martedì 26 febbraio 2013

Aldo Cazzullo e Costanza Miriano presentano il libro di Pippo


Dolcissimo Joseph prega per noi


Nel fiume di parole che sono scorse impetuose da quando il Papa ha annunciato le sue dimissioni non ho trovato un accenno all’interiorità del Santo Padre. Si è parlato, nel migliore dei casi, di umiltà e di coraggio ma senza inoltrarsi nell’atmosfera dei suoi sentimenti. Quando a Milano, nell’incontro delle famiglie, la bambina vietnamita gli ha chiesto com’era lui da piccolo, Benedetto ha aperto uno spiraglio nell’abituale velo di riserbo circa la sua persona. Per una volta non ha esposto con la solita nitidezza il panorama così chiaro del suo pensiero teologico ma ci ha fatto entrare nel suo cuore. Abbiamo visto una famiglia cristiana che, fin dal sabato si preparava alle letture della Messa del giorno seguente. La sensibilità musicale era elevata (Mozart, Schubert, Haydn) e il piccolo Joseph vedeva aprirsi il cielo ascoltando il Kyrie così ben cantato. Anche in famiglia si cantava e i piccoli segni di affetto procuravano gioia (anzi “cioia” come lui dice amabilmente). La bontà di Dio si rifletteva nell’amore reciproco. Le camminate nei boschi, le piccole avventure… tutto costituiva un anticipo di Paradiso, infatti “penso di andare a casa andando verso l'altra parte del mondo”. Dolcissimo Joseph. Sembra che il nostro mondo brutale non ti abbia capito, ma non è vero. L’affetto con cui i pellegrini ti hanno salutato negli ultimi giorni di pontificato sta a significare che la gente ti ha compreso. Ora prega per noi come tu sai fare e continuerai ad essere una guida per noi.


mercoledì 20 febbraio 2013

Su Benedetto la grande stampa ci è o ci fa?


A Roma si dice: ma ce fai o ce sei? La grande stampa italiana merita questa domanda: fa finta di essere ignorante o lo è davvero? La tesi dominante è che il Papa lascia perché sono troppo forti le tensioni che assillano la Chiesa e il Papa cede davanti a quest’enorme pressione. Ma un po’ di storia l’avete studiata? Gli attacchi di ora sono il tocco di una piuma rispetto alle aggressioni e alle divisioni interne dei secoli passati. Il Papa lascia perché sta invecchiando e pensa al bene della Chiesa che ha bisogno di essere guidata con mano ferma. Punto e basta. Ma non lascia cadendo vittima degli avversari, lascia da vincitore. Gesù è morto sulla croce da vittorioso. Nessuno come Gesù ha inciso nella Storia. La storia si ripete: il lungo, unico, pontificato di Wojtyla-Ratzinger è stato la riscossa della Chiesa che nel ’78 sembrava assediata da forze contrarie (Paolo VI è quasi morto assieme al suo amico Moro) dissanguata da un’emorragia interna. Ancora risuona il grido di riscossa “Non abbiate paura” che non è rivolto ai cattolici ma agli altri, agli assedianti, e quel colpo d’ariete: “Spalancate le porte a Cristo!”. La grande stampa non si accorge che viaggia sull’onda di una cultura di morte e di desolazione che è perdente anche se sembra irresistibile. Le vittorie dei fautori della morte (aborto, divorzio, eutanasia) sono vittorie in un deserto pieno di carcasse umane. Invece è vincente l’appello di Ratzinger che invita finalmente la creatura ad abbandonarsi nel Creatore.  






giovedì 14 febbraio 2013

Un saluto a Papa Ratzinger

 
Caro, carissimo Papa Ratzinger. Vorrei testimoniare con due righe l’affetto che ho per lui. Negli anni ’80 feci la grande scoperta del suo libro “Introduzione al cristianesimo”: un libro che con dolcezza, profondità, cultura spiegava il mistero dell’amore di Dio in termini comprensibili per l’uomo moderno. Quel libro mi entusiasmò talmente che confezionai un video  che invitasse a leggerlo: un video di un’ora che ora ho messo su youtube (col titolo Illustrazione del credo). Il cristianesimo ha il punto di maggior contraddizione proprio in Occidente. La ribellione protestante, nella sua veste secolarizzata, e illuminista tenta di soffocare il messaggio di Gesù e il Papa come un campione affronta quest’onda di morte che porta con sé la dissoluzione della famiglia, degli affetti e soprattutto della fede. Le encicliche, i suoi libri su Gesù e i vigorosi discorsi di Parigi, di Berlino e di Londra sono pietre miliari con cui il Pastore di Roma ha guidato il suo gregge. La civiltà europea nasce da San Benedetto (non a caso il Papa ne ha scelto il nome) – ha ricordato a Parigi – le leggi dello stato devono rispettare la natura dell’uomo – discorso al Bundestag -, la dottrina sociale della Chiesa è il criterio a cui ispirare il governo della società – discorso di Londra. Un Papa umile che non s’intimidisce di fronte a nessuno: è il vero vincente dell’epoca che è cominciata con Giovanni Paolo II, il cui pontificato s’è intrecciato ed è continuato con Papa Benedetto. Grazie caro Papa. 

grazie a Cavalleri per la recensione di "Quando Dio è contento"


La contentezza che viene dall'amicizia
di Cesare Cavalleri
13.2.13
 
«Il segreto della felicità» promesso nel sottotitolo del nuovo libro di Pippo Corigliano, Quando Dio è contento (Mondadori, pp. 120, euro 17,50) non va cercato negli aforismi o nei racconti sapienziali più o meno orientaleggianti e, infatti, Corigliano li accantona subito. Memore dell'ammonimento di Paolo VI secondo cui, oggi, si ascoltano più volentieri i testimoni che non i maestri (e ciò vale soprattutto per i giovani), allinea una serie di testimonianze di diverso rilievo esteriore, ma tutte ricollegabili a un'esperienza condivisa: non è forse vero che le persone più felici che ciascuno di noi ha incontrato sono persone che sanno voler bene al prossimo perché, innanzitutto, sanno di essere amate da Dio, e cercano di contraccambiare? È questo sforzo di contraccambio a far contento Dio, a rendere felici, come spiega la collaboratrice domestica di cui Corigliano parla nelle prime pagine del libro, la quale si applica a rendere gradevole la vita delle persone per cui lavora e che probabilmente non si renderanno mai conto di quanto quel lavoro, in certi momenti, le costi, mentre Dio è contento di vederla lavorare così, per amore.
Pippo Corigliano è napoletano e io, che lo conosco da una vita, posso assicurare che la sua napoletanità si è sviluppata e arricchita, negli ultimi anni, in misura inimmaginabile. E non c'è persona più simpatica di un napoletano che possiede tutti i lati positivi della napoletanità, l'accoglienza, la capacità di sdrammatizzare, uno humour mai amaro, una rassegnazione che diventa slancio, la capacità di godere delle cose buone della vita (compresi i cioccolatini di una certa marca) per condividerle con altri. Per questo il terzo libro di Pippo Corigliano, dopo Un lavoro soprannaturale e Preferisco il Paradiso (che erano simpatici, ma non come questo), ha la simpatia contagiosa della maturità, di un uomo che, napoletanamente, sa vincere il pudore di parlare anche di sé ma come in terza persona, perché quella cosa lì l'ha vissuta solo lui e vuole metterla a disposizione degli «altri» che non sono un anonimo «prossimo», ma una cerchia di amici che si vuole allargare, perché in quanti più siamo, tanto più siamo felici.
È un libro spiazzante, questo Pippo III, indifeso, disarmante. L'autore ha due maestri/testimoni da cui ha imparato e a cui si ispira, Giovanni Paolo II e san Josemaría Escrivá, e lo si vede bene dal tono atletico della sua ascetica e dalla serenità «normale» che ha messo in pagina. I riferimenti sono spesso inattesi, come quando si appropria del motto degli strampalati (e simpaticissimi) Blues Brothers, We're on a mission from God, siamo in missione per conto di Dio, dandogli pertinentemente un significato vocazionale.
Alla fine, il «segreto della felicità» viene condensato in tre «finestre» da tenere sempre aperte: riscoprire la Santa Messa; confessarsi e confessarsi bene; leggere sistematicamente il Vangelo. Ci voleva proprio un napoletano per dire così apertamente, e con il tono di chi l'ha sperimentato, che solo la pratica di vita cristiana rende felici, aggiungendo una testimonianza ulteriore, quella di Leonardo Mondadori, alla cui «conversione», messa anche in libro con Vittorio Messori, Pippo Corigliano non è estraneo. E ci si accorge che a far lievitare le pagine di Quando Dio è contento è, semplice e profondo, il senso dell'amicizia: «Non è un caso se tutti i santi sono sempre circondati da amici, mentre gli egoisti, i dittatori, i viveur, gli avari vivono nella solitudine...».

venerdì 8 febbraio 2013

L'unica cosa che conta: saper voler bene

 
Ci sono momenti della vita in cui un’indisposizione – tipo influenza– consente di sottrarsi al flusso dei doveri impellenti e di riflettere e pregare senza fretta. Sono momenti in cui ritornano i volti delle persone care e ti accorgi che tutte le persone sono care. La vita sembra uno scorrere di acque attraverso cui si vede qualcosa di fermo, un fondo pietroso, e quel fondo è il Vangelo, le cose dette e fatte da Gesù. “Vi ho chiamati amici…” chi è che ha costruito la Storia come Gesù? Cicerone e altri autori hanno scritto sull’amicizia, ma Gesù ne parla con una forza nuova perché nessuno ama come colui che dà la vita per i suoi amici (Gv 15,13). Solo l’amore incondizionato fa crescere. Ho appena letto Ogni angelo è tremendo, l’ultimo libro di Susanna Tamaro che descrive la maturazione della sua personalità fin da bambina: il gelo dei rapporti umani senza amore la paralizza, mentre l’incontro con una maestra comprensiva o di una tata amorosa fa fiorire nel suo animo temporanee primavere. Una prova in più che è l’amore il vero nutrimento dell’animo umano. I demòni sono ferrati in teologia ma aborriscono il volersi bene. Saper voler bene è la scienza suprema, di cui il maestro è Gesù e chi segue le sue orme: perciò i santi sono attraenti. Pietro dice a Gesù “Tu solo hai parole di vita eterna”. Lo dice non perché lo considera un filosofo (in quel momento Pietro non ha capito quanto Gesù ha appena detto) ma perché ha capito che Gesù parla d’amore vero, che è la verità eterna.