domenica 13 agosto 2023

Esagerare

 Nei testi della santa messa di oggi c’è un brano del Deuteronomio 6: 

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.”

Sono stato colpito dall’esagerazione. Mosè, mosso dallo Spirito Santo, abbonda nelle immagini al di là delle aspettative… per farsi capire dice che bisogna ripetere i precetti a casa, ai figli, e per via; quando mi corico e quando mi alzo. Ma non basta: me li devo legare alla mano, me li devo far pendere fra gli occhi e li devo scrivere sulle porte… Si vede che il fine del discorso è non lasciare alcun dubbio. Non si dice: “devi sempre tenerli presente” si ricorre a immagini efficaci perché sono evidentemente esagerate. Lo Spirito Santo lavora sulla nostra fantasia  perché ce n’è bisogno. E’ proprio dell’uomo pensare che è bene usare tutti i riguardi con Dio ma con moderazione, mentre è proprio la moderazione che viene presa di mira dalla sequenza d’immagini.

Sappiamo che Gesù ha precisato che il primo comandamento è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Anche Gesù esagera. I tirchi siamo noi. Signore dammi la misura della non misura. Dammi un cuore grande grande, capace di amarti.

 


mercoledì 2 agosto 2023

L'Opus Dei

 Una rivista mi ha chiesto una scheda che spieghi lo spirito  del Fondatore dell’Opus Dei come anticipatore dell’ultimo concilio. In sintesi forse eccessiva ho mandato questo testo che può essere utile per una prima spiegazione:

Un anticipatore del Concilio Vaticano II fu San Josemaría Escrivá, in particolare per quanto riguarda la santità dei laici. 

Va fatta subito una precisazione. Ci sono due categorie di persone ben distinte: quelli che hanno conosciuto di persona  l’Opus Dei, fondata da San Josemaría, e quelli che ne hanno sentito parlare. Chi l’ha conosciuta  ha un’idea realistica. Chi ne ha sentito solo parlare potrebbe essere influenzato da una deformazione dell’opinione pubblica la cui origine è facile da individuare. I mezzi di comunicazione di massa sono proprietà di persone di cultura laicista, non favorevoli alla fede cristiana. La cultura laicista arriva ad ammirare Madre Teresa di Calcutta ma non può tollerare che nella società civile prevalgano criteri cristiani.L’Opus Dei mira proprio a questo: a formare laici competenti e di fede profonda che stiano in ogni angolo della società. I laicisti vedono quindi generalmente l’Opus Dei con ostilità. Se poi si aggiunge che l’Opera è una realtà con caratteristiche nuove, sconosciute ai più, la frittata è fatta.

Per 40 anni sono stato il portavoce dell’Opus Dei in Italia e ancora trovo qualcuno che mi chiede come mai l’Opera non gode ancora di una buona fama universale. La risposta è nelle righe precedenti.

Che i laici cristiani debbano esser santi è un’ovvietà, almeno nella teoria.   Nella pratica è ancora diffusa l’idea che la santità sia una méta per frati, suore e sacerdoti, mentre i laici si devono accontentare delle mezze misure. Su questo terreno è evidente l’efficacia del messaggio di San Josemaría che ricorda che tutti devono essere santi (“Che la tua vita non sia una vita sterile…” recita il primo punto della sua opera più diffusa, Cammino). Il Fondatore ha illustrato con pedagogia il sentiero della santità per un laico. Mentre gli ecclesiastici hanno le loro funzioni liturgiche e preghiere, il laico deve rendere santo il proprio lavoro e le sue relazioni nelle circostanze più varie. 

La santificazione del lavoro è il gran tema dell’insegnamento di San Josemaría. Un tema che ha aspetti innumerevoli riportabili all’esperienza di ognuno. Una varietà di situazioni, tutte illuminate da  una visione di fede.

D’altra parte, le relazioni umane come l’amicizia e la vita di famiglia hanno un peso fondamentale.

Per una persona di fede l’amicizia, la normale amicizia, è il veicolo naturale per trasmettere la fede. Escrivá per primo era una persona che sapeva essere  amico. Pur essendo impegnatissimo dedicava alle persone che avvicinava un tempo pieno di comprensione e affetto, stimolante per lo spirito cristiano. 

Il messaggio dell’Opus Dei attribuisce la massima importanza allo spirito di famiglia. Le famiglie devono essere focolari luminosi e allegri: chi antepone altri interessi agli affetti familiari non è un buon figlio di Dio. Nello stesso tempo il cristiano è aperto ad un’intensa vita di relazione con gli altri, che per lui è apostolato.

Sia la santificazione del lavoro che le amicizie apostoliche traggono la loro vitalità dal rapporto col Signore. Valorizzare la Santa Messa, la pratica dell’orazione mentale, la recita del rosario, la lettura del Vangelo e di libri spirituali devono accompagnare la coscienza di essere figli amati di Dio . Una persona normale può vivere tutto questo senza dispersioni e approfittando bene del suo tempo.

Questo in sintesi è lo spirito dell’Opus Dei. Non vi sono idee nuove, ciò che è nuovo è l’accento sulla necessità per tutti di tendere alla santità, anteponendo la volontà di Dio alle preferenze soggettive. 

Un messaggio che il Concilio Vaticano II ha diffuso: San Josemaría è stato un precursore da questo punto di vista.


 



giovedì 27 luglio 2023

Mia madre

 Fra i doni che la Provvidenza mi ha fatto uno dei più importanti, o forse il più importante, è quello di aver avuto una madre napoletana. Wanda per la precisione. Era la sesta figlia di una famiglia che viveva alle rampe Brancaccio a Napoli in una casa dotata di un ampio cortile in cui i ragazzi degli appartamenti circostanti facevano vita in comune. Quest’esperienza ha fatto sì che il carattere fosse socievole: si rendeva conto dello stato d’animo di ogni persona e sapeva prenderla per il suo verso. In famiglia la frase ricorrente, da buona sesta figlia, era: “stai zitta tu che non capisci niente”. Forse per questo ha passato la sua gioventù meravigliandosi del fatto che qualcosa la capiva. Sta di fatto che, dopo le magistrali, vinse il concorso per insegnante d’asilo, che sembra un traguardo quasi ridicolo. Ma nel suo caso non lo fu. Il rapporto con i bambini l’aveva resa comprensiva anche perché il bambino, che c’è in ognuno di noi, veniva fuori grazie al suo modo di rapportarsi, lontano da ogni presunzione. Si sposò con mio padre che era agli antipodi. Vedovo, ingegnere (quando essere ingegnere pesava molto), studioso, posato. Lei era innamorata della vita con una visione sempre positiva delle cose. Se si faceva male a una mano diceva: per fortuna è la sinistra, pensa se fosse stata la destra! Perse il primo bambino a pochi mesi e dopo sono arrivato io. Inutile dire che ha trasformato la mia vita in una festa continua, con tutto che nel ‘42 eravamo sotto i bombardamenti. Nel cosiddetto “ricovero”, che era il sottoscala del palazzo, mi portava piccolino e io scherzavo con tutti i presenti. Cantava e conosceva tutte le canzoni napoletane. Mi fermo qui. Giusto per far capire che, rispetto a lei, io sono un pesantone.




mercoledì 26 luglio 2023

 Su You Tube si trovano le riprese di “Flash mob” cioè interventi musicali o danzanti inaspettati nei luoghi più vari: ristoranti, stazioni, piazze… stamattina ne ho visto uno in un supermercato di Londra. Cantavano “Funiculì funiculà”. 

Non mi stanco di riflettere su Napoli. Possibile mai che le sue canzoni vengono cantate in Giappone, Olanda, Inghilterra e così via… Quale città ha un patrimonio musicale simile? Sembra che la Provvidenza abbia benedetto Napoli lasciandole alcune piaghe, da tutti ben conosciute, affinché non insuperbisse.

Le occasioni per comporre una canzone napoletana sono quanto mai varie. Com’è noto “Funiculì funiculà” nacque per far meglio sapere al grosso pubblico che per salire sul Vesuvio c’era una nuova funicolare. Mi chiedo: in quale parte del mondo, se si inaugura una ferrovia o linea di autobus, si compone una canzone? E come mai la canzone viene poi cantata in tutto il mondo (compreso il supermercato londinese)?

E’ evidente che a Napoli c’è un supplemento di simpatia e di cuore che la rende unica. “O sole mio” viene considerata una specie di inno nazionale, mentre Salvatore di Giacomo, il finissimo poeta, compone “A Marechiaro ce sta na fenesta” e la canzone del ritorno, a lui particolarmente cara: “Era de maggio” in cui si dice che l’ammore vero no, nun vota vico”,il vero amore non cambia strada…

Consiglio a chi patisce un momento di tristezza di sentire un po’ di canzoni napoletane. Si tirerà su  di morale anche perché quando spunta la luna a Marechiaro pure li pisce ce fanno l’ammore.




lunedì 24 luglio 2023

Napoli

 Ognuno è legato al proprio paese d’origine. Nel caso di Napoli questo legame diventa poetico e serve da paradigma per le altre forma di nostalgia. “Oggi sto tanto allegro che quasi quasi mi metterei a piangere per la felicità”. E’ il verso di una canzone napoletana che ho scritto in italiano per farmi capire. Ebbene, qual è il motivo per tanta felicità? “ E’ vero o non è vero che son tornato a Napoli, è vero che sto qui!”. Anche ora ho scritto in italiano ma non c’è nessuna canzone relativa ad altre città che si esprima così. “Il treno era ancora nella stazione che ho sentito i primi mandolini”: è un’esagerazione evidente. Nella stazione non si sentono mandolini però si vede il volto sorridente della gente perché a Napoli le persone sorridono spesso e volentieri. Non è facile spiegare quanti aspetti ci siano nel legame con Napoli: diciamo pure che non è possibile. C’è sempre qualche sentimento in più che spunta fuori. Devo dire che la maggiore ricchezza che ritrovo a Napoli è il cuore delle persone. In un modo o nell’altro quando qualcuno ti rivede è come se dicesse, senza dirlo, “quanto ti voglio bene”. Per motivi di salute è un po’ di  tempo che non riesco a tornare a Napoli ma ogni tanto ricevo qualche telefonata che mi fa “squagliare”, sciogliere di commozione. 

E’ scontato parlare del paesaggio. Non si parla spesso del Vesuvio ma ogni napoletano se lo porta nella memoria, assieme al mare e tutto il resto. Gli “sfizi” che ci sono a Napoli sono tanti. Intanto la parola “sfizio” è napoletana ed esprime una forma di godimento raffinata: intensa e personale. Quanto hai pagato questo vestito? Tanto, ma è stato uno sfizio… ah, allora va be’. Non parliamo del cibo perché in fatto di sfizi non finiremmo più. Si può parlare bene della cucina di tanti paesi ma è indiscutibile che la cucina napoletana non è importante ma sfiziosa come in nessun altro posto del mondo.  Lo sfizio riguarda il motivo del piacere ma è soprattutto rivolto alla persona. Così ho detto solo qualcosa sulla mia nostalgia di Napoli ma penso che faccia piacere sapere che c’è ed è intensa.




giovedì 20 luglio 2023

La presenza di Dio

 Presenza di Dio

 

Stimolati da S.Agostino che, nel suo libro “Le Confessioni”, mostra che la fede va vissuta in modo totale, mi viene in mente San Josemaría, che invitava a vivere la “presenza di Dio”, vissuta continuamente, che genera atti di ringraziamento, di pentimento, giaculatorie e allegria…

Nei primi anni settanta ebbi un incontro con lui assieme a tanti ragazzi di allora, in un dolce giardino sul lago di Como. Per stimolarci a vivere la presenza di Dio ci raccontò che lui stesso ogni tanto la “perdeva” e, proprio in quel giorno, per ritrovarla, ripeteva alla Madonna “Madre, Madre mia”. Un ragazzo gli chiese se era vero che perdesse il contatto col soprannaturale, quasi meravigliato, perché noi tutti sapevamo come il Padre fosse esemplare in questo. Umilmente il Santo disse: “Sì, è così”.

Un piccolo episodio che testimonia la pedagogia che San Josemaría usava con noi, con esempi di vita vissuta.

Quando penso alla presenza di Dio mi torna in mente: ”Madre, madre mia” e mi accorgo che io vivo momenti lontani apparentemente dal Signore. La rilettura di S. Agostino mi ha stimolato a tornare sul  tema perché la fede non è altro che prendere coscienza  della presenza di Dio in noi. Man mano ho capito che, per parlare con Gesù e la Madonna, non c’è bisogno di mettersi in atteggiamento formale, anzi mi permetto di dire che si può arrivare fino allo scherzo, a ridere insieme, come quando l’amicizia è solida. Noi non possiamo niente, Gesù può tutto: quest’amicizia è bella e conveniente e ci dà la sensazione di viaggiare su un carro in cui il pilota è Gesù.

“Nada te turbenada te espante: solo Dios basta” diceva la Teresona d’Avila, maestra di presenza di Dio. “Nulla ti turbi, niente ti spaventi: solo Dio basta”. Si capisce come i santi fossero sereni anche in mezzo alle tribolazioni. Perciò Gesù va trattato come un amico. L’ha detto Lui : Vos autem dixi amicos. Vi ho chiamato “amici”.

 



martedì 18 luglio 2023

La vocazione

 La vocazione

 

Nel libro “Le Confessioni”, S.Agostino dopo la conversione dice: “Ma tu, Signore, sei buono e misericordioso: con la tua mano … hai ripulito dal fondo l'abisso di corruzione del mio cuore. Ciò avvenne quando non volli più ciò che volevo io, ma volli ciò che volevi tu”. Viene magistralmente descritta la collaborazione dell’uomo con Dio. Da una parte il Signore purifica l’anima di Agostino, che dall’altra prende la decisione personale: “quando non volli più ciò che volevo io, ma ciò che volevi Tu.”

E’ la descrizione della vocazione. Arriva un momento in cui la persona smette d’inseguire i capricci e si rende conto che Dio gli chiede di svolere la Sua missione.

Sono grato a San Josemaría per avermi chiarito che ogni cristiano ha la sua missione specifica. Non solo i missionari o i sacerdoti ma tutti i battezzati in virtù del battesimo e della cresima devono portare la luce della fede nell’attività che svolgono. Questo messaggio pone un deciso cambio di prospettiva: non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi Tu. 

Chi ha una missione da svolgere ha chi lo invia con compiti ben precisi e noi siamo tra quelli. Sarebbe bello se, a cominciare da me, fosse chiaro a tutti i cristiani che la propria volontà va messa al servizio dei piani di Dio, senza concessioni. Un margine rimane per le preferenze personali ma la rotta è quella: il compito che Dio ci affida. La preghiera diventa più profonda senza il disturbo dei propri desideri inopportuni e, sembra strano, la felicità è a portata di mano…




sabato 15 luglio 2023

Le Confessioni

 Le Confessioni


Fra i libri che giovano  alla vita  spirituale dei cristiani quelli scritti dai santi occupano un posto privilegiato. Servono come fermento e solido aiuto interiore. (Vedi Santa Teresa, san Giovanni della Croce, Santa Caterina, Teresina…). Spicca fra tutti il libro “Le Confessioni” di Sant’Agostino. Certamente arrivo ben ultimo a fare questa scoperta ma Agostino per me porta un messaggio molto personale: è un amico, uno a cui leggo nell’animo grazie alla scrittura ricca e profonda. Un libro che è stato decisivo nel mio riavvicinamento alla fede. Agostino è umano, molto umano, e, nello stesso tempo, prende sul serio la fede: le lascia spazio dentro di se’. Ecco, leggendo “Le Confessioni” si capisce che, per un animo sensibile come il suo, la fede è una chiamata a cambiare vita, a permeare tutta la vita. Agostino descrive con  particolari le resistenze che la sua natura umana incontra nell’aderire alla fede. Non nasconde nulla, non ci sono pudori. Nello stesso tempo si avverte che la fede totale, che abbraccia tutto e tutti, per lui è l’unico modo per vivere su questa terra felicemente.

Nelle ”Confessioni” cielo e terra si toccano: Agostino supera le speranze della madre e si vota a una vita monacale. Non è per tutti diventare monaci ma è per tutti la chiamata a vivere di fede. Trovo in me uno strano “buon senso” per cui la fede conta sì ma soltanto per le decisioni importanti. Sento che è sbagliato. Il Signore mi chiede di contare sulla fede per qualsiasi cosa e io ci arrivo a stento. Chiedo ad Agostino che mi aiuti. Lui, caro amico, che ha provato tutte le tentazioni della terra, mi aiuta a prendere non solo le decisioni fondamentali ma anche a vivere con stile soprannaturale i piccoli episodi della vita ordinaria di ogni giorno.




lunedì 5 giugno 2023

Escrivá

 Non mancano i teologi che aprono prospettive nuove e documentate sui vari contenuti della fede. Seguo con interesse il loro lavoro ma sottolineo il legame che mi unisce a San Josemaría Escrivá. Il fondatore dell’Opus Dei non solo rende luminosa la dottrina cristiana ma porta un messaggio di mobilitazione delle coscienze. A partire dal n. 1 di Cammino: “Che la tua vita non sia una vita sterile…” Escrivá non si limita a illuminare le anime dei comuni cristiani ma mette ciascuno di fronte alle esigenze apostoliche della vocazione cristiana. Ci siamo abituati a un atteggiamento cristiano riflessivo ma ci sfugge l’imitazione di Cristo, che induce tutti a sentirsi responsabili nella diffusione del cristianesimo. Direi che San Josemaría è un “mobilitatore” senza precedenti nei confronti dei comuni cristiani. Qui sta il messaggio centrale dell’Opus Dei: tutti sono chiamati a vivere una vocazione cristiana contemplativa ma anche a sentirsi responsabili dei propri vicini, parenti e amici. Non mancano nell’ambiente cristiano altri richiami alla mobilitazione ma per me il pregio di  Escrivá è quello di scavare nell’essenza del battesimo e della cresima, per far emergere i temi fondanti della santificazione del lavoro e dell’apostolato nel proprio ambiente. Leggo con piacere tanti autori ma quando mi avvicino a San Josemaría sento un richiamo profondo a corrispondere operativamente alla chiamata di Gesù.

 

sabato 27 maggio 2023

Buon umore

 Ho già scritto su questo tema che mi sembra importante. Il buon umore si può definire in molti modi. C’è un aspetto fisiologico e uno culturale. Quando si sta bene è spontaneo stare di buon umore mentre in condizioni diverse richiede una decisione della volontà. A Napoli il buon umore si intravede dappertutto. Fa parte del patrimonio culturale della città tanto che lo stare di cattivo umore è considerato cattiva educazione. La cordialità sorridente è una specie di musica di sottofondo che a Napoli si avverte. Non così altrove. Stare di cattivo umore in molte parti viene considerato normale.

In effetti non sembra giusto. Il tratto gentile e sorridente allieta la vita agli altri e li induce ad assumere lo stesso atteggiamento. Prova ne sia che (è l’esempio più semplice) se entro in un negozio e aggiungo una nota scherzosa alla mia richiesta,  quasi sempre chi mi riceve si adegua e scherza pure lui. Alle volte si giunge alle risate anche se l’argomento dell’acquisto è serio.

Stare di buon umore vuol dire che non trovo nella mia vita qualcosa di così tragico che mi rattristi. Chi sta di buon umore non merita la frase: “beato te che ridi e non capisci niente”, come se fosse una vispa Teresa. Invece può darsi che chi sorride sa passare al di sopra degli inevitabili urti della convivenza e della vita, se non addirittura si rende conto che ciò che accade dipende dalla volontà di Dio e va accettato. In questo caso il buon umore è una conseguenza della fede. Ho conosciuto due santi di costante buon umore: Giovanni Paolo II e San Josemaría Escrivá.

Il buon umore non è un fatto accidentale: è un vero e proprio atto di virtù. Viva chi sa stare di buon umore!

lunedì 22 maggio 2023

Bernabei

 Mi hanno chiesto due paginette su Ettore Bernabei per l’eventualità di aprire un processo di beatificazione. Per me è santo. Allego le paginette


Ho conosciuto Ettore Bernabei nel 1978 quando stavamo raccogliendo le lettere postulatorie per la causa di beatificazione di San Josemaría Escrivá, cioè testimonianze di persone di rilievo che raccontassero i motivi della loro stima nei confronti del futuro santo (ora non si usa più raccogliere queste lettere). In quel caso volevamo chiedere una testimonianza ad Amintore Fanfani. Andai da Bernabei che allora già era amministratore delegato dell’Italstat, una finanziaria dell’Iri, che dopo pochi giorni ci accompagnò da Fanfani. Ricordo la sua discrezione, che avrei apprezzato poi nel corso degli anni, durante la conversazione con Amintore: si sedette in disparte nel fondo della stanza.

In quel periodo risiedevo a Milano e quando, nell’80, mi stabilii a Roma, Bernabei aveva già chiesto l’ammissione come membro soprannumerario dell’Opus Dei. Mi dettero l’incarico di spiegargli estesamente alcuni punti dello spirito dell’Opus Dei; impegno che accettai con emozione perché Ettore era molto noto per gli incarichi importanti che aveva ricoperto: prima direttore del Giornale del Mattino di Firenze e poi famoso direttore generale della Rai per quasi quindici anni, dal 1960 in poi.

Ben presto i nostri incontri diventarono amicizia e  tutte le domeniche ci vedevamo dalle 19 alle 20, orario d’inizio del Tg1 che Ettore controllava scrupolosamente. Questa bella abitudine durò dal 1980 fino all’anno della sua morte, il 2016. Non solo io  tenevo a questi incontri ma anche Ettore cercava di non rimandarli: se andava fuori Roma mi avvisava e spesso andavo a trovarlo in campagna. Non ho mai provato una sensazione di abitudine ma sempre di estremo interesse: Ettore spaziava dal passato fino ai particolari della società e politica italiana del momento. Era sempre informatissimo.

La sua professionalità ed esperienza s’imponeva e si fondeva con la vita di cristiano: la sua prospettiva soprannaturale era radicata nel suo lavoro. Lavoro e santità in lui erano perfettamente fusi.

Guardava alle vicende della vita in una prospettiva di fede. Fede che manifestava nella puntualità alle riunioni formative. Durante i ritiri, fra una meditazione e l’altra restava preferibilmente in cappella davanti al Santissimo, mentre gli altri prendevano un po’ d’aria e passeggiavano in silenzio.

Non era portato alle smancerie ma sapeva voler bene. Un piccolo episodio. Sapeva che mi piaceva la cioccolata e una sera mi fece trovare una scatola di cioccolatini come per caso. Me li aveva conservati perché conosceva i miei gusti, precisò. La direzione spirituale dell’Opus Dei lo portò ad addolcire il suo carattere. Le sue sfuriate erano famose e la sua voce potente attraversava le pareti ma non ce l’aveva mai con una persona in particolare, servivano per sbloccare una situazione. La sua nota severità in famiglia si mitigò anche a detta dei suoi figli. Rimase fedele a sua moglie che aveva attraversato lunghi periodi di depressione. Era capace anche di curare i particolari della tavola e della vita familiare. Colpiva la sua competenza nell’indicare una qualità di un cibo pur avendo in mente tante questioni importanti.

La sua speranza nella vita eterna era fuori discussione come testimonia in un discorso che fece ai suoi familiari quando compì 95 anni. In quella occasione fui l’unico invitato estraneo alla famiglia e, per fortuna, ripresi il suo discorso finale col cellulare. Il figlio Luca ha aggiunto qualche immagine al filmato che così è rimasto come bella e preziosa testimonianza. L’unica cosa che temeva era il giudizio particolare perché riteneva di aver commesso delle ingiustizie: lui che era sempre equilibrato e rispettoso…

 

Prudente, giusto, forte e temperante sono aggettivi che gli stavano a pennello. 

Non faceva mai nulla di avventato anche se era coraggioso nel mettere in cantiere nuove iniziative: un esempio è la creazione della casa di produzione Lux che ci ha regalato programmi belli ed edificanti.

Non dava giudizi affrettati sulle persone ma le stimolava a fare meglio. Un esempio è stata la condotta con i suoi figli. Non si scoraggiava di fronte agli sbagli di gioventù ma rilanciava sempre le opportunità di far meglio. Non è stato un caso che la Lux sia felicemente passata alla gestione di suoi figli che aveva valorizzato.

Gli eventi scoraggianti, che sono stati abbondanti nella sua vita specie negli ultimi tempi, non lo abbattevano ma piuttosto lo stimolavano a rilanciare puntualmente i suoi progetti. I corsi formativi che ha tenuto negli anni inoltrati della sua vita sono stato un esempio di fiducia nella formazione di giovani professionisti.

Pur essendo un buongustaio non esagerava mai nel mangiare o nel bere. La sua tavola era aperta agli amici e si notava il suo stile temperante.

Dovremmo essergli grati per tutto ciò che ha fatto. In particolare fu parte attiva per la mediazione durante la crisi del Golfo quando Kennedy impose alla Russia di ritirare i missili che stava per installare a Cuba. Ettore allora si trovava in America e tenne i contatti con Fanfani e Giovanni XXIII, che svolsero un’intelligente iniziativa di pacificazione.

Dovremmo essergli grati perché, dal 1960 al 1974, ha fatto della tv di stato un’amica di famiglia che percorreva con eleganza tutti i generi: dal popolare (le mitiche gemelle Kessler) agli sceneggiati impegnati.

Infine, al momento della pensione, Ettore ha trovato l’energia per fondare la casa di produzione Lux che ci ha dato la Bibbia, don Matteo e tanti altri bei programmi. Lo ringraziamo per questo.

Per me il suo stile cristiano è proprio dei nostri tempi. Non era un uomo di Chiesa e basta ma prendeva spunto dal suo lavoro impegnativo e dalle vicende varie della vita per vivere le virtù cristiane con uno stile laicale.




 

domenica 21 maggio 2023

Milone

 Ho conosciuto Massimo Milone quando era un giovane redattore della Rai di Napoli. Mi colpì il suo dinamismo, la velocità con cui impostava operazioni e le concludeva. Dopo qualche anno seppi che era diventato il capo della redazione napoletana e sempre dimostrava disponibilità per divulgare notizie positive relative alla mia attività. Desiderava venire a Roma e lo presentai alle persone che potevano agevolare il suo  trasferimento e così avvenne, ricevendo così l’incarico di dirigere Rai Vaticano. Mi chiese una collaborazione e capitò così di frequentarlo molto più spesso, di apprezzare il modo con cui escogitava nuovi programmi e valorizzava i redattori. Al momento della pensione venne a trovarmi, sempre portando un pacchetto di dolci, e mi prospettò una serie di iniziative per il futuro. All’improvviso, all’età di 67 anni il Signore l’ha chiamato a se’. I suoi figli sono ormai promettenti professionisti ma, assieme a loro, ci sentiamo orfani. Per ricordarlo propongo una foto di un felice momento. Mi piace ricordarlo così come se ancora fosse operativo. In Paradiso il Signore gli affiderà tante faccende che seguirà con l’abituale maestria anche dall’alto.

 

                      


venerdì 12 maggio 2023

La comunicazione

 Pur essendo ingegnere nella mia vita ho fatto tutt’altro. Fra le attività di cui mi sono occupato c’è stata per diversi anni la comunicazione di un un’istituzione in Italia. Mi sono reso conto che, malgrado i tanti corsi sulla comunicazione, sono ben pochi coloro che sanno cosa bisogna fare per una buona comunicazione, istituzionale o aziendale che sia. I dirigenti spesso non se ne rendono conto e chi viene assunto per svolgere attività di comunicazione pensa normalmente che la comunicazione sia produrre comunicati stampa, fare un buon sito internet e pubblicare foto e notizie su Facebook, Twitter e compagnia cantando. Queste cose sono necessarie ma tutt’altro che sufficienti.

Il buon comunicatore dovrebbe avere, per prima cosa, una stima sincera per l’ente in cui lavora perché  così ne saprà parlare in modo convincente. 

In secondo luogo (e questo è un punto importante) deve andare a conoscere i giornalisti che guidano i maggiori giornali e le testate televisive (Rai e principali tv private). Deve conquistarne la simpatia e portarli a visitare e conoscere le persone che lavorano nella sua azienda in modo che rimangano impressionati per la qualità del lavoro che si svolge a beneficio della società, per l’efficacia formativa nei confronti dei giovani che ci lavorano, per l’entusiasmo che i lavoratori nutrono nei confronti della propria azienda.

Una volta che si è stabilito questo rapporto con i giornalisti più importanti, sarà semplice far pubblicare articoli, trasmissioni e documentari che saranno tanto più preziosi quanto più è autorevole la fonte. Per intendersi: un intervento presso una trasmissione di Bruno Vespa  vale di più di mille inserti su Facebook. Un articolo sul Corriere della Sera è fondamentale rispetto a tanti comunicati stampa.

Mi premeva chiarire questo punto che serve sia a chi dirige l’azienda (che sa cosa vuole comunicare) che per l’addetto alla comunicazione, altrimenti si rischia l’isolamento, e la comunicazione che si fa è un’illusione.

 

www.pippocorigliano.it




giovedì 11 maggio 2023

Le preghiere

 La mattina presto dedico mezz’ora alla voga col mio vogatore. Negli intervalli recito una decina del rosario: questo mi consente, a mente fresca e senza fretta, di riflettere maggiormente sulle parole che dico.

Ad esempio, le prime tre richieste del Padre Nostro esprimono tre concetti simili fra di loro: “Sia santificato il tuo nome”, “venga il Tuo regno”, “sia fatta la tua volontà”. 

Sto attento a non distrarmi e, se la mente se ne va, torno a ripetere le tre frasi. Se Gesù ce le ha insegnate così, vuol dire che dobbiamo tenere ben chiaro che la volontà di Dio per noi è essenziale sotto tutti gli aspetti. 

Le altre richieste sono diverse fra loro. Il pane quotidiano viene spontaneo, mentre mi fa sempre riflettere il “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Mi sembra una richiesta così impegnativa da sembrare quasi pericolosa. Chiedo a Dio di perdonarmi i peccati come io perdono i miei “debitori”. Accidenti: chiedo a Dio di comportarsi come me. Devo stare molto attento. Contemporaneamente penso a quante persone ripetono questa frase a loro rischio e pericolo, dal momento che non mi sembrano tutti così teneri di cuore.

L’Ave Maria mi è diventata molto più colorita. Quando dico:  “tu sei benedetta fra le donne e benedetto sia il frutto del tuo seno Gesù”, mi metto sotto lo sguardo della Madonna e mi pare che l’anima si riscaldi e si abbronzi alla luce dei Suoi occhi. La richiesta successiva (prega per noi peccatori…) è naturale anche se l’appellativo  “Madre di Dio” mi sembra particolarmente audace rispetto alle critiche ricevute nel lontano passato.

Racconto queste cose per stimolare una recita ancora più proficua delle nostre preghiere ancor meglio di me.




martedì 18 aprile 2023

Acqua in vino

 L’episodio delle nozze di Cana, del vangelo di Giovanni, ha in sé tanti aspetti interessanti. Per prima cosa si legge:  “ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.” La madre di Gesù viene presentata come un personaggio mentre la presenza di Gesù è descritta successivamente… Mi fa piacere questo riconoscimento ante litteram di Maria che fa capire la considerazione di cui godeva la Madonna ancor prima degli avvenimenti successivi.

“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».  E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».” Quando abbiamo letto questo apparente contrasto siamo restati meravigliati ma poi ci siamo resi conto che ci trasmette un confortante significato. Gesù in realtà acconsente alla richiesta di Maria, che con sicurezza dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. C’è intesa fra i due: un’intesa che ci porta ad aver fiducia nell’intercessione di nostra Madre. Maria è capace di cambiare l’ordine prestabilito a vantaggio nostro.

Nella realizzazione del miracolo c’è un clima di perfezione. I servi riempiono le giare “fino all’orlo”, viene precisato. Dopo che il maestro di tavola (il matrimonio era ben organizzato) ha assaggiato l’acqua tramutata in vino, dice allo sposo: “«Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». 

Non solo Gesù ha acconsentito alla richiesta di Maria ma lo ha fatto nel modo migliore possibile. La conclusione è che facciamo bene nel confidare in Maria e chiederle anche l’impossibile.



domenica 9 aprile 2023

Tornare

 Le parabole di Gesù sono tutte belle: le abbiamo ascoltate tante volte ma c’è il rischio di darle per scontate. La parabola del figliol prodigo, ad esempio, è ricca di particolari significativi. La prima parte della parabola è descrittiva  dello stato di bisogno del figlio dopo la dispersione della sua eredità. Successivamente meritano attenzione i particolari che emergono dal comportamento del padre. Il figlio che torna non bussa alla porta ma il padre lo vede prima, perché scruta l’orizzonte con speranza… sta attendendo e spera. Il padre non lo aspetta sulla soglia ma corre: è un anziano che corre. E lo baciò. In latino: cecidit supra collum ejus et osculatus est illumLetteralmente: “gli piombò sul collo e lo baciò”.Il padre si rivolge ai servitori e ordina la veste più bella. Allora i vestiti erano pregiati e la “veste più bella” fa capire che esisteva una gerarchia fra i vestiti: andava preso il capo migliore di tutti. A rivestirlo dovevano essere i servi, dice il padre, perché il figlio non aveva perso la sua dignità.“Mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi”. Sia l’anello che i calzari erano accessori con un preciso significato d’importanza.“Portate fuori il vitello ingrassato”… Il padre non dice “un vitello” come ce n’erano nella stalla, ma “il” vitello. Era il migliore, la prelibatezza.Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. Qui c’è l’insegnamento di Gesù: La lontananza da Dio è morte e, soprattutto, il Padre ci aspetta ansiosamente. Dobbiamo allietare Dio. Dobbiamo farci ritrovare…

“E si misero a fare una gran festa”. Per chi ha una concezione malinconica della fede, resti ben chiaro: il Padre organizza una festa. Con Dio si sta bene. Si ride e si è felici.

Il figlio menagramo che torna dalla campagna rappresenta anch’egli noi stessi quando subiamo la volontà di Dio di traverso. No! Noi dobbiamo abbracciare felicemente la nostra vocazione: lo stato in cui ci troviamo. E’ lì che dobbiamo gioire con Gesù e fare festa nell’affetto del Padre.

 



 

 

martedì 4 aprile 2023

Giovedì Santo

 Noi cattolici abbiamo un dono grande. La presenza reale di Gesù. Durante la santa messa ascoltiamo quelle parole: 

“Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi. 

Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.”

Nel momento in cui Gesù, sotto le sembianze del sacerdote, pronuncia queste parole è come se il soffitto si sfondasse e ci fosse lo stesso Gesù che parla al di fuori del tempo e dello spazio, …

Il giovedì santo è il giorno particolare in cui contempliamo questa meraviglia.

Abbiamo questo privilegio che supera la nostra immaginazione. Nessuno ha un dono simile: essere al cospetto di Dio in un contesto di eternità, testimoni di un Dio che ci ama, si incarna, ci insegna e muore per noi. Ci identifichiamo con Lui: Lo mangiamo.

Molti di noi hanno ereditato una modesta concezione del cristianesimo propria di chi nella vita ha una serie di faccende da sbrigare. In mezzo a tutto questo c’è un intervallo, breve, in cui si pensa a Dio. Per il resto si cerca di essere “buoni”. Un inno alla mediocrità.

Se si legge il vangelo si ha tutt’altra prospettiva. Dio ci aspetta come il padre del figliol prodigo, mentre noi tiriamo avanti con la sensibilità dell’altro figlio, quello che lavora in campagna ed è “buono” ma non capisce l’essenziale. Occorre accettare l’idea che le cose stanno diversamente di come siamo abituati a pensare.

Gesù ci ama con vibrazione e noi dovremmo corrispondere, pieni di amore di Dio. Tutto il resto viene dopo e la nostra vita può diventare una vita santa. Occorre convertirsi.


 



mercoledì 22 marzo 2023

I Tg

 La notizia è che il Tg1, Tg2,Tg3 perdono ascolti. Mi sembra perfettamente logico. Se prendessi un ragazzo di 13 anni e una signora di 65 e li facessi assistere a uno dei telegiornali, potrei chiedere dopo cosa hanno capito. Credo che almeno la metà delle notizie non siano state per nulla chiare.

Per fortuna esiste un esempio positivo: Giovanna Botteri che riesce a stabilire immediatamente un’intesa col telespettatore e gli spiega cosa è avvenuto. Attualmente è la corrispondente da Parigi dove stanno accadendo alcuni disordini che lei spiega in modo convincente.

Se fossi un dirigente Rai pregherei i giornalisti di ascoltare per un’ora i servizi di Giovanna. Credo che la lezione sarebbe efficace e che, in seguito, gli ascolti dei telegiornali tornerebbero a crescere. La causa del calo è una. Lo spettatore non capisce. Molti corrispondenti ammassano notizie come una telescrivente umana. La Botteri ti spiega, partecipa, stabilisce una corrente di simpatia.

Ammetto: vorrei fare il dirigente Rai per un mese. Sono convinto che riuscirei a far aumentare gli ascolti.

Le notizie vanno date senza citare sigle di enti o uffici, oppure dando per scontato che lo spettatore conosca gli antecedenti. Il tono di voce deve seguire il significato di ciò che si sta dicendo e non ammassare le notizie con lo stesso tono:  gli argomenti trattati vanno illustrati come se fosse la prima volta. Diventano ridicole certe corrispondenze in cui vengono stipati argomenti diversi per poi concludere: è tutto. Direi che è un tutto fatto male. Come mai i dirigenti Rai non se ne accorgono?







Umorismo

 Il senso dell’umorismo è un dono della natura umana. Chi ce l’ha, ce l’ha. Chi non ce l’ha, non ce l’ha: guai a sforzarsi di fare dell’umorismo se non si ha questa dote. E’ tipicamente umana ripeto: gli animali, anche i più vicini all’uomo, non ce l’hanno, il che la dice lunga sulla profondità del dono.

Sono stati scritti libri sull’umorismo e non è il caso ora di approfondire; sta di fatto che si riferisce sempre a una mancanza o un difetto. Ricordo che il Presidente Cossiga, in una delle sue visite alla tomba di Sant’Escrivà, disse fra l’altro, nella conversazione successiva, che Gesù nel Vangelo non ride mai.

La cosa non mi piacque e cominciai a cercare nel Vangelo situazioni in cui si poteva supporre una risata di Gesù. Trovai diverse scene buffe ma non riportabili a un umorismo di Gesù. Una per me è quella degli amici che sfondano il tetto per calare il paralitico. Mi è sempre venuto da ridere pensando al commento del padrone della casa nel caso che il miracolo non fosse avvenuto, o dello stesso paralitico che aveva dovuto subire mille vertigini. Mentre ho sempre ammirato gli amici che erano veri amici: un semplice conoscente avrebbe fatto gli auguri ma non si sarebbe impegnato. 

Ci sono altre scene buffe ma nessuna con umorismo da parte di Gesù e mi sono spiegato il perché. Un discorso umoristico fa sempre perno su una situazione paradossale dovuta a una deficienza. Il messaggio di Gesù era ed è assoluto, senza riserve, chiaro e perenne. C’è poco da scherzare. Siamo noi poveri esseri umani che abbiamo questa consolazione: sulle nostre insufficienze almeno possiamo ridere.



mercoledì 1 febbraio 2023

Gesù

 Oggi, mentre facevo orazione, ho considerato come fra me e Dio ci sia un gran mare di mediocrità. Come ci può essere mediocrità con Dio? Basta che mi adatti al pensiero di essere semplicemente un buon uomo ed ecco che il rapporto con Dio si può definire mediocre. Non ha senso la mediocrità con Dio, con Gesù. Con Dio devo stare sempre al top dei miei sentimenti e disponibilità. Nel Vangelo gli incontri con Gesù sono sempre un’elevazione ad altezze mai viste, e io mi devo accontentare di essere “buono”?

Gli interlocutori sono due: io e Gesù. Se io parto con lo sguardo spento grande sarà il contrasto con la risposta di Gesù. Ho presente cosa vuol dire amare con tutto il cuore? Non posso pretendere di essere come Dante nel Paradiso ma una scossa me la devo dare. Soprattutto le aspettative di cosa può fare Gesù di me. Con Gesù la mia orazione diventa onnipotente. Non c’è nessun problema umano o divino che non possa essere affrontato. Se io sono quello che sono, Gesù è quello che è. Perciò non esistono confini con la potenza dell’orazione che Gesù provoca in me. Tutto è affrontabile, tutto è risolubile, basta abbandonarsi alla fede. Sì alla fede, perché se non vivo la fede con Gesù che me ne faccio? Devo abbandonare la falsa modestia che deriva dalla mia oggettiva condizione e capire che “posso tutto in Colui che mi dà forza” (Filippesi 4,13).




venerdì 20 gennaio 2023

Comunicare

 Comunicare vuol dire parlare così chiaramente che l’interlocutore capisca quanto gli voglio dire. Invece di parlare si possono usare altri mezzi ma il concetto è quello: la chiarezza dei contenuti trasmessi.

Vediamo i telegiornali e spesso rimaniamo con punti interrogativi sospesi. Faccio un esempio felice: Giovanna Botteri. Non è né giovane né particolarmente bella ma quando parla senti un’amica che ti sta spiegando bene qualcosa. Il tono colloquiale, l’atteggiamento sereno, la chiarezza dell’esposizione rendono gradevoli e utili i suoi servizi.

Per il resto ci tocca assistere a servizi affrettati e poco comprensibili. Sembra impossibile che direttori e giornalisti, che conoscono bene le regole fondamentali della comunicazione, le ignorino in pratica. C’è poco tempo? Allora faccio un discorso affannato pieno di termini incomprensibili. Sembra che ignorino la qualità del pubblico. Un’inchiesta svelerebbe che solo una piccola percentuale di ascoltatori ha afferrato qualcosa del discorso trasmesso.

Come fare per migliorare la situazione e raggiungere una comunicazione efficace?





martedì 3 gennaio 2023

Ratzinger


 Leggendo i commenti alla morte di Ratzinger sento il bisogno di precisare un punto: se ci fermiamo agli episodi del suo pontificato, primo fra tutti la clamorosa rinuncia, non mettiamo in luce il vero personaggio.

Non sono in condizione di commentare adeguatamente la vita e il pensiero di Ratzinger, che è il pensatore e teologo più imponente del secolo. La Provvidenza gli ha chiesto di essere vescovo, cardinale e papa e lui ha svolto il suo ruolo. Ma il patrimonio che ci ha lasciato sono i suoi scritti e i discorsi. Ratzinger va letto, punto e basta.

La sua “Introduzione al Cristianesimo” è un testo base che chiunque abbia fatto il liceo è in condizione di comprendere. Nell’introduzione Ratzinger racconta: “il libro è scaturito dalle lezioni da me tenute a Tubinga nel semestre estivo del 1967, ad uditori di tutte le facoltà… esso si propone di far comprendere in maniera nuova la fede, presentandola come agevolazione all’autentico vivere umano nel nostro mondo odierno, senza degradarne la consistenza…”

Allora Ratzinger aveva quarant’anni e aveva partecipato al Concilio in qualità di perito, collaborando con i maggiori teologi e porporati dell’epoca.

Sono in corso di pubblicazione, da parte della Libreria Vaticana, 16 volumi che raccolgono il suo pensiero filosofico e teologico, mentre case editrici hanno pubblicato libri tratti da suoi cicli di lezioni o prediche. 

Sono notevoli le vicende del suo pontificato ma, in una prospettiva storica, la sua figura resta centrale per l’impegno di parlare adeguatamente di Dio all’uomo contemporaneo.

 

 

lunedì 26 dicembre 2022

Napoli

 La mattina di Natale,  mentre sbrigavo faccende che non richiedevano concentrazione mentale, ho scelto su You Tube “Canzoni antiche napoletane cantate nel mondo”. Mi ha sorpreso “Funiculì funicolà” cantata in Corea con partecipazione di un pubblico numeroso. Poi in Polonia “O surdato innamurato” e in Olanda “Tu vuò fa l’americano” e così via cantando. Mi sono commosso pensando al rilievo che la cultura napoletana ha nel mondo e mi sono chiesto da dove viene questo talento di simpatia e fantasia che produce tante eccellenze napoletane.

Napoli città sovrappopolata, con problemi sociali, ha anche una fama sinistra che sta cedendo il passo a una stima generale crescente. Che c’è di speciale a Napoli? Perché simpatia e allegria ti contagiano appena metti piede in città?

Una delle tante risposte possibili è secondo me l’eredità dell’operato di Sant’Alfonso dei Liguori, detto il più napoletano dei santi e il più santo dei napoletani, nato nel 1696 e morto nel 1787. Quando decise di farsi sacerdote dopo aver esercitato l’avvocatura per 7 anni suo padre, terribile comandante di navi da guerra, gli fece un’opposizione tale che non poté lasciare la città una volta ordinato sacerdote. La sua vocazione era di evangelizzare i più poveri del Regno di Napoli perciò all’inizio si rivolse ai popolani della città.

Nell’estate del 1728 saponari, muratori, barbieri, falegnami, scaricatori di porto e disoccupati confluiscono la sera nella chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, vicina a casa sua. Alfonso li confessa, li istruisce e li manda a formare i loro compagni.

Pietro Barbarese, capo scugnizzo del Mercato, si mette a catechizzare e a preparare ai sacramenti i monelli dei bassifondi come nessun altro saprebbe fare. Luca Nardone, soldato dissoluto espulso dall’esercito, si converte e diventa animatore di un altro gruppo. Il venditore di uova Antonio Pennino acquista fama di santità e gli si attribuiscono miracoli.

Questi laici formati da Alfonso diventano, ognuno nel proprio quartiere, organizzatori di gruppi di meditazione, di preghiera, di formazione. Questi circoli prendono il nome di “cappelle serotine”. Alfonso fa il giro di queste assemblee, stimolando i primi convertiti e guadagnando altri all’amore di Cristo. Assieme ai suoi amici sacerdoti il sabato sera riesce a mala pena a far fronte a tante confessioni. Il cardinal Pignatelli è sbalordito: “Dei laici che fanno tanto bene!”. 

A più di un secolo dalla morte di Alfonso, nel 1894 le cappelle serotine saranno 300 nella sola Napoli e conteranno trentamila frequentatori. E’ una mia opinione personale che l’animo gentile dei napoletani sia stato influenzato da questo stare insieme con Gesù.




 

 

martedì 13 dicembre 2022

Aspettando Natale

 Al Tg1 hanno mostrato Roma e Milano superbamente illuminate per Natale, aggiungendo che l’origine di tanta illuminazione è la festa del solstizio d’inverno. Effettivamente nell’antica Roma la festa del solstizio veniva festeggiata sontuosamente a dicembre, ma fin dai tempi di Costantino la Chiesa, con l’avallo dell’imperatore, aveva fissato per il 25 dicembre la data del Natale. Come ha osservato Joseph Ratzinger le luci ricordano l’annuncio ai pastori. L’angelo “si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce (Luca 2)”. E’ quella luce che viene ricordata, con buona pace dei nostalgici del solstizio.

Mi hanno riferito che in una libreria di Milano hanno esposto in vetrina una quarantina di libri natalizi per bambini. Uno solo parlava di Gesù Bambino, mentre i protagonisti delle altre storie erano maghi, elfi e personaggi vari. Non è il caso di perder tempo per gridare allo scandalo; piuttosto, per chi ci crede, è il momento di raccontare al meglio la nascita di Gesù. E’ ciò che ha fatto Annalena Valenti (vedova di Luigi Amicone) pubblicando, in collaborazione con Raffaella Carnovale e Valeria De Domenico, un libro sorprendentemente bello dal titolo “Aspettando Natale”, edizioni Comunica. 

Il libro colpisce fin dalla copertina, grazie a un suggestivo ritratto di un bambino dallo sguardo magnetico. L’autore svedese Carl Larsson è vissuto a cavallo tra 800 e 900 e dipingeva frequentemente momenti di vita familiare. Colpisce l’intensità dello sguardo dei personaggi rappresentati nelle pagine del libro. Primo fra tutti il bambino in copertina.

Il libro è una raccolta di suggestivi racconti e poesie di autori di vari paesi, dall'Arabia al Messico, dalla Russia agli Stati Uniti, dall’Inghilterra alla  Svizzera. Sono ben scelti, spesso commoventi, distribuiti per ogni giorno dell’Avvento. Il linguaggio è adatto per un uditorio di bambini anche se pure i grandi restano coinvolti. Provare per credere. L’importante è che i cattolici come Annalena si facciano sentire. La fede è sempre stata trasmessa dai pochi che fanno sul serio. Mi viene in mente la frase di quel romano: “Certo che so’ cattolico, non sono praticante ma ho una zia suora e mia madre fa la spesa in Vaticano”. Tanto per dire che chi ci crede davvero  faccia come Annalena.




 

domenica 27 novembre 2022

Resurrezione

 E’ commovente la difesa di San Paolo della fede nella resurrezione di Cristo e nostra: nella prima lettera ai Corinzi conferma, con passione e chiarezza,  che bisogna crederci.

Gli sono grato. Anche nel Vangelo Gesù chiarisce che i morti risorgono, ma San Paolo si confronta con l’incredulità nostra.

Devo dire che, anche per me, non è immediato crederci. Siamo cresciuti con una specie di allergia al soprannaturale. Fin da bambini ci hanno insegnato a non andar dietro alle fantasticherie e, da adulti, è scontato che si crede solo a ciò che si vede si tocca e si può misurare.

E invece non è così. La Rivelazione è una “rivelazione” di ciò che non comprendiamo. Per fortuna il Signore ci aiuta con tante prove della verità della fede: i cosiddetti motivi di credibilità.

Uno di questi mi è balzato in mente stamattina mentre assistevo alla santa messa.

 In quale religione o cultura viene mantenuto un ricordo altrettanto vivo della consacrazione del pane e del vino che fece Gesù? Un episodio di tanti e tanti anni fa.

 Durante la cerimonia della Messa di nuovo vediamo Cristo che, in quella stanza chiamata cenacolo, pronuncia le parole terribili e commoventi. Quando ci penso mi vengono le lacrime agli occhi: non perché sono vecchio e i vecchi si commuovono facilmente ma perché non esiste una situazione così fondamentale come la santa Consacrazione.

L’altro giorno mi hanno chiesto di fare una chiacchierata ad alcune persone sul tema della santificazione della vita ordinaria. Quando ho cominciato a parlare della consacrazione mi sono commosso e ho pianto per qualche secondo. Come al solito in queste situazioni, mentre io rimprovero me stesso, le persone attorno sono contente. Forse perché si vede che faccio sul serio.




Lo Spirito Santo

 Joseph Ratzinger è sempre sorprendente perché illumina con una luce nuova le verità conosciute. In un libro che sto leggendo fa un parallelo fra la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e l’episodio della torre di Babele descritto in Genesi 11.

 Nel caso della torre di Babele gli uomini parlavano dapprima la stessa lingua poi, a causa della loro superbia, Dio li confonde e da allora parlano lingue diverse: non si capiscono fra loro e si dividono. Viene punita la pretesa di costruire l’unità e l’eccellenza basandosi solo sulle proprie forze.

 Nel caso degli Apostoli, lo Spirito Santo nella Pentecoste trasmette la capacità di parlare lingue diverse, ma al fine di farsi capire da tutti. Il frutto dello Spirito Santo è l’unità malgrado le differenze. La Chiesa è una e molteplice, destinata a vivere presso tutte le nazioni.

  Questa verità ha delle conseguenze pratiche per chi vive vita di fede. Chi ha dimestichezza con lo Spirito Santo è portatore di unità: questo è vero per le famiglie spirituali che convivono dentro la Chiesa, ma è vero anche per le singole persone.

 L’istinto umano di creare fratture viene superato dall’uomo di fede, che diventa capace di comprendere le diversità. Se sono irritato con qualcuno perché ha mancato contro di me, non posso mantenere il rancore se ho in me lo Spirito Santo. Imparo a volare sopra le cime degli alberi (le contrarietà della vita): divento comprensivo e anche di buon umore, il che è un bene sia per me che per gli altri.

 Grazie Signore che ci dai lo Spirito Santo.