domenica 29 agosto 2021

Il feeling con Gesù

 Nella mia vita spirituale vengono momenti di particolare chiarezza come accade a ognuno di noi. Un particolare da sempre conosciuto assume una nuova evidenza
e può diventare anche il
 leitmotiv della vita interiore per mesi o anni.

Per me sta avvenendo così per la cosiddetta “presenza di Dio”. Sappiamo tutti  sin dall’infanzia che è bene per un cristiano sentirsi al cospetto di Dio in ogni momento della propria vita.

 

 La frase di Gesù “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Giovanni 6,53) è stata sempre considerata al momento di parlare del Sacramento dell’Eucarestia, che la teologia sacramentaria pone al proprio vertice. Nella coscienza popolare però resta presente l’obbligo di comportarsi correttamente piuttosto che la ricerca di un continuo feeling con Gesù, tanto per esprimermi in termini contemporanei. Dai tempi dell’egemonia britannica puritana nella cultura occidentale viene riservata una particolare attenzione al sesto comandamento e a tutte le sue implicazioni e sfumature: non guardare, non toccare, non pensare… Tutte cose giuste ma che non possono diventare il tema centrale della morale cattolica. Quando si deve pubblicizzare un programma erotico viene utilizzata l’immagine della mela morsicata mentre l’episodio dell’albero della conoscenza del bene e del male è riferito a tutt’altro: alla disobbedienza a Dio che aveva proibito di mangiarne. Il sesso non c’entra. Questo tipo di interpretazione porta a identificare il rapporto con Dio con la morale, in particolare con la morale sessuale, con il disprezzo di ciò che è materiale, con effetti dannosi. Tutti abbiamo sentito dire che ciò che è buono è sempre un peccato, anche se stiamo parlando della cassata siciliana.

 

  Mi sembra che vada sottolineata invece l’intenzionalità di Gesù di “dimorare” in noi. Un’intenzionalità che non “accompagna” l’Incarnazione di Cristo ma ne è il fine. La riparazione del peccato dell’uomo va di pari passo con la riconciliazione con Dio, come continuamente ripete il Nuovo Testamento. L’uomo riconciliato può vedere Dio guardando Gesù (“Filippo, da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto! Chi ha visto me ha visto il Padre!” Gv 14). La condizione del cristiano è di poter continuamente relazionarsi con Gesù. Può “mangiarlo”  nella Comunione, può parlargli giorno e notte. Non è immediato sentirne le risposte ma col silenzio interiore e l’atteggiamento di ascolto Gesù comunica ispirazioni e affetti. Chi vive così sarà mosso dal Dio che vive in lui e non solo non farà concessioni al disordine sessuale ma sarà amabile con i parenti, sarà una persona che farà felice chi ha vicino.


mercoledì 18 agosto 2021

Per il Meeting: Mandulinata a Napule

 Per mera bontà degli organizzatori sono stato invitato al Meeting di Rimini 2021 (23 agosto) per parlare dell’aspetto umano e spirituale delle canzoni napoletane che don Giussani apprezzava. 

La cultura napoletana è universale perché è una cultura del cuore priva di filtri, perciò appartiene a tutti, anche a coloro che racchiudono il proprio cuore fra pudori dettati dalle convenzioni. Nel senso migliore del termine la cultura napoletana è senza pudori. Il napoletano non vede perché debba nascondere il suo stato d’animo, le sue simpatie o le sue antipatie che provvede a trasformare in capacità sfottitoria. In questo caso le antipatie si fondono con la capacità di ridere per qualsiasi cosa. Anche per il napoletano c’è un imperativo categorico: bisogna prendere tutto con buon umore. Da ciò deriva il senso di gradevolezza che accompagna l’accento napoletano: subito si diventa disposti a sorridere.


Per motivi storici Napoli è una città musicale. E’ qui che sono nati i conservatori che in origine erano centri di raccolta di orfani e ragazzi poveri. Con il tempo si vide che conveniva insegnare canto e musica in questi centri perché si apriva uno sbocco professionale ai giovani che potevano diventare musicisti, cantanti o semplicemente posteggiatori (quei gruppi musicali che ora cantano nei ristoranti e che in origine cantavano davanti alle Poste).  In origine c’erano quattro conservatori in città che ora sono stati unificati.  Mozart venne a Napoli considerandola una città della musica. Il teatro San Carlo è del 1737 mentre prima si utilizzavano altre sale per rappresentazioni musicali. Qui è nata l’Opera buffa ed è stata sempre apprezzata l’Opera lirica. I musicisti fioriti a Napoli sono innumerevoli.


Secondo Wikipedia il San Carlo è “il teatro d'opera più antico d’Europa e del mondo ad essere tuttora attivo, primo teatro Italiano ad istituire una scuola per la danza; anticipa di 41 anni il teatro alla Scala di Milano e di 55 anni il teatro La Fenice di Venezia. Date le sue dimensioni, struttura e antichità è stato modello per i successivi teatri d’Europa. Il Teatro è stato inserito dall’UNESCO tra i monumenti considerati Patrimonio dell’Umanità, oltre ad essere classificato come teatro più bello del mondo.”


                         


lunedì 9 agosto 2021

Il Suo fine è dimorare in me


 La dottrina della Chiesa sulla Redenzione operata da Gesù è ben chiara. Il sacrificio di Cristo in remissione dei peccati ha come effetto che “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Giovanni 6,53).

 Nella scarsa formazione che ho ricevuto da ragazzo veniva accentuata l’importanza della remissione dei peccati operata da Cristo mentre la Comunione risultava quasi come un corollario, una provvidenziale conseguenza del Sacrificio di Cristo. Oggi mi sembra importante sottolineare l’intenzionalità di Gesù non solo di perdonare ma di “dimorare” in noi. San Paolo afferma nella seconda lettera ai Galati: “non vivo più io ma vive in me Cristo” e il santo non è altro che una persona che ha lasciato operare in sé Gesù.

 Grazie all’incontro con Sant’Escrivá ho appreso l’importanza del continuo colloquio con Gesù durante la giornata. I sacramenti della confessione e della comunione, assieme alla lettura del nuovo Testamento e di libri spirituali, la recita del rosario e altre pratiche non hanno altro fine che creare questa continua “convivenza” con Gesù, con Maria e le altre realtà soprannaturali. Questo è il dimorare “in me e io in lui” di Gesù. Certamente ho il desiderio che Dio mi perdoni e voglio avvertire il dolore per i miei peccati ma la gioia della vita di un cristiano sta nella compagnia di Gesù e di lasciarlo operare in lui.

 Ho imparato a cercare, giorno e notte, il colloquio con Gesù. Certamente parlare con Dio non è un colloquio fra pari: io gli dico ciò che mi sta a cuore e gli chiedo aiuto. Dipende dalla Sua grazia farmi capire o sentire qualcosa. Resta nella coscienza la certezza di essere ascoltato e amato, malgrado le distrazioni..

  In fin dei conti per me è utile ed entusiasmante pensare che Gesù ha considerato il Suo fine dimorare in me e nell’anima di coloro che vogliono amarlo. Riflettere su questo rende il cristianesimo attraente mentre presentarlo solo come una lotta al peccato è riduttivo e scoraggiante. Dio è vita e il rapporto con Gesù è allegria, casa, famiglia.




Quando l'amore diventa frittata

 Quando l’amore diventa frittata

 

Una bella canzone di fine anni ’60 s’intitolava: Quando l’amore diventa poesia. Oggi vorrei apporre una variante e spiego perché.

 Non tutti conoscono le innovazioni che san Josemaría ha apportato nell’ambito della formazione dei laici cristiani. Alcune di queste hanno una portata notevole. Per esempio indurre anche le persone normali che vivono la vita abituale a coltivare un rapporto con Dio intenso, agevolato da una profonda formazione e da stimoli spirituali, degni delle più elevate anime contemplative. Un operaio, una madre di famiglia o uno studente che diventano esempi di santità sono conseguenza del messaggio da lui diffuso. Così come la santificazione del lavoro ordinario o il valore apostolico dell’amicizia, sono verità cristiane che il Santo ha insegnato a praticare. Avvicinarsi a Lui significa fare tante scoperte e mi vorrei soffermare su una in particolare.

 San Josemaría ha insegnato a una serie di donne a santificarsi accudendo sotto tutti gli aspetti materiali, dalla cucina alle pulizie, dalla cura degli abiti all’attenzione per le cappelle dell’Opera, le persone che si dedicano all’apostolato cristiano. Alcuni di questi decidono di farlo restando celibi per servire meglio il Signore. Ebbene queste persone, specialmente uomini, hanno il conforto di essere accuditi da queste donne senza nemmeno conoscerle conservando la distanza fisica. Non entro in dettagli ma racconto che in questo periodo sto vivendo in Sicilia un periodo di formazione e riposo accudito da questo personale femminile di cui vedo le opere ma che non conosco personalmente. La cura che mettono nella cucina lascia entusiasti. Non ci sono menu costosi ma ben pensati. Le cose semplici diventano speciali. La caprese, pomodoro e mozzarella, diventa particolare aggiungendo erbe aromatiche, un po’ di melanzane, qualche fungo. E’ un esempio fra i cento che potrei fare. Ogni giorno viene il desiderio di chiamare la cuoca e rivolgerle un applauso collettivo.

  Bene si dirà, sono i soliti maschi che apprezzano le camicie pulite ma si commuovono quando mangiano bene. E invece la storia non finisce qui. Esiste una potente molla d’amore che è il sentirsi amati. Queste donne ti fanno sentire amato passando per il cuore di Cristo. Tanto più perché nemmeno le conosciamo e non possiamo far loro complimenti se non attraverso il citofono della direttrice. Essere soprannaturali significa essere molto umani. Questo sforzo di presentare sempre piatti nuovi, preparando cibi saporiti, parla di amore disinteressato; dice: tu hai dato il cuore a Dio e io ti voglio bene di cuore e te lo dimostro coi fatti. Voglio che tu sappia amare sempre di più perché ti sei arricchito dell’amore che ti sto dimostrando. Perciò non stiamo parlando di frittate ma di amore, e si può dire: quando l’amore diventa frittata.