Dopo un intervento chirurgico sono tornato a casa portando con me una riflessione scritta poco prima:
Sono venuto qui in ospedale dove mi opereranno fra tre giorni con l’atteggiamento di un cristiano devoto. Mi ero affidato a Dio perché si compisse la Sua volontà. Dopo un giorno mi sono reso conto che non bastava rimettersi alla volontà di Dio ma era necessario essere contemplativo. Sembra una differenza da poco ma non lo è.
Il devoto normalmente pensa ai doveri da compiere e chiede aiuto a Dio. Il contemplativo è molto di più. Intanto campa non per realizzare i suoi programmi ma per praticare ciò che Gesù gli chiede. Le sofferenze che qui ci affliggono sono come una piccola imitazione delle sofferenze vere che Gesù ha sofferto da parte di chi lo odiava. Piccolezze le mie. Quando l’infermiera mi chiede scusa perché non trova la vena e mi fa soffrire, ridiamo insieme perché le dico chiaramente che penso a Gesù e prego per lei. Per cui: giù alla ricerca della vena senza cautele.
Così per le altre faccende.
E’ continuo il dialogo con Gesù specie nel tempo dedicato esplicitamente all’orazione mentale. Ogni tanto faccio silenzio perché Gesù m’ispiri ciò che vuole.
In ospedale mi sento un distributore di grazie: come un maestro d’orchestra che indirizza qua e là le grazie che il Signore mi rifornisce. Sto con Gesù e sono in missione per conto di Dio. Altro che devoto. Se non pensassi così avrei sprecato gli 80 anni meno 18 che ho passato come figlio di San Josemaría.
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