Francesco Cossiga amava occuparsi di vari argomenti in cui dimostrava una competenza solida. Un giorno disse con aria furba e determinata: “Gesù nei Vangeli non ride mai”. Incassai l’affermazione con un certo scetticismo ma non feci obiezione.
Pensandoci bene l’umorismo nasce sempre da un limite umano: alle volte un limite simpatico altre volte consistente. Viceversa i temi che Gesù tratta nei Vangeli sono soprannaturali, non hanno limiti né lacune. Non riesco a immaginare Gesù che scherza sui temi fondamentali e sono contento che non lo faccia.
D’altra parte Gesù parla spesso di gioia, felicità, allegria: temi che abbondano nei Vangeli.
Nelle litanie della Madonna c’è “ causa nostrae laetitiae”. Riflettevo che non conosco alcun santuario della Vergine che porti questa denominazione. Forse siamo più portati a condolerci della passione di Cristo che a gioire della Sua risurrezione. Mi sembra uno spunto interessante da approfondire, andando a cercare quanto Gesù dice sulla gioia.
Spesso Gesù viene accusato di essere un mangione e un beone perché mangia con i pubblicani e i peccatori. Non riesco a immaginare questi pranzi conciliatori in atteggiamento esclusivamente serio. Un banchetto è un banchetto specie allora che era considerato una specie di festa.
I discorsi di Gesù insistono sulla felicità e la gioia. Le parabole di Gesù si concludono spesso con la gioia: la pecora perduta e ritrovata, la dracma che la donna di casa ritrova e fa rallegrare i vicini, il figlio che torna; il padre ordina il vestito più bello e anello al dito. Sono tutte scene di esultanza come precisa Gesù in conclusione.
Nel discorso dell’ultima cena riportato da Giovanni Gesù conclude: “queste cose vi ho detto perché la mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena”.
Dopo la resurrezione i discepoli, narra Luca, ritornarono a Gerusalemme “con grande gioia”.
In sintesi non esiste un messaggio carico di gioia come quello di Gesù.