Nel 1928 l’Opus Dei compirà cento anni dalla sua fondazione. Non so se ci sarò allora ma certamente il momento è adatto ora per ringraziare il Signore per la meraviglia dello spirito dell’Opera. Tutti sappiamo cosa vuol dire essere cristiano, ma fino ai giorni nostri era radicata la convinzione che soltanto alcuni dovevano vivere di fede: i sacerdoti, le suore, gli ordini religiosi, gli addetti alle faccende del culto… Il merito di San Josemaría Escrivá è stato quello di cambiare la mentalità e di ricordare a tutti indistintamente che erano chiamati ad essere veri cristiani, cominciando a vivere un nuovo stile di vita coerente con la fede. Ecco che il lavoro di ogni giorno, gli impegni familiari e tutte le occupazioni del cristiano comune sono diventate occasioni per vivere le virtù con lo stesso impegno dei religiosi nei loro conventi. Tutte le circostanze sono occasioni di amore per Gesù, anche le più apparentemente banali. A ben pensarci questa è una rivoluzione epocale e chi è portatore di questo messaggio ha una bella responsabilità: deve essere santo e diffusore di santità.
Tutte le realtà cattoliche del nostro tempo partecipano di questo messaggio ma in particolare l’Opus Dei ha questa finalità. Nessuno può sentirsi esente dalla chiamata a vivere una fede radicata nella vita di ogni giorno.
Tutte le istituzioni della Chiesa sono esposte al pericolo della banalizzazione del loro messaggio. Solo la Chiesa nel suo insieme non conosce invecchiamenti e continuamente si rinnova. Il nuovo anniversario può costituire per l’Opus Dei un rinnovare il fervore che il Fondatore ha trasmesso. I tempi passati non sono un ricordo destinato a sbiadirsi ma un incentivo a mantenere sempre viva questa grande novità: la nostra vita, che forse avevamo creduto normale e quasi banale, è invece un’occasione di rinnovare continuamente il nostro amore. Pensavamo alla vita ordinaria come luogo d’abitudine e invece ci troviamo davanti alla necessità di lasciare ben chiaro un solco di amore. Tutti noi possiamo immaginare come sarebbe stata la nostra esistenza senza il messaggio dell’Opera, e invece ecco che siamo genialmente costretti ad essere persone uniche e irripetibili perché innamorate. Ognuno di noi si sente inadeguato ma il nostro cammino è sostenuto dal vento dello Spirito Santo che fa di noi persone tutt’altro che banali e prevedibili. Banali e prevedibili saremmo stati noi se ci fossimo adagiati alla vita di sempre. Invece no: ogni giorno è una nuova battaglia da combattere assieme a Gesù.
Mi sono trovato a vivere in prima linea il cinquantesimo di fondazione dell’Opus Dei. Le circostanze erano speciali: nostro Padre era morto il 26 giugno del 1975 mentre il cinquantenario cadeva tre anni dopo, nel 1978. Era ancora vivo e attuale il ricordo delle promesse fatte a nostro Padre che desiderava per noi una maggiore vivacità apostolica e, proprio nel 1975, c’era stato un fiorire di vocazioni all’Opera che continuò negli anni successivi. Era chiaro che un anniversario come il cinquantesimo doveva significare un maggiore impegno nella preghiera e nell’apostolato e così fu. Penso che anche il centenario debba avere questo motivo di fondo: preghiera e apostolato che sono il manifestarsi della vita spirituale del cristiano. Perciò ben vengano le idee di rinnovamento di questo o quell’aspetto del nostro spirito ma la sostanza non muta. Anime! Anime di apostoli, Signore, sono per te, per la tua gloria! Ripeteva nostro Padre.
In particolare il Fondatore dell’Opera insisteva sulla necessità di svolgere un’intensa attività con i giovani che lui chiamava “opera di san Raffaele”. Ecco come si esprimeva:
“Molte volte vi ho fatto notare, figli miei, che non abbiamo realizzato nessuna iniziativa nostra senza che sia stata preceduta, accompagnata e seguita dall’opera di San Raffaele. E’ un fatto vitale! Non solo perché è in sé un apostolato splendido, ma perché abbiamo il desiderio di aumentare il numero di fratelli in questa gran famiglia. Per questo dobbiamo rivolgerci ai giovani per dargli i criteri per la vita spirituale e ascetica e gli sia così più facile ricevere la chiamata di Dio. Figli miei questo è per noi così necessario come la respirazione! Se no soffochiamo, non è possibile vivere. Siamo una famiglia cristiana e quello che non possiamo fare è chiudere le fonti della vita… Questo è il nostro cammino e non ce n’è un altro. Insistete nella vostra orazione personale che il Signore vi faccia comprendere e amare questa realtà; insegnatelo ai vostri fratelli e sorelle. Dobbiamo chiedere alla Santissima Vergine e ai Patroni di questo lavoro – San Raffaele e San Giovanni Apostolo – l’aiuto del Cielo perché tutti noi comprendiamo la necessità urgentissima e assoluta, senza alcun tipo di eccezione, di cominciare e continuare – senza soluzioni di continuità, senza una pausa – questo lavoro apostolico, che è fondamentale e deve riunire tutte le condizioni di un buon fondamento…” (Meditazione del 5.3.63)
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