L’importante
discorso che il Papa ha tenuto a Beirut il 14 settembre scorso, nel presentare
l’esortazione apostolica sulla Chiesa in Medio Oriente, ha due prospettive
storiche. Da una parte il Santo Padre riprende la prima lettera di San Pietro
rivolta proprio alle chiese del Medio Oriente in difficoltà, sottolineando così
la vicinanza del successore di Pietro ai cristiani di quelle regioni. D’altra
parte, con un’originalità a cui il Santo Padre ci ha abituato, il Papa fa un
riferimento ripetuto all’imperatore Costantino e al simbolo della Croce. Il
discorso avveniva il giorno della festa dell’Esaltazione della Santa Croce che
ricorda il ritrovamento della Croce da parte di Sant’Elena, madre di
Costantino. Anni prima la Croce era apparsa sfavillante a Costantino nella
notte, mentre una voce gli diceva “In questo segno vincerai!”. Poco dopo
Costantino aveva promulgato l’editto di Milano con cui stabiliva la libertà
religiosa e la fine delle persecuzioni dei cristiani. In questo modo il Santo
Padre opera una sintesi efficacissima fra il tema della Croce, che accompagna
la vita dei cristiani perseguitati in Medio Oriente, e la speranza di vittoria.
Il suo discorso si conclude esortando: «Non temere, piccolo gregge» (Lc 12,32) e ricordati della promessa fatta a Costantino: «In
questo segno, tu vincerai!». Nello stesso tempo il Papa ha ricordato il dovere
dei governanti di comportarsi come Costantino, rispettando la libertà
religiosa. Parole significative e di conforto per i nostri fratelli nella fede
che abitano in quelle regioni.
Questo
discorso ha anche un valore universale e affonda le sue radici nel pensiero di
Papa Ratzinger. Quando si parla di vittoria si pensa ad un regno che vince,
come nel caso di Costantino. Nella storia ci sono stati altri momenti chiave
come questo, che hanno consentito la sopravvivenza della cristianità: la
riconquista spagnola da parte dei Re Cattolici, la battaglia di Lepanto
accompagnata dalla preghiera del Rosario, la battaglia di Vienna contro i
turchi… Ma il regno di cui parla Gesù nel Padre Nostro ha un significato più profondo e per
noi molto attuale. Nel suo primo libro su Gesù il Papa spiega bene che Gesù non
allude ad un’istituzione stabile ma ad una sovranità di Dio sul nostro cuore.
Oggi i cristiani del mondo occidentale si trovano
assediati non più dai turchi ma da un nemico “endogeno” che prende le mosse da
elementi impazziti della cultura cristiana. Il problema attuale non è
l’infiltrazione musulmana nell’Occidente, che pure preoccupa molti, ma il
tentativo di espellere la fede dalla nostra civiltà, dal nostro modo di
pensare. Il nemico è un virus che ha avuto due ambienti di coltivazione: il
pensiero illuminista e la riforma protestante. Il 700, il secolo dei “lumi”, ha
avuto diversi pensatori tra cui spicca Rousseau la cui idea di fondo è che
occorre eliminare la Chiesa Cattolica per garantire il futuro luminoso
dell’umanità: il buon selvaggio è l’uomo buono che, seguendo i suoi istinti
naturali, guarirà l’umanità dal suo male, rappresentato dall’oppressione della
morale cattolica e dall’istituzione ecclesiastica. Il peccato originale che
rende l’uomo peccatore non esiste, basta eliminare i cattivi e ogni problema
scomparirà. E’ da questa premessa che nasce la riduzione dell’uomo al suo
istinto (selvaggio) e da qui proviene lo spirito giacobino che vedrà nella
ghigliottina e nel Terrore la liberazione dal male.
Ancora precedente è il pensiero protestante, nella
versione del puritanesimo anglosassone ed olandese, che ha prodotto la
mentalità dello zio Paperone. Può apparire un riferimento divertente ma dietro
la popolare figura dello zio Paperone di Disney c’è simbolicamente il
personaggio di John Rockefeller, lo spietato monopolista del petrolio, l’uomo
più ricco di tutti i tempi, il simbolo del self-made man, la cui fotografia in
tarda età parla da sola. Lo spirito puritano ha visto nel successo e nel
denaro, accumulato in quantità inimmaginabili, il segno del favore di Dio,
mentre la povertà e l’emarginazione sono un segno della disapprovazione divina.
Ecco allora una civiltà che punta solo al successo e al denaro ed è incapace di
capire altre culture e d’intendere la dottrina sociale della Chiesa.
Sia nel caso della cultura illuminista che in quella
puritana secolarizzata non c’è spazio per un Dio a cui dire “Padre nostro”: al
massimo Dio è un collaboratore di un “io” che si autocostruisce. La
comunicazione è diventata il braccio forte di questa mentalità. Oggi gli
eserciti contano meno della comunicazione organizzata che proietta nel mondo
globalizzato l’idea di un mondo senza Dio. Dov’è Dio nelle fiction televisive,
nei giornali, nel web? Ognuno può rispondersi da solo. Grazie alla
comunicazione la cultura anticattolica domina incontrastata. La Chiesa è
disprezzata, derisa, attaccata clamorosamente appena c’è un pretesto, anche
minimo, anche sbagliato.
“In hoc signo vinces” ci ripete il Papa: col simbolo
della Croce vincerai. Come Gesù è stato crocifisso ma ha vinto, così i
cattolici sono perseguitati in modo nuovo e sofisticato ma risorgeranno. Questa
risurrezione passa attraverso una nuova conversione e consapevolezza,
soprattutto dei laici. La Chiesa ha bisogno di laici davvero cristiani per
capovolgere la visione di un mondo senza Dio e proporre la verità di un mondo
creato da un Dio Padre che ci ama. Ecco la rivoluzione a cui siamo chiamati.
Occorre abbandonare l’idea del laico cristiano come un poveraccio incolto, che non si ricorda l’Ave Maria, che
ha pure la laurea ma non conosce nulla del messaggio cristiano. Se vogliamo
risorgere occorre essere santi, ma santi davvero. Santo vuol dire uomo di Dio.
Ebbene sono necessari uomini di Dio. Cadono nel vuoto gli appelli ai cristiani
in politica quando questi, al primo piè sospinto, cadono vittima della
corruzione e degli istinti personali.
Essere persone con una viva spiritualità non vuol dire
essere professionalmente degli imbelli e dei beoti. E’ un errore separare la
scelta spirituale da quella dell’impegno sociale. Solo se si è spiritualmente
solidi, fondati in Dio, si avrà la tempra di essere socialmente efficaci. Come si
fa ad essere fedeli in mezzo alla quotidianità se non leggo il Vangelo, se non
leggo libri solidi (come quelli di Ratzinger, per intenderci) e gli scritti dei
Padri e dei Dottori della Chiesa? Come posso perseverare se non approfondisco
il Sacrificio di Gesù presente nella Santa Messa e non mi alimento del Suo
Corpo e del Suo Sangue? Se non dedico tempo alla preghiera, un buon tempo, come
posso resistere alle tentazioni? So tutto sulla fitness fisica e non so niente
della fitness spirituale? Faccio l’aerobica e non faccio entrare nel mio
spirito il soffio dello Spirito Santo? Faccio la dieta e muoio di fame
spirituale? Vado a fare i master e non ho un consigliere spirituale? Come posso
amare durevolmente mia moglie se non so nulla dell’Amore di Dio?
E’ questa la battaglia da vincere: la formazione dei
cristiani laici.
Grazie Pippo, per le Tue pregevoli cartoline,per il Tuo lavoro, che ci richiama al nostro essere Cristiani.Pregevole Papa Ratzinger per una rifondazione Cristiana.
RispondiEliminaGrazie per questa ennesima "perla".
RispondiEliminaE' vero, la battaglia è la formazione dei cristiani laici, che oggi hanno sempre più responsabilità e peso, ovunque essi operano.
Un caro saluto
Alberto