A
proposito del libro intervista a Ettore Bernabei di Pippo Corigliano
Ettore
Bernabei è inequivocabilmente cattolico, ma c’è una parola del vocabolario
cattolico che non riesce a digerire: miracolo. Crede nei miracoli, ma quello
che “all’estero, nel mondo anglosassone hanno chiamato ‘miracolo italiano’ non
era un miracolo, era frutto di una politica fondata sulla dottrina sociale
della Chiesa; l’hanno chiamato miracolo perché non credevano che fosse
possibile, non credevano ai loro occhi, ai capitalisti convinti dell’assioma di
Weber non tornavano i conti, una nazione cattolica, governata da cattolici non
poteva dare - questo era il pregiudizio - ai propri cittadini benessere e
libertà”.
Il
nostro incontro con lui prende spunto dal suo libro L’Italia del “miracolo”
e del futuro (intervista a cura di
Pippo Corigliano, Cantagalli, 240 pagine, euro 16.50) e ruota intorno a questa
contrapposizione tra un sistema capitalista e mercatista già in crisi e in via
di progressiva finanziarizzazione, espressione di ambienti laici internazionali,
e l’esperienza di un’economia mista pubblico-privato che pone al suo centro il
bene comune anche come benessere diffuso, frutto di un’elaborazione del
cattolicesimo politico, che “ha portato l’Italia negli anni Sessanta a essere
il quarto paese più ricco del mondo, davanti alla Gran Bretagna”.
Bernabei
ci riceve a Roma, nella sede della Lux Vide (una delle società europee più
importanti per produzioni televisive, cinematografiche e di animazione), a
poche centinaia di metri dal palazzo della Rai di viale Mazzini, di cui fu
direttore generale dal 1961 al 1974, prima di diventare presidente
dell’Italstat (finanziaria
capogruppo dell’Iri).
Nel
suo libro corre un fil rouge nella lettura che lei dà della storia del ’900,
l’elemento anticattolico, perché?
Perché
c’è. Anticattolico o antireligioso. Non mi sono inventato io il sostegno di
circoli finanziari occidentali a Lenin, ospitato e mantenuto in Svizzera e a
Capri come un principe zarista prima di essere portato con un treno piombato,
in pieno conflitto, attraversando tutti i fronti, a Leningrado. Le sue prime
azioni furono contro le chiese, i sacerdoti, le monache. Impiantò in un paese
di contadini credenti e grandi lavoratori l’ateismo teorico, dopo che in
Occidente il capitalismo aveva condotto all’ateismo pratico le grandi masse di
operai inurbati. Che la prima guerra mondiale avesse come obiettivo, e come
risultato, l’eliminazione della grande monarchia cattolica degli Asburgo e del
suo impero è un dato di fatto. Lo stesso tentativo avvenne in Spagna, dove le
Repubblica di Juan Negrin, oltre all’appoggio politico del Fronte popolare di
Léon Blum, a quello militare dell’Unione Sovietica, godeva dei finanziamenti
delle banche inglesi, era un fronte eterogeneo unito, scusi il bisticcio, da un
credo ateista.
Lì
però vinsero i cattolici e un certo Francisco Franco…
Che
non si fece scrupoli di perseguitare i cattolici che gli si opponevano. Li
difese l’arcivescovo Montini con un libretto che gli stava costando caro. Il
cardinale Ottaviani lo voleva inserire nell’indice dei libri proibiti e il
Diritto canonico del tempo prevedeva che l’autore di un libro finito all’indice
venisse ipso facto sospeso a divinis. Ma monsignor Dell’Acqua, che aveva
sostituito Montini in Segreteria di Stato, avvertì Pio XI delle intenzioni del
Sant’Uffizio e non se ne fece nulla.
Trame
vaticane? Corvi?
Mi
fanno ridere gli attuali scopritori di convulsioni Oltretevere. La Chiesa le ha
sempre superate, ed è andata avanti.
Torniamo
al filone anticattolico del Novecento.
Non
era certo credente Hitler, che ereditò e continuò portandoli a estreme e
spaventose conseguenze gli esperimenti eugenetici inglesi di inizio secolo. Né
lo era Mussolini, che però aveva, come dire, troppi preti in casa, e si
barcamenò. Il Concordato fu uno sgarro per i suoi amici inglesi, un sgarro
sopportato. Poi la storia ha preso altre pieghe.
Perché
i fautori del libero scambio, della ricchezza dei popoli, del mercato
dovrebbero avercela con il cattolicesimo, non era un ottimo instrumentum regni?
O
Dio o Mammona. E il potere del denaro, la finanza, tende a prevalere sulla
politica e sull’economia. In questo senso il caso italiano ha rappresentato
veramente un’anomalia da destabilizzare. Negli ultimi 150 anni la Chiesa
cattolica è stata di fatto ignorata dalla storiografia, fosse di indirizzo
sovietico, progressista o di stampo illuminista, se non per venire accusata di
esser l’origine di ogni oscurantismo e arretratezza. Ora, nel paese cattolico
per antonomasia, dove ha sede il papa, uscito distrutto dalla guerra, senza
materie prime, con un evanescente apparato amministrativo ereditato dal
fascismo, un cattolico trentino, Alcide De Gasperi, dà vita a un esperimento
politico che apre la strada a un gruppo di “professorini” (Fanfani, La Pira,
Moro), come li chiamarono, che sulla base della dottrina sociale coinvolge
anche i partiti laici e con l’apporto di tutto il paese, manodopera e
imprenditori, costruisce il più clamoroso caso di sviluppo del dopoguerra a
tassi di crescita superiori a quelli degli Stati Uniti, della Francia e
dell’Inghilterra. Chi ricava ricchezza dalla finanza non può non vedere tutto
ciò come un pericoloso concorrente.
Un
concorrente da destabilizzare…
Bisogna
chiedersi perché la contestazione giovanile e operaia in altri paesi è durata
due anni e in Italia dodici, perché è sfociata nel terrorismo, sino
all’uccisione di Moro, perché in certi anni il fenomeno della mafia è cresciuto
esponenzialmente, perché la Sicilia divenne il centro mondiale degli
stupefacenti, perché due partiti - certo gli scandali c’erano, ma non c’erano i
presupposti dell’autodissoluzione della Dc e del dissolvimento del Psi - sono
stati azzerati dall’azione delle procure e dal giustizialismo propalato a piene
mani dai media, bisogna chiedersi perché le privatizzazioni che dovevano
portare denaro fresco dei privati nelle casse dello Stato hanno portato nei
conti delle società acquisite i debiti precedenti dei nuovi padroni. E poi gli
attacchi speculativi, mi fanno ridere i giornali quando titolano “Le Borse
bruciano duecento miliardi”, le Borse non bruciano soldi, li trasferiscono, da
chi li ha guadagnati con il lavoro a chi li accumula con la finanza.
La
rivoluzione non è un pranzo di gala. Non lo è neanche il capitalismo, la
concorrenza il libero mercato…
C’è
un problema culturale di fondo: qual è stata l’origine di un sistema economico
misto che ha prodotto ricchezza benessere e libertà? La dottrina sociale della
Chiesa. La quale, aggiornata oggi nei principi di solidarietà e sussidiarietà
può produrre un’economia che ci porti fuori da questa crisi. Non ci si stupisca
degli attacchi alla Chiesa; certo, si presta il fianco con gli scandali come la
pedofilia e con le lotte interne, ma il mondo che si presume autonomo in forza
della sua scienza e del suo denaro si allarma di fronte a un potere
irriducibile a sé. La crisi che stiamo vivendo è un ulteriore sussulto della
crisi del sistema capitalistico che si trascina da un secolo. Gli ultimi papi
ne sono stati tutti coscienti: lo fu in modo estremamente lucido Paolo VI, lo fu
Giovanni Paolo II quando disse: “Dobbiamo ringraziare Dio per la caduta del
comunismo. La crisi mondiale non è finita e coinvolge ormai il sistema
capitalistico. A voi toccherà di vedere la fine del capitalismo di speculazione
e di degenerazione finanziaria”; lo è Benedetto XVI quando ammonisce che “la
crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la fragilità dell’attuale sistema
economico (…) e l’erroneità dell’idea secondo la quale il mercato sarebbe in
grado di autoregolarsi indipendentemente dall’intervento pubblico e dal
sostegno dei criteri morali.
La
Chiesa che ricorda alla politica e all’economia la centralità della persona
umana e dei suoi diritti, per chi ricerca solo il profitto sarebbe allora un ostacolo, una presenza da
indebolire?
C’è
stato un viaggio molto importante di Benedetto XVI, quello in Inghilterra. Il
riavvicinamento con gli anglicani, il ritorno di molti sacerdoti e qualche
vescovo alla comunione con Roma e il riconoscimento che l’establishment inglese
ha fatto del valore e del significato pubblico della religione ha allarmato
molti circoli finanziari, soprattutto al di là dell’Atlantico. Per scongiurare
l’unità dei cristiani certa gente è pronta a escogitare di tutto, altro che
corvi.
Tempi
- Intervista con Ettore Bernabei
di
Ubaldo Casotto
Grande intervista a un grande uomo, Pippo. Domani invio al grande Cavaliere Ettore l'articolo scientifico che gli abbiamo dedicato. Grazie ai cui trovati non esisteranno più grassi trans in commercio nei cibi. Bravo!
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