sabato 30 maggio 2020

La Pentecoste


Fra pochi giorni si celebrerà la festa della Pentecoste che ricorda l’effusione dello Spirito Santo sulla Vergine e sugli Apostoli dopo 50 giorni dalla Risurrezione di Gesù. Il laico cristiano ha un modello di vita nel prezioso libro degli Atti degli Apostoli perché il rapporto con Dio di quei primi cristiani era di una consapevolezza esemplare.
Il rapporto con Dio dipende dalla Sua grazia e la Pentecoste conferma questo bisogno dell’uomo di ricevere l’aiuto di Dio. Basti pensare che gli Apostoli stessi, che pur avevano assistito a cose straordinarie dopo la Risurrezione di Gesù, trovano la forza di lanciarsi nella predicazione solo dopo la Pentecoste.
Ciò non ostante la fede presuppone da parte del cristiano un minimo di conoscenza della Rivelazione divina. Se si pensasse oggi di fare un’inchiesta su quanti cristiani sanno che esiste un libro chiamato “Atti degli Apostoli”, il risultato sarebbe prevedibile e sconcertante. Non si può amare ciò che non si conosce ed è evidente che occorre aumentare la formazione e l’informazione sui contenuti della fede cristiana.
Nella prossimità di questa festa posso chiedere allo Spirito Santo questa grazia: di saper essere un diffusore del Vangelo, anzi, per essere precisi, del Nuovo Testamento che è formato dai 4 Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere apostoliche di San Paolo e di altri Santi e l’Apocalisse. (E’ meglio precisare, tanto per capirsi).
E’ singolare che la nostra civiltà, che tutti concordemente definiscono originata congiuntamente dalla cultura greco-romana e da quella giudaico-cristiana, preveda nel sistema formativo una buona conoscenza dei classici greci e latini e non della Bibbia, cioè dell’Antico e Nuovo testamento. Se non sapessi che esistono l’Iliade e l’Odissea mi riterrei un ignorante mentre invece sto tranquillo se non ho mai letto i libri del Pentateuco o la Lettera a Filemone.
Che lo Spirito Santo mi illumini nel diffondere la Sua Parola.

giovedì 14 maggio 2020

La Comunione

“Mi spiego la tua ansia di ricevere ogni giorno la Santa Eucarestia, perché chi si sente figlio di Dio ha un imperioso bisogno di Cristo” (Forgia 830). Fra poco torneremo, in un modo o nell’altro, alla possibilità di assistere alla Santa Messa e di ricevere Gesù nella Comunione. Questo periodo travagliato ci ha consentito di riflettere sul nostro desiderio di ricevere Cristo. La consuetudine, un’inadeguata formazione religiosa, la cultura dominante e così via… ci hanno portati ad una concezione del cristianesimo come un semplice atteggiamento di bontà. Nell’epoca del selfmade man si è radicata l’idea che il cristiano è uno che è buono e fa il buono.
 Singolare è la risposta che dà Gesù al giovane ricco che lo interpella chiamandolo “maestro buono” (Marco 10). Gesù gli risponde: “nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio”. Non credo che Gesù abbia detto quella frase per santa pignolaggine. Se l’ha detta è per allontanarci dalla tentazione di pensare di essere buoni. Io non sono buono. Sono capace di qualsiasi cosa se Dio mi abbandona. Se voglio seguire la volontà di Dio ho bisogno del Suo aiuto. A san Paolo che si affliggeva perché faceva cose che non voleva, il Signore dice: “Ti basta la mia grazia”. La grazia è l’aiuto di Dio, un aiuto che viene dal di fuori di noi stessi anche se agisce nell’intimo della nostra coscienza.
Sento il bisogno di chiarire questo punto ora che stiamo nuovamente per accedere liberamente alla Messa e alla Comunione con Gesù. Un Dio che si dà da mangiare non è soltanto un Padre che ci raccomanda di essere buoni, è Cristo con cui mi devo identificare. Anche se mi pare ridicola l’idea che io mi possa indentificare con Gesù, devo desiderarlo, pur sapendo che è una meta irraggiungibile. Gesù scambiò il suo cuore con Santa Caterina da Siena e desidera farlo con ciascuno di noi e questa è una cosa diversa dal semplice desiderio di essere “buono”.
 Dio è altro da me. E’ vero che sono stato adottato come figlio suo, ma io sono un nulla rispetto a Lui ed è bene che questo mi sia ben chiaro. Gesù nell’Ultima Cena chiama “amici” gli apostoli e anche io sono nel numero, ma questa amicizia va coltivata. Questo è il mistero che circonda il cristiano che desidera di vivere in Dio come i pesci nell’acqua ma è appesantito dalle sue miserie e dalla distanza che c’è fra l’uomo e Dio. Il rapporto con Dio è la vita del cristiano, ma questo rapporto non è definibile a nostro piacimento ma dipende dalla sua grazia. Il cristiano è un “dipendente”, può essere anche un innamorato, ma c’è una dipendenza da Dio che non va dimenticata. Perciò c’è bisogno della preghiera, della Messa e della Comunione.
Sono verità fondamentali e ben conosciute ma sento il bisogno di ricordarle perché l’impegno di essere buono può essere traditore e farmi pensare che è qualcosa che decido da me. No. E’ il rapporto con Gesù che conta.

venerdì 8 maggio 2020

La Messa

“Senza la Messa Domenicale non possiamo vivere”. E’ la famosa testimonianza di martiri cristiani durante la persecuzione di Diocleziano nel 304. Mi è venuto in mente quest’episodio a proposito delle misure restrittive adottate dal governo italiano che ha vietato la celebrazione pubblica della Santa Messa per l’emergenza Coronavirus. Ci sono state delle proteste in proposito ma ho l’impressione che non siano state sufficientemente energiche e sentite dal popolo fedele. Diciamolo pure: mi pare che ci sia una differenza tra la fede di quei primi cristiani e quella che si vive oggi. 
 A me è caro l’insegnamento di San Josemaría, fondatore dell’Opus Dei, che attribuiva al normale laico cristiano “mentalità laicale e anima sacerdotale”. Altre volte diceva che dobbiamo essere “contemplativi in mezzo al mondo”. Lui stesso aveva un profondo senso mistico (“mettiti nelle piaghe di Cristo Crocifisso” scriveva in Cammino 288) perfettamente compatibile con la santificazione del lavoro ordinario e dei doveri quotidiani del cristiano normale.
 Ho l’impressione che vada ribadito questo insegnamento di San Josemaría.
 L’episodio di Marta e Maria nel vangelo è significativo. Marta non fa delle cose cattive, sta preparando da mangiare per Gesù e i discepoli, ciò non ostante Gesù la rimprovera lodando Maria che è ferma in ascolto del Maestro.
 Se Marta è considerata santa è perché ha seguito l’esempio della sorella Maria mettendo a frutto l’insegnamento di Gesù. Non ha senso quindi, da parte dei cattolici, dire: io mi attengo allo stile di Marta e mi dedico alla vita attiva. Marta è stata rimproverata. Si può essere invece dei contemplativi come Maria operando efficacemente.
 Padre Pio, San Francesco, Santa Caterina da Siena e altri santi sono stati dei mistici, portatori delle stimmate di Gesù, che hanno operato intensamente. Non c’è contraddizione fra contemplazione e azione. Viceversa, dedicandosi prevalentemente all’azione e trascurando l’identificazione con Cristo, si diventa superficiali e, alla fin fine, egoisti.
Perciò avere una sana mentalità laicale significa per il cristiano avere gli stessi sentimenti di Pio, di Francesco e di Caterina e nello stesso tempo sposare pienamente la propria condizione e lo stile di vita proprio di un laico.
Siamo circondati da una mentalità secolarizzata che dà importanza all’azione caritativa trascurando il desiderio di essere un altro Cristo. Devo reagire e continuare a chiedere a Gesù di darmi il Suo Cuore, come fece con Santa Caterina. Sono nulla, non so nulla, non posso nulla ma, grazie alla preghiera, posso essere un vero cristiano.