Non
ho dubbi: ringrazio il Signore per l’Anno della Fede che il Santo Padre ha
indetto. Tutta la vita di Joseph Ratzinger è come una freccia che ha come bersaglio finale l’Anno della Fede. Da
giovane esperto al Concilio Vaticano II Ratzinger si era impegnato per
avvicinare con la liturgia il popolo cristiano alla fede e meritò l’appellativo
di “progressista”. Quando tornò a casa dopo il Concilio si rese conto che le
categorie marxiste stavano entrando nelle aule di teologia: la religione veniva
ridotta a pratica politica. Alcuni studenti tedeschi di teologia manifestavano
gridando che la Croce di Gesù era masochismo. Allora, senza polemiche
clamorose, Ratzinger organizzò un corso trasversale di cristianesimo per gli
studenti di teologia di tutti gli anni accademici e a chi volesse ascoltare.
L’aula si affollò oltre misura e le lezioni vennero raccolte in un libro: Introduzione
al Cristianesimo che conobbe
innumerevoli edizioni e fu tradotto in tante lingue. Paolo VI scelse Ratzinger, il difensore della fede,
come Vescovo di Monaco di Baviera e Giovanni Paolo II lo chiamò a Roma alla
Congregazione per la Dottrina della Fede. Quegli anni furono caratterizzati
dalla collaborazione fra il Papa e il Cardinale sul tema della fede (fra
l’altro, il Prefetto Ratzinger curò l’edizione del nuovo Catechismo). L’attuale
pontificato è in totale continuità con quello di Giovanni Paolo. Tante sono le
pubblicazioni di Ratzinger e tutte hanno un tratto comune: chiarezza di
linguaggio, radicamento nella Sacra Scrittura e uno spirito d’amore che
trasforma la teologia in preghiera. Abbiamo sottomano le sue encicliche, così
importanti, e i suoi libri su Gesù. L’ultimo dono è il libro sull’infanzia di
Gesù che c’introduce al Natale e ai Natali che verranno.
Qualcuno potrebbe dire che, in un momento di crisi
economica e politica, parlare di fede e di Anno della Fede è un’occupazione
astratta. Non c’è occupazione più concreta di questa. La crisi che viviamo non
è dovuta ad una congiuntura passeggera ma a una crisi di civiltà, a una crisi
di cultura e, a ben guardare, ad una crisi di fede. Senza la visione cristiana,
cattolica, dell’uomo il profitto diventa un idolo e il potere una prepotenza.
E’ una verità lampante sotto gli occhi di tutti. E allora che fare? Cominciare
da me stesso. Se io comincio a vivere di fede saprò trasmetterla perché la fede
si comunica con fede. L’Anno della Fede è l’àncora di salvezza, è la scialuppa
di salvataggio per l’Occidente e tutto il mondo. Eppure pochi ne parlano. Dov’è
l’Anno della Fede sui giornali, in tv, sul web? Quasi non esiste. Ma non ci
facciamo ingannare dalle apparenze. Lo Spirito Santo non procede con le
statistiche, i sondaggi e i dati d’ascolto. La sua via passa per una stalla e
una mangiatoia. Invece è importante la mia fedeltà e anche questa è un dono da
chiedere allo Spirito Santo. Perciò la cosa da fare più saggia e operativa è
pregare e ancora pregare. Da semplice cristiano lo chiedo anche ai Vescovi, ai
pastori che ci guidano: invitateci alla preghiera, non parlate di economia e di
politica se non per difendere i poveri e i deboli. Per il resto parlate di Gesù
come fa il Papa.
Nel suo ultimo libro Benedetto XVI ricorda la frase di
Gesù a Pilato: “Il mio regno non è di quaggiù” (Gv 18,36). Il Papa osserva: “A
volte, nel corso della storia, i potenti di questo mondo lo attraggono a sé (il regno di Gesù); ma
proprio allora esso è in pericolo: essi vogliono collegare il loro potere col
potere di Gesù, e proprio così deformano il suo regno, lo minacciano.” Viene da
ricordare De Gasperi che non voleva chiamare il suo partito “Democrazia
cristiana” per evitare il pericolo di cui il Papa parla, ma cedette, data la
gravità della minaccia comunista. Ma, aggiunge il Papa: “Oppure esso è
sottoposto all’insistente persecuzione da parte dei dominatori che non
tollerano alcun altro regno e desiderano eliminare il re senza potere, il cui
potere misterioso, tuttavia, essi temono”. Ed è la situazione in cui ci
troviamo adesso: una persecuzione mediatica e politica è in corso contro la Chiesa.
E’ vero che non si deve legare una fazione politica o economica al nome della
Chiesa o di una sua istituzione, ma bisogna stare attenti a non buttare via il
bambino con l’acqua sporca. L’impegno dei cattolici in tutti i campi è
necessario: essi non devono innalzare lo stendardo della Chiesa ma nel loro
cuore deve essere presente il regno di Gesù. Solo allora usciremo dai freddi
venti di crisi e di desolazione che spirano nel nostro mondo.
Ancora una Perla si aggiunge, alle altre, dentro i nostri cuori con forza.
RispondiEliminaGrazie Pippo,
Auguri di Buon Anno
Salvo
Non mi spaventano gli attacchi al Cattolicesimo,ma
RispondiEliminala non volontà di rispondere. Anche troppi Cattolici stanno accettando il religiosamente e politicamente corretto ( che spesso è contrario a quella "verità che ci fa liberi". Tra i peccati forse il peggiore , perchè più difficile da identificare, è quello di omissione.
Giuseppe Di Costanzo