L’ultima
volta che ho visto San Josemaría Escrivá gli parlai di tanti giovani che
stavano abbracciando con convinzione l’ideale di una vita cristiana coerente.
Commentò in spagnolo: “Es cuestión de fé, no es cuestión de otras cuestiones”.
E’ questione di fede, non è questione di altre questioni. Questa frase mi è
stata di conforto e di stimolo continuo. Di conforto perché le vocazioni al
cristianesimo autentico non sono quante vorrei e questa per me è una spina, ma
la fede mi dice che la Provvidenza provvede e non devo preoccuparmi più del giusto.
Di stimolo perché è la fede che genera la fede fra di noi. Più vivo di fede più
contagerò gli altri con questo virus benedetto che proviene dallo Spirito
Santo, non certo dalle mie capacità. La Provvidenza provvederà anche a
convertire in bene questo festival dell’idiozia che riempie le pagine dei
giornali. Un’altra frase di quel giorno mi stimola: “La cosa peggiore che possa
succedere è che non si notasse che ci vogliamo bene”. Si deve notare che ci
vogliamo bene. Fede e volersi bene, cominciando dai vicini e dai vicini di fede
in particolare. Ho cari amici fra i parroci, fra i focolarini, i
neocatecumenali, di Comunione e Liberazione… e sento che
questa è una cosa giusta. Direbbe Francesco che non dobbiamo aver paura di
volerci bene fino alla tenerezza. Fede e affetto. Il demonio teme che ci
vogliamo bene. La preghiera ci sosterrà uniti per portare allegria in questa
triste Europa e in questo mondo che impazzisce lontano da Gesù.
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