Il
Cuore di Gesù. E' una festa popolare anche se non gode di grande fama nei
media. La cultura dominante presenta il rapporto con Dio come oppressivo: un Dio
controllore, che punisce. La religione viene presentata come una morale senza
respiro. Le cose stanno diversamente. I cristiani hanno un Dio che viene
incontro, che si dà da mangiare, che perdona, che offre la sua vita. Quand'è
che Gesù diventa severo? Con i farisei, con coloro che si credono giusti,
convinti di sapere come stanno le cose: in altre parole con gli
autosufficienti. Dio vuole essere riconosciuto da noi perché "è",
come dice a Mosé davanti al roveto ardente. Pensare di fare a meno di Lui non è
una scortesia verso un dio permaloso: è uno sbaglio di cui pago le conseguenze
sia personalmente che collettivamente. La società senza Dio va verso il
disastro. Gesù conferma l'opportunità della devozione al Suo Cuore nelle
apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque dal 1673 in poi. Un atteggiamento
comune nei santi è l'assoluta fiducia in Dio e nel Suo perdono. Pensare di
essere troppo peccatori per essere perdonati è una tentazione demoniaca.
Viviamo in un'epoca che ha perduto il senso dell'amore favorendo un individualismo
che disgrega le famiglie e rende infelice la singola persona. Siamo nell'epoca
dei diritti individuali e del rifiuto dei dolci legami dell'amore. Perciò la
devozione al Sacro Cuore di Gesù e al dolce Cuore di Maria è necessaria. Non è
una devozione da bigotti. E' una devozione che affonda le sue radici nel colpo
di lancia nel costato di Gesù. Oggi non ci sono le truppe rivoluzionarie
francesi che bruciano i villaggi della Vandea fedele al Cuore di Gesù, ci sono
i mezzi di comunicazione che tentano di soffocare la riconoscenza verso quel
Cuore.
mercoledì 28 giugno 2017
giovedì 22 giugno 2017
La morte del Padre. Un funerale si è trasformato in festa.
Un funerale si è trasformato in festa. Ricordo con nitidezza il 26 giugno del 1975 quando la notizia arrivò, alle 14: il Padre è morto. Ero a tavola con Cesare Cavalleri e, dopo un tempo di preghiera in cappella, lo accompagnai alla metropolitana di Piazza Amendola a Milano. C'era un sole splendente: un contrasto fra quella calda luce e il mio cuore stretto dal dolore. Avevo perso la guida paterna di San Josemaría Escrivá. Quella luce e quel calore ora sono in me perché il 26 giugno è la festa del Santo. Devo tanto a lui. La vita, il temperamento e l'educazione li devo ai miei genitori ma San Josemaría ha rivoltato la mia vita come un calzino. Mi ha insegnato a voler bene in modo reale, pratico, fino al dettaglio affettuoso, come faceva lui seguendo il comandamento "nuovo" di Gesù. Mi ha insegnato che non esiste il dovere ma l'amore, che vuol dire compiere fino alla fine il lavoro col cuore, perché è ciò che "devo" all'Amato. Mi ha convinto che sono realmente figlio di Dio in Gesù e mi ha consigliato di essere figlio piccolo, non più di 7 anni, perché dopo s'impara a dire le bugie. Mi ha insegnato a guardare gli altri con gli occhi di nostra madre, Maria: non più individui ma fratelli simpatici, anche quelli che si presentano come antipatici. Mi ha trasmesso un'allegria contagiosa che è l'odore dello Spirito Santo mentre la tristezza è l'esalazione del demonio. Mi ha confermato nell'amore appassionato a Maria e anche nella speranza della vita eterna. Diceva: "Dio non agisce come un cacciatore in attesa della più piccola negligenza della preda per colpirla. Dio è come un giardiniere che cura i fiori, li irriga, li protegge; li coglie soltanto quando sono più belli e rigogliosi. Dio prende con sé le anime quando sono mature”.
martedì 20 giugno 2017
venerdì 16 giugno 2017
Napoli è una città singolare
Napoli
è una città singolare. La gente ride: questa è la prima osservazione per chi
arriva. Ridono a gruppi, ridono i figli con i genitori, ridono i genitori fra
loro... Non c'è situazione gravosa senza che qualcuno intervenga con una
battuta spiritosa. La gente è gentile. Si nota l'istinto di scansare la fatica
ma quando si deve fare un favore a un amico si fanno in quattro. La
predisposizione alla musica è evidente. C'è una produzione autonoma di CD
musicali con un mercato interno in città. Il teatro è passione: non si
percepisce il confine fra la vita vera e il teatro. Sembra che le commedie di
De Filippo continuino per strada. Si mangia in modo moderato ma di sfizio. Si apprezzano
i piatti di sempre, cucinati con tradizione. La pasta e la pizza invece vengono
consumate in quantità. Le ragazze sono paffute mentre in altre città aspirano
ad assomigliare ai pali della luce. Gli uomini sono eleganti e le donne amano
le tinte sgargianti. Il panorama è mozzafiato. La religiosità popolare si
palpa. San Gennaro è puntuale con il suo miracolo il 19 settembre e altre due
volte all'anno. Le persone sono benevole ma non sopportano i fanatismi. Appena
qualcuno si sente importante il pernacchio è immediato. C'è intolleranza alla
regola, mentre c'è la predisposizione all'amore. La leva per far lavorare i
napoletani è la passione. I napoletani amano Napoli ma non gli amministratori
della città e qualche ragione ce l'hanno. Gli intellettuali amano lo studio,
parlano benissimo e ricordano ancora la ferita della repressione sanguinosa
della repubblica del 1799 (complice Nelson). Chinchino Compagna è stato un
repubblicano cattolico e ha lasciato un segno assieme a Gerardo Marotta con il
suo Istituto per gli Studi Filosofici. La città è viva anche se molti
napoletani la pensano morta.
venerdì 9 giugno 2017
Uscire dalla crisi
Bisognerebbe
studiare nelle scuole il discorso che Benedetto XVI rivolse al mondo della
cultura a Parigi il 12 settembre 2008. Un discorso che si conclude con una
frase significativa: "Ciò
che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad
ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura." La
necessità di operare una sintesi di un argomento così vasto fa sì che ogni
paragrafo meriti di essere letto accuratamente e meditato. Ratzinger parla di
un passato che si riallaccia alla tarda romanità (Bendetto da Norcia nacque nel
480, quattro anni dopo la deposizione dell'ultimo
imperatore romano d'Occidente Romolo Augustolo) eppure il suo
discorso è di tale attualità da mettere a disagio alcuni dei presenti che si erano
opposti alla citazione delle radici cristiane d'Europa nella stesura della
costituzione europea (che non arrivò mai all'edizione definitiva). Ma non si
tratta solo di una precisazione storica, Benedetto addita la via d'uscita dalla
crisi attuale della cultura occidentale, prendendo spunto dall'atteggiamento di
quei monaci. Per loro lo studio della parola era il modo di attingere al Verbo
di Dio Gesù e il lavoro era la continuazione della creazione. " Del monachesimo fa parte -
dice Benedetto XVI - insieme con la cultura della parola, una cultura del
lavoro, senza la quale lo sviluppo dell’Europa, il suo ethos e la sua
formazione del mondo sono impensabili. Questo ethos dovrebbe però includere la
volontà di far sì che il lavoro e la determinazione della storia da parte
dell’uomo siano un collaborare con il Creatore, prendendo da Lui la misura.
Dove questa misura viene a mancare e l’uomo eleva se stesso a creatore
deiforme, la formazione del mondo può facilmente trasformarsi nella sua
distruzione."
mercoledì 7 giugno 2017
Cosa possono fare i cristiani?
Quando parlo della disgregazione morale ed economica
provocata dall'oligarchia speculativa finanziaria, arriva la domanda di rito:
cosa possono fare i cristiani? Le risposte nascono dalla fede. Gesù ha detto:
senza di me non potete fare nulla. Innanzi tutto fiducia nella Provvidenza e
pregare. La seconda risposta è che la vita dell'anima cristiana assomiglia a
quella del corpo: ha bisogno di alimentazione. Oggi sappiamo tanto sulle diete,
sui cibi adatti e sugli integratori... Siamo più o meno tonici, palestrati e
col peso giusto (a cui aspiriamo invano). Viceversa la mia vita spirituale,
prima di incontrare un santo, era in uno stato pietoso di denutrizione da Sahel
(crisi alimentare e siccità). Ho bisogno dei consigli del medico (direzione
spirituale e confessione), del cibo
ricostituente (l'Eucarestia), frequentare gli amici giusti (Gesù, lo Spirito
Santo, Maria e i santi), avere una visione del mondo (lettura continua dei
Vangeli e dei libri fondanti del cristianesimo, da Sant'Agostino a Joseph Ratzinger)
con una solida cultura sociale adatta ai tempi. Con questa alimentazione sarò
capace dell'impegno fondamentale del cristiano: saper voler bene ("da
questo riconosceranno che siete miei discepoli"). Saper voler bene è
un'arte che influisce nella vita familiare, nel mio lavoro e nel mio rapporto
col mondo. E' un'arte che non si finisce mai d'imparare ma è quella che
definisce lo stile di quel cristiano "popolo in cammino". Non occorre
improvvisare subito partiti politici. Occorre lo stile di vita di Gesù, con
l'aiuto di Gesù. Dopo di che la Provvidenza provvederà.
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