Nel
2015 saranno cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II e si farà
un bilancio. La chiamata universale alla santità sarà il tema dominante: un
tema che riguarda soprattutto i laici perché non ci sono dubbi sulla chiamata
alla santità per il clero e gli ordini religiosi. In questi anni lo Spirito
Santo ha suscitato uomini e donne carismatici che hanno aperto nuove strade.
Ammettiamolo: la grande novità del dopo Concilio sono stati i movimenti. Ci
sono diversità fra loro perché lo Spirito soffia dove vuole e segna per ognuno
un cammino diverso. Si potrebbe dire con accostamento irriverente che lo
Spirito Santo è insuperabile in quanto a marketing. Fra queste realtà così
varie c’è un denominatore comune: occorre farla finita con una concezione
mediocre della vocazione del cristiano comune. Occorre che cambi la mentalità
del gregge e dei pastori. Bisogna alzare l’asticella dell’esigenza e rivedere
il criterio con cui si forma la coscienza dei laici. Il laico cristiano deve
avere il cuore in cielo come i mistici, e deve, d’altra parte, vivere in
pratica le virtù richieste dalle circostanze professionali, familiari, sociali,
culturali, ecc. Il modello non lo troviamo tanto nei santi classici del messale
quanto in San Giuseppe, padre e lavoratore, e nei primi cristiani, come sono descritti negli Atti degli Apostoli e nella prima
letteratura cristiana: lavoratori in mezzo al mondo pieni di fede, capaci di
dare i loro beni e la stessa vita. Dobbiamo ripartire da lì.
Nessun commento:
Posta un commento