giovedì 11 ottobre 2018

L'etica


I miei genitori erano brave persone ma non erano cristiani praticanti. Da bambino la sera andavo a letto senza le preghiere della mamma, da piccolissimo una ninna nanna e poi basta. Conoscere san Josemaría Escrivá è significato scoprire una familiarità con Dio che per me non era abituale anzi era impensabile. La sua “presenza di Dio” era esemplare, si notava. Sono passati tanti anni da allora e questo continuo dialogo con Gesù si è andato radicando dentro di me. E’ come la barra del timone della mia vita. Sempre di più mi affido al vento dello Spirito Santo per la mia navigazione. L’esperienza mi ha insegnato che fare troppi progetti non ha senso: la Provvidenza provvede, e mi trovo molto meglio.
In questi giorni mi hanno proposto di fare un intervento formativo sull’etica del lavoro ai neo ingegneri che s’iscrivono all’Ordine. Le uniche considerazioni che mi sono venute in mente sono quelle ben note di Dostoevskij e di Sant’Agostino. L’uno fa dire a Ivan Karamazov: “se Dio non esiste, tutto è permesso”, l’altro scrive: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Come si fa a parlare di etica senza parlare del rapporto vivo, personale con Dio? Senza Dio l’etica diventa un’etichetta, una serie di regolette pratiche di comportamento che lasciano il tempo che trovano. Se insistono a invitarmi li avvertirò che parlerò della familiarità con Dio. Quella che ho appreso, senza alcun merito da parte mia, da San Josemaría.

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