lunedì 3 febbraio 2020

Prima dell'intervento

Alla vigilia di un intervento chirurgico al cuore (10 febbraio) rendo conto di alcune riflessioni:

Il principale incontro della mia vita è stato con San Josemaría Escrivá. E’ stato come spalancare un portone che introduce all’intimità con Dio. Prima, almeno questa è la mia impressione, non avevo capito niente. La testimonianza del Padre (così lo chiamavamo) era che il rapporto con Dio è un’avventura d’amore, di allegria e di poesia. La sua vita contemplativa era affascinante. Si capiva che il rapporto con Dio può sembrare pesante solo se è distante. Invece più ti avvicini a Lui più il cuore si riempie di gioia e si apre agli altri.
 Mi sembra meschina la vita che avrei vissuto senza questa luce e questo calore. Resta il desiderio di trasmettere agli altri questa esperienza e dire “non vi fate suggestionare dall’egoismo predicato dalla cultura dominante. Non andate appresso ai soldi a tutti i costi e alle carriere brillanti, a quella che vien chiamata la “propria realizzazione””. La vera realizzazione è saper amare: un’arte che non s’impara mai definitivamente. Siamo tutti apprendisti dell’amore. Perciò mi piace Napoli, la Sicilia e, in generale, il Sud: lì la cultura sterilizzante del curare esclusivamente i propri interessi è arrivata in modo mitigato. Certamente in quelle terre non mancano esempi di malavita ma le persone buone lo sono davvero. Lì trovi il senso dell’ospitalità, del valore del tempo passato con gli amici, i grandi gesti di generosità. Chiaramente il problema non è la latitudine ma la capacità di non farsi influenzare dalla cultura individualista che spinge a cercare solo i propri interessi.
Il fuoco originario del vero amore è Gesù. Proprio oggi riflettevo sulla esplosione dell’amore di Dio che scoppia nell’Ostia consacrata. L’Amico che muore per darsi da mangiare, come predisse Gesù creando scandalo e sconcerto. Con un Dio che vive i misteri dolorosi per poi arrivare ai gloriosi, quante cose s’imparano per vivere in modo radioso, poetico. I santi sono stati poeti. Lo erano San Francesco, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa… tutti. E lo era San Josemaría che, arrivato a settant’anni, scherzava dicendo “trovatemi un vecchietto della mia età che vi parli d’amore come faccio io”. Le sue omelie sono un capolavoro di letteratura pur essendo prive di orpelli letterari. Le registrazioni delle sue tertulie con migliaia di persone sono uno spettacolo di comunicazione religiosa: divertenti e piene di contenuti.
Tutti alla fine della vita, e alcuni prima, dobbiamo passare per i misteri dolorosi e per l’orazione di Gesù nell’Orto degli ulivi, ma dopo vengono i misteri gloriosi pieni di fecondità e di vita. 
Con quest’animo mi preparo all’intervento e scrivo queste cose per ringraziare tante persone che, invece di curare esclusivamente i loro problemi, si stanno dimostrando vicine oltre ogni aspettativa.