venerdì 31 ottobre 2014
venerdì 24 ottobre 2014
Questi cattolici così seri...
Per chi pensa che l'impegno per vivere da cattolici sia una cosa barbosa, allego questa fotografia.
Costanza ha scritto una prefazione spropositata al libro che ho fra le mani (Cartoline dal Paradiso è il titolo. Quello a destra sono io anche se sembro Dario Fo), ma pur di vendere qualche copia la trascrivo integrale qui sotto...
Per tutta la vita ho sperato
di conoscere Pollyanna, l’eroina della mia infanzia, la ragazzina che sogna di
ricevere una bambola, l’aspetta, la agogna, e quando scarta il sospirato
pacchetto e ci trova dentro delle stampelle inviatele per sbaglio, invece che
disperarsi si mette a pensare che in fondo, alla fin fine, il lato positivo
c’è, ed è che le stampelle non le servono, perché le sue gambe funzionano. Avere
un’amica come Pollyanna è fondamentale nella vita, dovrebbe essere un diritto
non negoziabile dell’umanità. Ogni essere umano dovrebbe vedersi garantita per
statuto la vicinanza di qualcuno che lo aiuti sempre a vedere il bene che è
intrecciato al resto, tra le pieghe della vita, con i suoi fili chiari e scuri
annodati, a volte inestricabili. Qualcuno che non perda la calma, che si metta
lì ad aiutarti a sciogliere il nodo, che veda la direzione della storia, che
sappia ridarti coraggio, qualcuno che sappia fare tutto questo per te non
perché non veda la realtà, ma perché vede in controluce la storia guidata da
Dio. Io questo amico, un amico vero, l’ho trovato. Si chiama Pippo Corigliano.
Pippo non è una persona come tutti gli altri, lui vive con i piedi per terra ma
lo sguardo fisso verso il cielo. D’altra parte lui lo ha detto. Anche lui, come
san Filippo, preferisce il paradiso.
Per esempio, voi, immagino
che siate persone normali come me, no? Se avete quattro buste della spesa e due
o tre bambini per mano (si sa che ai genitori spuntano degli arti aggiuntivi in
caso di necessità), e vi squilla il cellulare, e il semaforo pedonale è
insistentemente arancione tendente al rosso e comincia a piovere, e per quanto
siate dotati di superpoteri non riuscite proprio ad aprire l’ombrello e anche
ad agguantare il telefono che si è vigliaccamente acquattato in fondo alla
borsa, ecco, in quel momento può anche succedere che vi sfugga una piccola
imprecazione. Non dico una parolaccia, ma un mannaggia-al-mondo quello sì. Un
moto di impazienza, un impercettibile sbuffo. A me sì, succede. Succede di
arrabbiarmi se le cose vanno storte, se qualcuno mi fa una prepotenza, se
subisco un’ingiustizia.
A Pippo no. Lui trova sempre
qualcosa di cui gioire in tutto quello che succede, anche lui come Pollyanna se
cade dice “che bello, tanto dovevo scendere”.
Sembra aver capito il segreto
della perfetta letizia di San Francesco, che trovava la gioia nell’accogliere
la realtà docilmente, vedendo in ogni occasione la possibilità di fare la
volontà di Dio. Ma quando dico letizia, dico proprio letizia. Io con Pippo non
riesco a stare senza ridere per più di tre o quattro minuti consecutivi.
Inventa proverbi a caso, storpia i nomi, prorompe in manifestazioni di genuino
entusiasmo per le cose più ordinarie, tipo una bottiglietta d’acqua fresca o
una sedia pronte per lui, quelle cose a cui noi tendiamo ad abituarci.
So che si imbarazzerà di
questo panegirico, e cercherà di modificarlo, ma dovrà passare sul mio
cadavere. Perché persone come lui rendono il mondo un posto più allegro, e non
c’è niente di male a spargere la voce. I Pippi esistono!
Se qualcuno sbaglia, lui
trova il modo di addossarsene la colpa senza dare troppo nell’occhio. Se
qualcuno è insopportabile sarà l’unico a scovare l’unico, minuscolo, quasi
invisibile tratto piacevole di quella persona. L’aspetto salvabile, ciò che lo
rende amabile (ma solo a lui). Se qualcuno non sa fare una cosa, lui si
affannerà a dire quanto sia bravo però a fare quell’altra, in fin dei conti.
Perché il suo principio è: se non ne puoi parlare bene, non ne parlare. E se
proprio devi criticare qualcuno, ti risponderà “allora comportiamoci bene io e
te, e ci saranno due in meno che si comportano male”.
Ecco, queste cartoline dal
Paradiso sono una meravigliosa, ostinata, divertentissima prova del fatto che è
sempre possibile trovare la gioia. Perché la gioia non è un’emozione, ma una
decisione del fondo dell’anima. E il motivo è che se Dio, Dio in persona, l’Onnipotente,
è tuo Padre, cosa altro può farti disperare nella vita?
Diceva santa Bernadette che la
fede è vedere Dio ovunque, e infatti la Madonna durante una delle apparizioni
le insegnò che fare il segno della croce significa proprio questo: prendere su
di sé la realtà, tutta intera, farsene carico senza rifiutare niente. E proprio
questo è il pallino di Pippo: scovare gente che vive la fede in modo normale,
che è felice nella sua vita ordinaria, che parla di Dio dirigendo aziende,
impastando torte, visitando malati, cantando canzoni o scrivendo romanzi o
pulendo pavimenti.
Ci è capitato di lavorare
insieme per la tv, abbiamo girato dei documentari. Io continuavo a proporgli di
intervistare suore e preti, e lui, sembrava lui il più giovane e il più fresco
dei due, deciso come è a parlare soprattutto delle vite normali delle persone ordinarie,
che rivelano Dio non con l’abito, ma con il sorriso o il modo di giocare a
tennis o di cuocere la pizza.
Be’, anche io preferisco il
paradiso, se è abitato da persone così.
I tempi folli passeranno e resterà l'esempio luminoso
Papa Francesco ha concluso con un discorso equilibrato e
profondo la prima fase del Sinodo sulla famiglia. La Provvidenza ha voluto che
il giorno dopo venisse beatificato Paolo VI, il Papa che ha portato a termine
il Concilio Vaticano II e ha retto la tempestosa stagione del dopo Concilio.
Chi ha vissuto quegli anni ricorda la pressione dei media sulla Chiesa perché
si adeguasse alla cultura dominante. Il vento del ’68 soffiò anche all’interno
delle mura ecclesiastiche e gli anni ’70 in Italia furono anni di pesante
propaganda marxista all’insegna del “tutto è politico”; il terrorismo ebbe il
suo momento culmine nella supplica di Paolo VI alle brigate rosse per salvare
la vita dell’amico Moro. Sembrava di vivere un periodo di follia collettiva
simile a quello che viviamo oggi con l’attacco dissennato alla famiglia. Poi il
clima concitato passò e oggi vediamo i frutti maturi del Concilio: il più
notevole è la nuova stagione di santità per i laici. In Italia in particolare
c’è stato un fiorire d’iniziative che puntano ad una più profonda spiritualità
del laicato cattolico. Lo Spirito Santo ha lavorato e Papa Francesco si adopera
proponendo una profonda conversione ai semplici fedeli: coltivare il rapporto
con Dio (Vangelo, Eucaristia, preghiera), servire gli altri, saper convivere,
sperare contro ogni disperazione. Il Papa ci dà la fiducia che anche questi
tempi folli passeranno e resterà l’esempio luminoso di chi avrà saputo
percorrere i sentieri della terra da amico di Dio.
giovedì 16 ottobre 2014
Il fascino dell'amore vero
L’aggressione organizzata del
5 ottobre contro le sentinelle in piedi (organizzata, perché i centri sociali
si muovono se ispirati da qualcuno) aiuta a riflettere. Quali sono le vere armi
del cristiano? La prima è un intenso rapporto con Dio. Per i laici il modello
sono i primi cristiani. Pietro è in carcere, e che si fa? Si prega, e Pietro
viene liberato. Si prega non solo nelle occasioni disperate: gli Atti degli
Apostoli ci raccontano la grande dimestichezza con lo Spirito Santo. Noi laici
di oggi siamo stati educati ad evitare l’Inferno piuttosto che ad un rapporto
continuo con Gesù. Questa è la vera falla, questo è il buco gigantesco che va
colmato. Tutto ciò che io sono proviene da Dio, perché devo vivere senza
rapporto continuo con Dio? Se la società impazzisce e insegue vanità la prima
responsabilità è mia che non so trasmettere il fascino di Cristo. Passando al
piano operativo occorre comunicare la bellezza dell’amore fecondo. Finiamola
col romanticismo emotivo e mostriamo la solidità e il fascino dell’amore vero
alla prova degli anni. Il giornalismo, la fiction e l’intrattenimento sono
l’occasione per i cristiani di gridare dai tetti la verità di quest’amore.
Autori come Miriano, Guareschi, Torelli hanno trattato il tema della famiglia
con stile invogliante e brillante. Newman e Chesterton sono modelli di
positività e umorismo. Le battaglie civili non bastano da sole. Il nostro
modello non è la Rivoluzione Francese ma gli apostoli che portano la buona
notizia del Vangelo.
domenica 12 ottobre 2014
Vescovi siate virili
“Santità siate virile” scriveva al Papa la giovane Caterina da Siena. Io non sono santo come Caterina ma sento il bisogno di gridare ai padri sinodali di non lasciarsi condizionare dalla pressione dei mezzi di comunicazione che vogliono ridurre il tema del Sinodo a quello della comunione ai divorziati risposati. “Siate virili” mi permetto di dire citando la Santa. Spiegate al mondo che la Chiesa è figura di Maria che ha generato un Figlio che è morto per amore. Amare fino a morire: questa è la lezione che i laici cristiani hanno bisogno di ricevere dai loro pastori. Si sa: nel matrimonio si possono creare situazioni limite insostenibili. Ma è anche vero che l’impressionante aumento dei cristiani che divorziano dipende dalla loro scarsa formazione all’amore. Non conoscono Gesù: non leggono il Vangelo, non Lo ricevono nell’Eucarestia, non hanno dimestichezza con Lui nella preghiera. Dove può andare la Chiesa con dei fedeli che sono infedeli all’amore, infedeli alla parola data? Cristiani tiepidi da vomitare, come dice la Scrittura (Ap. 3,16). Questo è il problema dei problemi. La formazione dei laici cristiani è carente. Non conoscono in pratica il primo comandamento che è quello dell’amore. Per cui facciamo tutti penitenza, preghiamo e impariamo dai primi cristiani che hanno saputo dare la loro vita per amore di Gesù. Come dice Costanza Miriano alle volte il matrimonio sarà come mordere un sasso, ma i santi martiri c’insegnano a mordere anche i sassi. Per amore, solo per amore.
domenica 5 ottobre 2014
I santi e l'Eucarestia
L’esperienza dei mistici può
aiutare me e tanti altri che mistici non sono. Santa Caterina da Siena
desiderava così fortemente ricevere la santa comunione che un giorno l’ostia
consacrata volò da lei che stava nel fondo della chiesa. Un’altra volta un
episodio simile si colorò di aspetti pratici che si rivelarono buffi. Caterina
desiderava ricevere la comunione e si recò nella vicina chiesa di San Domenico
dove il frate Raimondo da Capua, suo confessore, avrebbe celebrato la Messa.
Era però tardi e, siccome Caterina cadeva in estasi dopo aver ricevuto il
Signore sacramentato, le proibirono di comunicarsi perché la chiesa doveva
chiudere e non sapevano come fare con una in quello stato. (Anche San Giuseppe
da Copertino andava in estasi quando andava nel coro e s’innalzava in volo,
tanto che gli proibirono di scendere nel coro con gli altri. Quando si dice che
i santi danno fastidio…). Caterina pazientemente accettò di non ricevere la
comunione. Ma mentre fra’ Raimondo concludeva il rito si accorse che una parte
dell’ostia consacrata, che aveva frazionato, non c’era più. Pensando che fosse
caduta, la cercò in ogni modo e disse al sacrestano di non toccare nulla perché
doveva recarsi momentaneamente dalla Santa e al ritorno l’avrebbe ancora
cercata. Caterina gli parlò e alla fine del colloquio aggiunse, con un sorriso,
di non angosciarsi per quella frazione di ostia che non trovava. Fra’ Raimondo
capì. E anch’io ho capito meglio come mi devo accostare al più bel dono di Dio.
Iscriviti a:
Post (Atom)