brave persone ma non erano praticanti. Quando avevo 8 anni trovai un vangelo in casa, lo apersi e trovai il brano di San Luca: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano”… con quel che segue. Rimasi colpito e andai a leggerlo a mia madre che non fece commenti. Ancora oggi penso che leggere il Vangelo, e in generale il Nuovo Testamento, sia il punto di riferimento per la mia vita. Qualcuno chi mi ha dato il consiglio di lasciare il segno dove sono arrivato e riprendere ogni giorno, per qualche minuto, non di più. Finita l’Apocalisse ricomincio da Matteo. Non ne so fare a meno: se non lo faccio mi manca qualcosa. Dico ai ragazzi scherzando che, come un medico, prescrivo la vitamina V (il Vangelo) da assumere una volta al dì, come si scrive sulle ricette. Se faranno questo la loro anima s’irrobustirà e saranno dei cristiani forti. Nei quattro Vangeli, negli Atti degli Apostoli, nelle lettere di San Paolo, ecc. c’è tutto: poesia, racconti, consigli, ideali, significati profondi, la scienza di vivere. Non c’è romanzo d’avventure che regga il confronto. Tutta la cultura occidentale ha lì la sua radice profonda. Ci sono perfino situazioni comiche. Come la donna malata che tocca Gesù in mezzo alla folla che lo preme e Gesù chiede: “Chi mi ha toccato?”, lasciando stupefatti i discepoli, o gli amici di un paralitico che lo calano davanti a Gesù da un tetto sfondato. Un buon consiglio a chi mi chiede cosa fare per l’anno della fede: leggere il Vangelo.


Guardiamoci dagli inganni dell'oligarchia finanziaria

 
Una volta tanto sono indignato, pur predicando che non bisogna indignarsi mai. E' in atto una manovra da parte dei giornali per staccare i simpatizzanti di Cl da Formigoni. Io ho stima, anche se non sono, di Cl e, abitando a Roma, non ho mai avuto l'opportunità di votare Formigoni, ma questa manovra mi pare ignobile perché vuol minare l'unità di una realtà nobile che ha portato la Lombardia a diventare la regione guida in Italia per tanti aspetti, in particolare perché ha tentato di mettere in pratica la dottrina sociale della Chiesa che riempie la bocca di tanti e viene praticata da pochi. Non facciamoci intimidire da alcuni (supposti) peccati che saranno forse stati commessi e invece rendiamoci conto che è in atto una manovra nel nostro Paese che non solo attacca il nemico di sempre, i cattolici, ma vuole azzerare qualsiasi concentrazione di potere politico. In teoria s'inneggia alla democrazia ma in pratica si sta distruggendo la credibilità di qualsiasi aggregazione democratica. Prova ne sia che i giornali instillano stima e simpatia soltanto per i tecnici, che già - si prevede - riprenderanno in mano le sorti del Paese, o per i denigratori della democrazia tipo Grillo.
Chi è l'organizzatore di questa campagna? La solita oligarchia che decide le sorti del mondo e di quel paese “insignificante” che è l'Italia. Un paese simpatico a tutti, eccetto che a loro per il semplice fatto che è considerato un paese cattolico, mentre quei signori sono di cultura protestante, puritana, capitalista selvaggia e illuminista: l'Italia per loro non deve alzare la testa soprattutto quando i paesi anglosassoni si mettono nei guai con speculazioni finanziarie dissennate mentre il nostro Paese non ne è quasi contagiato (grazie anche al deprecato Antonio Fazio).
Occorre avvisare i cattolici che c'è un disegno in questo senso e che non bisogna cadere nella trappola del "ma qualcosa Formigoni e Simone hanno fatto". Il problema non è quello perché nessuno di noi è senza peccato. Il problema è che altri ci mettono i bastoni fra le ruote e invece l'Italia, proprio perché è un paese cattolico, ha da insegnare al mondo intero tante cose, purché si scelgano gli uomini giusti alla faccia degli iettatori che gettano fango.
Sul supplemento del Corriere di venerdì scorso due vignette su due sfottono Formigoni dandogli del mafioso e del sepolcro imbiancato. Molta stampa è al servizio della grande oligarchia finanziaria che governa il mondo lasciando l’apparenza della libertà di voto e di parola. Basta che tu voti e dici quello che vogliono loro, altrimenti in men che non si dica diventi un Hitler, un mafioso, un dissoluto. La grande finanza internazionale e la comunicazione (stampa, tv e affini), che da essa dipende, sono una tenaglia che ti strozza appena vai fuori strada. Come ben illustra un recente libro intervista di Ettore Bernabei (L’Italia del “miracolo” e del futuro, ed. Cantagalli) Lenin è stato creato da loro, Hitler e Mussolini pure (qualche anno fa sono venute fuori le ricevute dei pagamenti inglesi al futuro duce). Garibaldi ha fatto la sua spedizione non solo con i Mille ma con i milioni che venivano dall’Inghilterra.
E’ importante che i cattolici, che sono buoni ma spesso ingenui, si facciano delle domande: come fa un australiano come Murdoch ad accumulare giornali in America e in Inghilterra, fra cui il Times di Londra (sopportando due mesi di sciopero), senza che nessuno gli torca un capello? Come fa un ragazzo di famiglia povera come Obama a studiare in una costosissima università fino a diventare Presidente degli Stati Uniti? Se ci sono i burattini ci saranno pure i burattinai. E oggi i burattinai hanno deciso che le forze più o meno democratiche del nostro Paese vengano azzerate.




domenica 14 ottobre 2012

Che si fa nell'anno della fede? Comincio con l'offerta delle azioni al mattino

“Ma insomma cosa devo fare per quest’anno della fede?” E’ la domanda di una mia amica che non si accontenta di formulazioni teoriche. In parte ha ragione. Gesù ha educato i suoi discepoli on the road, camminando con loro. Anche per noi l’anno della fede si deve inserire nel nostro cammino. “Lo spirito soffia dove vuole” dice, in sintesi, Gesù a Nicodemo ma, per far entrare questo soffio, devo tenere le finestre aperte. Perciò il mio proposito di quest’anno è curare, con calma e intensità, gli appuntamenti con Dio lungo la giornata. Gli impegni arrivano aggressivi e tentano di distogliermi dal proposito, e qualche volta ci riescono, ma mi sto preparando alla resistenza. Comincio dall’offerta delle azioni del mattino. Fin dall’infanzia ho cercato in tutti i modi di evitare di andare a dormire e, simmetricamente, la sveglia è stato il momento drammatico della giornata. Ancora ho nelle orecchie, con un soprassalto, la voce di mia madre che mi svegliava, con dolcezza ma irremovibile. Ora non è cambiato nulla: al mattino sono un bambino che vorrebbe dormire ancora, perciò ho escogitato un sistema per uscire nobilmente dallo stato di sonnolenza. Bacio l’immagine della Madonna che ho sul comodino e dico serviam! Ti servirò Signore. Non mi inginocchio se no rischio di restare per terra addormentato. Questo modo così semplice mi aiuta a centrare l’idea fondamentale: voglio fare della mia vita un servizio a Dio e la Madonna mi aiuta come un bambino. L’anno della fede squilla con la sveglia.



lunedì 8 ottobre 2012

Chi si converte diventa incendiario


    Conversione è il titolo del libro in cui Leonardo Mondadori rispondeva alle domande di Vittorio Messori descrivendo la propria conversione. “Conversione” è anche la parola chiave che il Papa ha utilizzato nell’omelia di domenica scorsa per inaugurare il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione. La “conversione” personale, per il Santo Padre, è lo scopo dell’anno della fede che deve trasformare il cuore dei fedeli.
Sono stato testimone dell’itinerario che Leonardo Mondadori, allora presidente della Casa Editrice, ha percorso nell’arco di una decina d’anni. All’inizio era un gentile signore desideroso di portare fermenti culturali nuovi, poi ha cominciato a prendere sul serio la fede e, infine, è diventato un uomo raggiante, apostolico a tutto campo. Sua è stata l’iniziativa di lanciare a livello internazionale il “primo libro di un Papa” Varcare la soglia della speranza, suo è stato il desiderio di pubblicare libri che spiegassero la natura e i fini del matrimonio, suo l’impegno per portare ad una fede operativa ognuno dei suoi amici. Ecco cosa può diventare un uomo che ha compiuto in sé, con l’aiuto della grazia, una conversione: una brace ardente capace di appiccare il fuoco dovunque. “Fuoco sono venuto a portare sulla terra…” dice Gesù (Lc 12,49) e il cristiano non è un cristiano completo se non è un incendiario. Io vorrei uscire da quest’anno della fede “convertito”: vorrei diventare un appiccatore di fuoco (d’amore di Dio) a tutto e a tutti. Questo intende Papa Benedetto.



martedì 2 ottobre 2012

La fede va comunicata con fede


La vita cristiana risponde alle esigenze della natura umana. Solo Gesù è in grado di riempire il nostro cuore e dare le risposte più profonde di cui andiamo alla ricerca. Questo è il grande tema sul quale i cristiani oggi sono chiamati a dar ragione della loro speranza. L’impresa non è facile perché la cultura dominante predica esattamente il contrario: liberiamoci dalla morale cristiana, si può vivere bene, anzi meglio, senza Dio. E’ una battaglia impari che ricorda quella combattuta dai primi cristiani contro la tradizione dell’Impero Romano che pretendeva il culto idolatrico.
Oggi la situazione è più complessa perché il messaggio cristiano viene dato per conosciuto e superato: non è totalmente contrastato ma relegato come marginale e, in fin dei conti, inutile. Conviene quindi una riflessione, soprattutto per quanto riguarda i laici credenti a cui tocca, ancor più che ai pastori, farsi carico della rivoluzione spirituale e culturale di cui c’è bisogno.
In passato la Chiesa è stata comunicatrice a tutto campo. La storia di Gesù, coronamento della storia della salvezza, è una storia affascinante, capace giustamente di coinvolgere giovani e vecchi, dotti e ignoranti. La Sua storia ha fatto prepotentemente ingresso nella Storia e i quattro vangeli sono la testimonianza dell’intensa tradizione circa la vita di Gesù. I Vangeli stessi sono un capolavoro di comunicazione: comprensibili da tutti, narrano la storia di Gesù attraverso i fatti della Sua vita e le Sue parabole, intessute di vita vissuta: la dracma perduta, il tesoro nel campo, il fico sterile, la pecora perduta, la donna malata, l’indemoniato guarito, la peccatrice perdonata, la perla preziosa… Una comunicazione perfetta.
Tutti sappiamo come, nei secoli, la Chiesa sia stata promotrice di arte e cultura: proponeva uno stile di vita a tutto tondo. Dal canto gregoriano nelle navate al riferimento costante dei campanili, svettanti nelle campagne e dominanti nelle città. La pittura era il catechismo degli illetterati (e anche dei letterati), l’agricoltura, le scienze e il vivere sociale avevano ripreso l’avvio dai conventi, le università erano nate ad opera dei frati. Il motto dell’Università di Oxford è tuttora Dominus illuminatio mea…
Poi c’è stata la ribellione della modernità. Una ribellione con effetti anche salutari: la Chiesa non è più l’arbitro politico fra i popoli ma è stata ricondotta alla sua funzione unicamente spirituale: il mio regno non è di questo mondo, aveva chiarito Gesù. Ma da questa ribellione la Chiesa non si è ancora ripresa. La sua voce potrebbe squillare ben a ragione come unica rivelatrice di bene e di felicità e invece la cultura dominante, forte delle sue radici illuministe, positiviste e puritane, tende ad azzittirla. E questo è il compito che ci attende: dare voce alla nostra fede. Ora è l’anno della fede ed è il momento buono per viverla meglio, e per comunicarla.
La Chiesa non è una società come le altre: la soluzione del suo problema di comunicazione sta nella vita santa dei suoi membri, nell’accoglienza da parte loro del dono dello Spirito Santo. Chiarito questo punto occorre comprendere a fondo che non ci si può limitare ad annunciare una dottrina basata su concetti astratti, principi, leggi, numeri. Questo può andar bene per comunicare con intellettuali ma per arrivare a tutti non basta dire cose vere, occorre raccontare delle storie.  L’emozione che una storia provoca fa sorgere interesse per la verità. Le ragioni, che noi cristiani abbiamo, devono risaltare attraverso le emozioni. I grandi scrittori russi dell’800 hanno fatto questo. Un romanzo come Il Signore degli anelli trasmette valori attraverso il racconto fantasy. Il romanzo di Alessandro D’Avenia Bianca come il latte, rossa come il sangue è in vetta alla classifica da quasi tre anni, è stato tradotto in 16 lingue e riceve, attraverso internet, attestati di ritorno alla fede da parte di tanti lettori.
I grandi sistemi di potere della nostra epoca hanno trasmesso il loro stile di vita non solo attraverso la letteratura ma attraverso il cinema e la televisione. Da bambino i film western, d’amore e di guerra americani sono stati il mio modello culturale, a cui vanno aggiunti i dischi e la musica, dal jazz in poi. I miei genitori, a modo loro, si riferivano al modello inglese che è continuato attraverso i film,  i prodotti della BBC, i Beatles e compagnia. La Cina oggi sta reinventando la sua storia e la sua mitologia sempre attraverso i film. L’India ha Bollywood, il Brasile la musica e il calcio spettacolo.
In Italia la società di produzione Lux Vide, fondata da Ettore Bernabei, ha prodotto per la tv 100 ore di film sulla Bibbia e ha venduto con ottimi successi i suoi prodotti in tutto il mondo (unica produttrice italiana a raggiungere questo risultato). Non si è limitata alla Bibbia e alle vite dei Santi (il santo è più amabile di altri personaggi: attraverso la sua storia la gente percepisce che la vita cristiana è conveniente ai desideri del cuore, è desiderabile) ma ha offerto al pubblico storie belle come Guerra e Pace, Pinocchio, Cenerentola e tante altre, mentre il Don Matteo ha superato il Grande Fratello. Le storie televisive plasmano il gusto e la vita della gente, dobbiamo rendercene conto e impegnarci.
Se qualcuno offre al pubblico la storia scandalosa di un prete pedofilo, la risposta non può essere solo che i preti pedofili sono meno dell’1 per mille dei sacerdoti. Occorre raccontare una storia di un prete fedele e amabile: una storia vera e quindi convincente. Non si può solo rispondere con concetti astratti.
La rivista su cui sto scrivendo, Tempi, svolge, al suo livello, un servizio del genere. Basta, a titolo d’esempio, vedere come la storia commovente di Simone stia creando un movimento di opinione pubblica per il miglior funzionamento del sistema giudiziario italiano.
In sintesi occorre fede, cuore, convinzione per trasmettere a tutti i livelli emozioni che abbiano come fondamento la verità. Si tratta di un compito immane, siamo dei Davide di fronte a Golia, ma, come per Davide, la grazia del Signore è la nostra forza.




Alle volte basta un mazzo di fiori...

 
“Porta un mazzo di fiori a tua moglie”: un consiglio più semplice di così è difficile immaginarlo e invece - ed è una storia vera - è stato decisivo per la vita di un matrimonio. E’ la storia (vera, ripeto) che un mio amico medico, padre di sei figli, mi ha raccontato. Un giorno un collega entra nella sua stanza con la faccia scura. “Che ti succede?” “Sto per separarmi da mia moglie”. Momento di silenzio, il mio amico prega… poi suggerisce: “perché stasera non le porti un mazzo di fiori e le dici che in realtà le vuoi bene e che non vuoi separarti da lei?”. Detto, fatto: il collega compra i fiori e parla con la moglie. Il giorno dopo entra radioso nella stanza: “Lo sai? E’ andata bene. Mia moglie ha pianto e ci siamo riconciliati”. Ora sono passati alcuni anni, il collega medico ha tre figli e ha fatto passi avanti nella fede. Questa storia mi ha provocato un grande sollievo. Confesso che non ce la faccio più a sentire storie di matrimoni che si sfasciano: mi viene da piangere. Non credo che il motivo sia che sto diventando vecchio, piuttosto penso di rendermi meglio conto di quanta amarezza e sofferenza queste situazioni portano con sé. Questa storia semplice e forte mi ha fatto riflettere su quanto siamo ignoranti l’uno dell’altro. Sappiamo tante cose scientifiche, tecniche, umanistiche ma sappiamo poco dell’animo umano. Da ora in poi guarderò meglio gli altri e cercherò di rendermi conto di quando hanno bisogno di “un mazzo di fiori”. Devo imparare meglio a voler bene.