martedì 18 aprile 2023

Acqua in vino

 L’episodio delle nozze di Cana, del vangelo di Giovanni, ha in sé tanti aspetti interessanti. Per prima cosa si legge:  “ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.” La madre di Gesù viene presentata come un personaggio mentre la presenza di Gesù è descritta successivamente… Mi fa piacere questo riconoscimento ante litteram di Maria che fa capire la considerazione di cui godeva la Madonna ancor prima degli avvenimenti successivi.

“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».  E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».” Quando abbiamo letto questo apparente contrasto siamo restati meravigliati ma poi ci siamo resi conto che ci trasmette un confortante significato. Gesù in realtà acconsente alla richiesta di Maria, che con sicurezza dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. C’è intesa fra i due: un’intesa che ci porta ad aver fiducia nell’intercessione di nostra Madre. Maria è capace di cambiare l’ordine prestabilito a vantaggio nostro.

Nella realizzazione del miracolo c’è un clima di perfezione. I servi riempiono le giare “fino all’orlo”, viene precisato. Dopo che il maestro di tavola (il matrimonio era ben organizzato) ha assaggiato l’acqua tramutata in vino, dice allo sposo: “«Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». 

Non solo Gesù ha acconsentito alla richiesta di Maria ma lo ha fatto nel modo migliore possibile. La conclusione è che facciamo bene nel confidare in Maria e chiederle anche l’impossibile.



domenica 9 aprile 2023

Tornare

 Le parabole di Gesù sono tutte belle: le abbiamo ascoltate tante volte ma c’è il rischio di darle per scontate. La parabola del figliol prodigo, ad esempio, è ricca di particolari significativi. La prima parte della parabola è descrittiva  dello stato di bisogno del figlio dopo la dispersione della sua eredità. Successivamente meritano attenzione i particolari che emergono dal comportamento del padre. Il figlio che torna non bussa alla porta ma il padre lo vede prima, perché scruta l’orizzonte con speranza… sta attendendo e spera. Il padre non lo aspetta sulla soglia ma corre: è un anziano che corre. E lo baciò. In latino: cecidit supra collum ejus et osculatus est illumLetteralmente: “gli piombò sul collo e lo baciò”.Il padre si rivolge ai servitori e ordina la veste più bella. Allora i vestiti erano pregiati e la “veste più bella” fa capire che esisteva una gerarchia fra i vestiti: andava preso il capo migliore di tutti. A rivestirlo dovevano essere i servi, dice il padre, perché il figlio non aveva perso la sua dignità.“Mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi”. Sia l’anello che i calzari erano accessori con un preciso significato d’importanza.“Portate fuori il vitello ingrassato”… Il padre non dice “un vitello” come ce n’erano nella stalla, ma “il” vitello. Era il migliore, la prelibatezza.Perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. Qui c’è l’insegnamento di Gesù: La lontananza da Dio è morte e, soprattutto, il Padre ci aspetta ansiosamente. Dobbiamo allietare Dio. Dobbiamo farci ritrovare…

“E si misero a fare una gran festa”. Per chi ha una concezione malinconica della fede, resti ben chiaro: il Padre organizza una festa. Con Dio si sta bene. Si ride e si è felici.

Il figlio menagramo che torna dalla campagna rappresenta anch’egli noi stessi quando subiamo la volontà di Dio di traverso. No! Noi dobbiamo abbracciare felicemente la nostra vocazione: lo stato in cui ci troviamo. E’ lì che dobbiamo gioire con Gesù e fare festa nell’affetto del Padre.

 



 

 

martedì 4 aprile 2023

Giovedì Santo

 Noi cattolici abbiamo un dono grande. La presenza reale di Gesù. Durante la santa messa ascoltiamo quelle parole: 

“Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo
offerto in sacrificio per voi. 

Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.”

Nel momento in cui Gesù, sotto le sembianze del sacerdote, pronuncia queste parole è come se il soffitto si sfondasse e ci fosse lo stesso Gesù che parla al di fuori del tempo e dello spazio, …

Il giovedì santo è il giorno particolare in cui contempliamo questa meraviglia.

Abbiamo questo privilegio che supera la nostra immaginazione. Nessuno ha un dono simile: essere al cospetto di Dio in un contesto di eternità, testimoni di un Dio che ci ama, si incarna, ci insegna e muore per noi. Ci identifichiamo con Lui: Lo mangiamo.

Molti di noi hanno ereditato una modesta concezione del cristianesimo propria di chi nella vita ha una serie di faccende da sbrigare. In mezzo a tutto questo c’è un intervallo, breve, in cui si pensa a Dio. Per il resto si cerca di essere “buoni”. Un inno alla mediocrità.

Se si legge il vangelo si ha tutt’altra prospettiva. Dio ci aspetta come il padre del figliol prodigo, mentre noi tiriamo avanti con la sensibilità dell’altro figlio, quello che lavora in campagna ed è “buono” ma non capisce l’essenziale. Occorre accettare l’idea che le cose stanno diversamente di come siamo abituati a pensare.

Gesù ci ama con vibrazione e noi dovremmo corrispondere, pieni di amore di Dio. Tutto il resto viene dopo e la nostra vita può diventare una vita santa. Occorre convertirsi.