Contento viene dal verbo contenere. E’ contento chi è soddisfatto di ciò che ha. Questo semplice e modesto aggettivo racchiude in sé una gran ricchezza, si potrebbe dire che è la chiave della felicità. Nella vita possono capitare disgrazie, dolori: alcuni di questi reali, altri aumentati dalla nostra immaginazione e suscettibilità. E’ la fede che raccorda la vita delle creature alla volontà del Creatore. San Paolo diceva che per chi ama Dio tutto concorre al bene, anche i dolori perché solo alla fine della vita comprenderemo il senso positivo di ciò che è accaduto. Quando viviamo di fede siamo contenti perché diventiamo umili. Si può immaginare la Madonna addolorata ma non troveremo un’immagine della Madonna scontenta o arrabbiata. In cambio l’orgoglioso è sempre scontento perché secondo lui ha ricevuto meno di ciò che merita.
In più la persona contenta rende serena la vita agli altri, sorvola sulle frizioni immancabili fra caratteri, vede l’aspetto positivo delle cose. Con lui ci si confida, gli si chiede consiglio. La virtù della contentezza è utile non solo nella vita personale, familiare e professionale ma anche sociale. Ora che l’orizzonte politico-economico è cupo c’è bisogno di persone che sappiano “accontentarsi”, lavorare e intraprendere. Solo chi è contento è creativo. L’arrabbiato non vede prospettive. Questo momento può essere positivo. Il ministro Passera ha detto una bella cosa:”stupiremo il mondo”. Ecco, se sappiamo essere contenti, noi italiani stupiremo il mondo.
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