venerdì 17 settembre 2021

Amore trascinante

 Col tempo mi sto rendendo sempre più conto che devo rettificare la concezione che ho della vita cristiana. Da piccolo mi hanno instillato l’idea che essere cristiano vuol dire “comportarsi bene”. “Ma come: hai fatto la comunione e ti comporti in questo modo!”. Penso che molti di noi hanno ricevuto un rimprovero del genere. Questo è solo l’inizio. Col passar del tempo i cosiddetti “doveri” mi sono stati imposti: soprattutto per ciò che riguarda lo studio e il lavoro. Una bella sorpresa è stata l’incontro con l’insegnamento di San Josemaría Escrivá in cui si parla, è vero, di santificazione del lavoro, e della necessità di farlo bene, ma la motivazione non era più il “dovere” ma l’amore. Il lavoro professionale e gli impegni quotidiani sono inquadrati in un contesto di un appassionato amore per Gesù. Per la precisione si tratta solo di una nostra corrispondenza perché la benzina, l’energia dell’amore è lo Spirito Santo. San Paolo dice nella lettera ai Galati: “non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”. Questa presenza di Dio in noi si manifesta in un amore trascinante per gli altri che ha come motivazione la corrispondenza all’amore di Dio.

Mi chiedo: quanti cristiani hanno la consapevolezza pratica che è l’amore il primo comandamento? Quanti vivono in famiglia col desiderio di far conoscere l’amore di Cristo attraverso l’affetto che dimostrano a ciascuno nella vita di ogni giorno? Quanti confondono la decenza con il cristianesimo e ritengono legittimo il giudizio spietato nei confronti degli altri? Il cristiano è allegro, comprensivo, sa sorvolare sui piccoli o grandi torti di cui è oggetto, non pensa a se stesso se non per lo stretto necessario, per il resto si prodiga per gli altri. E allora sì che santifica il lavoro e i doveri della vita quotidiana. Come si può pensare di vivere il cristianesimo con lo stile di una zitella acida? Chiedo perdono alle zitelle ma esiste un modello di donna nubile di età avanzata specializzata nel prendere tutto nel verso storto e nello sparlare del prossimo, senza contare che esistono bei giovinotti maschi che fanno peggio. La nostra vocazione cristiana ci invita a far lavorare Gesù in noi in modo da essere la gioia di chi convive con noi, in casa e fuori.

Gesù, quando descrive il giudizio universale, considera fatta a Lui, personalmente, ogni attenzione buona. Questo è il metodo, lo stile cristiano.




martedì 7 settembre 2021

Mandulinata

 Mandulinata a Napule. Così si è chiamata la serata del 23 agosto 2021 al Meeting di Rimini che intendeva sottolineare il valore spirituale delle canzoni napoletane che don Giussani consigliava con determinazione. Intanto c’è da dire che il fenomeno delle canzoni napoletane ha qualcosa di unico. Lo stesso don Giussani rimase sorpreso quando dei bonzi giapponesi gli raccontarono che cantavano anche “musiche occidentali”, per esempio “Torna a Surriento”. Viene quasi da ridere ma don Giussani non rise e capì le motivazioni di quei monaci.

 A fine ottocento si inaugurò la funicolare sul Vesuvio, un evento da ricordare senz’altro; ma da qui a pensare che la canzone commemorativa si diffuse in tutto il mondo dove tutt’ora si canta “Jamme Jamme Jamme Jà, funiculì funiculà…” è un episodio che fa capire che in questa città c’è una vena creativa musicale unica.

Nella stessa canzone che fa da titolo ( Mandulinata a Napule ) c’è un verso che dice “stasera ammore e Dio song’una cosa”. Un’affermazione che trova totale rispondenza nella teologia. San Giovanni evangelista afferma nella sua prima lettera che Dio è amore (Deus Caritas est) e Papa Benedetto ne ha fatto il titolo di un’enciclica.

Nella storia della canzone napoletana ci sono mille episodi spassosi e tristi che la costellano e alcuni ne sono stati rievocati nella serata del 23 agosto che si può rivedere su YouTube cliccando: https://www.youtube.com/watch?v=2o-az9KB2xs. Sempre su YouTube si può sentire il grande Lucio Dalla che parla in modo entusiastico dei napoletani e cita Salvatore di Giacomo accostandolo a Petrarca.

E’ un modo per rievocare serenamente lo spirito di una città che fa del buon umore un imperativo   categorico...